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Come le acque reflue e i fanghi diventano biometano a chilometro zero
Finalmente c’è un carburante davvero sostenibile. È il biometano prodotto dagli scarti di depurazione delle acque reflue, vero esempio di economia circolare.
Quando si parla di economia circolare, è bene avere chiaro in mente di cosa si tratta: un nuovo modello di sviluppo e di business in grado di dare a ogni fine un nuovo inizio, senza sprecare risorse. Ogni prodotto o servizio viene pensato partendo dalla trasformazione di qualcosa che ha cessato di adempiere ai suoi compiti per “rinascere” a nuovo ciclo di vita. Come una reincarnazione. Un caso emblematico di questo modello è stato presentato dal Gruppo Cap realizzando il primo, vero biometano “a chilometro zero” per autoveicoli prodotto attraverso i fanghi e le acque reflue della città metropolitana di Milano.
Il bilancio di sostenibilità 2015 del Gruppo Cap
Cap è il gruppo industriale che gestisce il servizio idrico di oltre 200 comuni, servendo circa due milioni di abitanti della città metropolitana di Milano e di alcuni comuni della provincia di Monza e Brianza, Pavia, Varese e Como. Il biometano prodotto in modo rinnovabile è stato presentato giovedì 29 settembre insieme al nuovo bilancio di sostenibilità riassunto in dieci parole chiave. Alla presentazione, avvenuta presso gli uffici di LifeGate a Milano, hanno partecipato diversi esponenti che hanno dimostrato l’attenzione verso l’ambiente e il loro impegno nella lotta al riscaldamento globale nei loro ambiti. Oltre a Alessandro Russo, presidente del Gruppo Cap e al padrone di casa Stefano Corti, direttore generale di LifeGate, hanno partecipato anche Sergio Andreis, direttore del Kyoto Club, Sergio Silviotti, presidente della Fondazione Triulza, Roberto Koch, fotografo e editore dell’agenzia Contrasto.
Cos’è il biometano
A dar voce all’importanza di questa nuova forma di biometano è stata Valeria Albizzati, sustainable mobility manager del gruppo automobilistico Fca: “L’impegno verso la sostenibilità di Fiat Chrysler Automobiles (Fca) è imprescindibile, non a caso è stato incluso nell’ultimo aggiornamento del Dow Jones sustainability index. Viaggiare con un mezzo alimentato a metano porta a un risparmio economico fino al 60 per cento e a un taglio della CO2 fino al 20 per cento rispetto a un veicolo a benzina”.
In Italia ci sono già più di 1.100 distributori a metano e il numero è destinato a crescere soprattutto grazie alla ricerca verso la produzione di biocarburanti. Esattamente come il progetto nato da un’idea del Gruppo Cap che ha visto la partecipazione del Cnr e di Austep, la società che gestisce direttamente gli impianti tecnologici per la depurazione industriale e per la produzione di biometano da prodotti agricoli, scarti agroindustriali e rifiuti organici. Gli impianti di depurazione oggetto della collaborazione tecnologica sono cinque, di media grandezza – quello dove è avvenuta la dimostrazione è il Niguarda-Bresso – e, una volta che la legge italiana lo consentirà, saranno in grado di fornire un parco auto pari a circa 400 Panda a metano che percorrono una distanza di 20mila chilometri l’anno.
Manca l’ultimo miglio
Un buon inizio che dà vita all’idea di un carburante davvero alternativo, prodotto in loco e senza attività di estrazione che impattano sull’ambiente. Un’innovazione che ora è in attesa delle norme necessarie che le consentano di svilupparsi e di raggiungere il consumatore finale. Uno dei numerosi casi in cui il legislatore è in ritardo rispetto alla sperimentazione e alla ricerca.
Tutto pronto per il primo pieno di #biometano pic.twitter.com/yplGkMrxcm
— LifeGate (@lifegate) 29 settembre 2016
“L’impatto ambientale di una vettura alimentata a biometano prodotto dalle acque reflue delle città – aggiunge Albizzati – è persino inferiore rispetto a quello di una vettura elettrica la cui energia deve pur essere prodotta in qualche modo, spesso attraverso fonti non rinnovabili. Ecco perché questo biometano è l’esempio perfetto di economia circolare: non sfrutta le risorse, non usa materie prime e rimette in circolo ciò che viene ‘rifiutato’”.
Il Gruppo Cap e la lotta al riscaldamento globale
Lo scorso anno siamo entrati da protagonisti nella lotta al riscaldamento globale con il programma Cap 21, ancor prima che i leader si muovessero con politiche internazionali e su larga scala” come l’Accordo di Parigi, afferma Alessandro Russo. “L’economia circolare è uno strumento fondamentale per vincere questa sfida per questo per noi è un onore collaborare con una delle più grandi industrie del mondo”. Ma la sostenibilità non è solo biometano. “La città metropolitana sta cercando di contenere al minimo le perdite idriche che causano danni economici e ambientali – continua Russo –. Lo spirito di Cap 21 nasce dal ripensamento del funzionamento e degli obiettivi dell’azienda, dal consumo di carta degli uffici alla diffusione dell’acqua di rubinetto in tutti i luoghi pubblici da noi serviti. Oltre al bilancio di sostenibilità, quest’anno abbiamo voluto presentare anche il bilancio ambientale, non come un punto contenuto nel primo, ma come documento a sé”.
L’acqua è di tutti
L’importanza dell’acqua e di progetti come il biometano è stata sottolineata anche da Koch: “Il rapporto tra l’acqua e l’ambiente è fondamentale. E la fotografia può avere un ruolo importante nell’aumentare la percezione emotiva di coloro che possono fare qualcosa, che possono agire”. L’acqua è un elemento centrale nella vita quotidiana di ogni cittadino del mondo e un reportage fotografico può “intervenire in modo fattivo nel documentare i cambiamenti climatici” e aumentare la consapevolezza. Perché “se viene fissato attraverso un’emozione, il ricordo diventa più stabile”.
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