La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
Scompaiono alberi, piante, microrganismi, insetti, uccelli, mangrovie, coralli. Il primo Rapporto globale della Fao sullo stato mondiale della biodiversità.
La biodiversità, che rappresenta la base della nostra agricoltura e di nostri sistemi alimentari, sta scomparendo. Ciò mette a rischio la nostra capacità di produrre il cibo necessario per nutrire l’umanità, di garantire a tutti i mezzi di sussistenza, di salvaguardare la salute e di tutelare l’ambiente. Con conseguenze potenzialmente irreversibili.
A spiegarlo è il primo rapporto globale sullo Stato della biodiversità pubblicato il 22 febbraio dalla Fao, nel quale si sottolinea che “con biodiversità per il cibo e l’agricoltura s’intendono tutte le piante e gli animali (selvatici e domestici) che forniscono cibo, mangimi, carburante e fibre. E anche la miriade di organismi che sostengono la produzione di alimenti attraverso i servizi eco-sistemici (chiamati ‘biodiversità associata’)”.
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“Ciò include – prosegue il documento dell’agenzia delle Nazioni Unite – tutte le piante, gli animali e i microrganismi (insetti, pipistrelli, uccelli, mangrovie, coralli, piante marine, lombrichi, funghi, batteri) che mantengono i terreni fertili, impollinano le piante, purificano l’acqua e l’aria, mantengono le risorse ittiche e forestali in buona salute, e aiutano a combattere i parassiti e le malattie delle coltivazioni e del bestiame”. Un patrimonio che “una volta perduto non potrà più essere recuperato”.
Future of our food system is under “severe threat” – @UN report says https://t.co/WzXJ3OdktO
— BBC News (World) (@BBCWorld) 22 febbraio 2019
Già oggi, gli esempi di cosa può produrre la diminuzione di biodiversità non mancano. “In Gambia, le enormi perdite di alimenti selvatici hanno costretto le comunità a ricorrere ad alternative, spesso alimenti prodotti industrialmente, per integrare le diete. In Egitto, l’innalzamento delle temperature sta portando a spostamenti verso nord di gamme di specie ittiche, con impatti sulla produzione. Nelle foreste amazzoniche del Perù, si prevede che i cambiamenti climatici porteranno ad una ‘savanizzazione’, con impatti negativi sull’offerta di alimenti selvatici”
In termini più generali, la Fao sottolinea in particolare la riduzione constatata nelle coltivazioni, l’aumento del numero di specie animali in via d’estinzione e il sovra-sfruttamento delle risorse ittiche. Poiché bastano pochi cambiamenti per produrre disastri: “Delle circa seimila specie di piante coltivate per il cibo, meno di 200 contribuiscono in modo sostanziale alla produzione alimentare globale. E solo nove rappresentano il 66% della produzione totale”.
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L’analisi è stata condotta in 91 nazioni e ha mostrato come il maggior numero di specie di cibo selvatico in declino sia presente nei paesi dell’America Latina e dei Caraibi. Seguiti da quelli dell’Asia-Pacifico e dell’Africa. Sono poi “gravemente minacciati” uccelli, pipistrelli e insetti. Così come “gli impollinatori selvatici come api e farfalle. Mentre “pascoli, mangrovie, praterie di alghe, barriere coralline e zone umide in generale sono anch’essi in rapido declino”.
Una situazione particolarmente allarmante, come sottolineato dal direttore generale della Fao, José Graziano da Silva: “La biodiversità è fondamentale per la salvaguardia della sicurezza alimentare globale. È alla base di diete sane e nutrienti e rafforza i mezzi di sussistenza rurali e la capacità di resilienza delle persone e delle comunità”.
“Meno biodiversità – ha aggiunto il dirigente – significa che piante e animali sono più vulnerabili. Elemento che, insieme alla nostra dipendenza da un numero sempre minore di specie per nutrirci, sta mettendo la nostra già fragile sicurezza sull’orlo del collasso”. Per questo occorre adottare sistemi “sostenibili”, in grado di “rispondere alle crescenti sfide dei cambiamenti climatici”.
Once we lose a species we have lost it forever! ?
Our bees and other pollinators are dying. Without them, we wouldn’t have 75% of the ?’s food!
We need to protect our pollinators to preserve our #biodiversity and secure our #FutureofFood. #ZeroHunger pic.twitter.com/C7Z71AzQhM
— FAO (@FAO) 22 febbraio 2019
A tal fine, il rapporto indica quali sono i fattori chiavi della perdita di biodiversità: “Cambiamenti nell’uso e nella gestione della terra e dell’acqua, seguiti da inquinamento, sovra-sfruttamento, crescita della popolazione e urbanizzazione”. Ma anche “alterazione e la perdita degli ecosistemi, caccia e bracconaggio in Africa, deforestazione e agricoltura intensiva in Europa e Asia centrale; parassiti, malattie e specie invasive in America Latina e ai Caraibi”.
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Per tentare di invertire la rotta, la Fao constata che “la maggior parte dei paesi ha adottato quadri normativi a livello legale, politico e istituzionale per l’uso sostenibile e la conservazione della biodiversità”. Tuttavia, “spesso sono risultati inadeguati o insufficienti”. È per questo che “i governi e la comunità internazionale devono fare di più per rafforzare la legislazione, creare incentivi e misure di condivisione dei benefici”.
Inoltre, occorre migliorare le conoscenze sul tema, divulgare informazioni. I poteri pubblici possono esercitare pressioni sulle aziende private. E i consumatori possono privilegiare nei loro acquisti “i prodotti coltivati in modo sostenibile o boicottare i cibi considerati insostenibili”.
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