Chi fa un blocco stradale andrà in carcere, ma solo se è un attivista per il clima

Il ddl Sicurezza trasforma il blocco stradale in un vero reato ma solo se effettuato con il corpo: una norma su misura che esclude altre categorie.

  • Procede a spron battuto l’approvazione degli articoli del ddl Sicurezza, uno dei provvedimenti più discussi di questo governo.
  • Tra le norme già approvate, quella che trasforma il blocco stradale in un reato punibile con il carcere fino a 2 anni, ma solo se commesso col proprio corpo.
  • La fattispecie di reato sembra ritagliata su misura sulle forme di protesta pacifica messa in atto dagli attivisti climatici.

Alcuni l’hanno ribattezzata la norma anti Gandhi. Perché punisce come reato l’atto di protesta, non violento, di bloccare il traffico di una strada, o di una ferrovia, con il proprio corpo. Per altro quella contro il blocco stradale non è altro che una delle tante norme di carattere repressivo che sono contenute nel cosiddetto disegno di legge Sicurezza, che è in discussione attualmente alla Camera: il testo è ancora in attesa di essere approvato per intero a Montecitorio, e poi dovrà passare per il vaglio del Senato, ma intanto il primo ok all’articolo 14, che contiene la norma in questione, è già stata votata.

Cosa cambia per il blocco stradale 

Presto, dunque, chi blocca una strada o una ferrovia rischierà fino a un mese di carcere se agisce da solo, mentre la pena potrà aumentare da sei mesi a due anni se l’azione è compiuta da più persone, come accade di fatto sempre. Questa norma mira a contrastare le proteste che causano disagi significativi alla circolazione, spesso organizzate da gruppi di eco-attivisti: proprio il fatto che sia ben individuabile “l’obiettivo” di questo  articolo, la rende però una norma molto criticabile, non solo nel merito (protestare senza violenza non è più un diritto?) ma anche nella forma, dal momento che le leggi dovrebbero avere un carattere universale e non essere dirette a categorie specifiche di persone. Finora il cosiddetto blocco stradale, secondo un decreto legislativo del 1948, era considerato solamente come un illecito amministrativo: era punibile, insomma, con sanzioni o pignoramenti,  ma non era un reato previsto dal codice penale. L’articolo 14 del ddl Sicurezza invece trasforma una azione non violenza in un vero e proprio reato.

A sinistra, cosa prevede attualmente la legge sul blocco stradale; a sinistra, cosa prevede il ddl sicurezza.

Negli ultimi anni, il blocco stradale è stato uno dei mezzi di protesta preferiti soprattutto dagli attivisti per il clima, per esempio Ultima Generazione o Extinction Rebellion, che ne hanno fatto largo uso a Milano, a Roma e in tante altre città italiane. Proprio nel weekend appena trascorso, per esempio, è andato in scena il blocco stradale dell’autostrada A12 da parte di Extinction Rebellion, per chiedere “lo stop ai sussidi pubblici per le aziende del fossile”. Gli attivisti in questione non rischiano ancora il carcere, dal momento che la legge non è ancora in vigore, ma in un futuro molto prossimo lo faranno. “Il ddl Sicurezza galoppa verso la sua approvazione definitiva” hanno avvertito gli attivisti di Ultima Generazione – Una cosa è molto chiara: per questo governo “sicurezza” significa punire gli oppositori politici e chi vive in stato di marginalità sociale ed economica. Stanno distruggendo la libertà di protesta”.

Una norma praticamente “contra personam”

Chi invece potrà continuare a protestare serenamente saranno coloro che gli stessi blocchi stradali li metteranno in atto non semplicemente con il proprio corpo ma con altri mezzi, ad esempio i trattori come avvenuto nei mesi scorsi quando a protestare (con le politiche europee) furono gli agricoltori. Da qui il sospetto di molti: si vuole colpire il blocco stradale in senso generale, oppure si tratta di una norma ad personam, (o forse sarebbe meglio dire “contra personam”) per colpire solo una categoria di manifestanti?

Già prima della pausa estiva, in Commissione la Camera aveva approvato un emendamento proprio al ddl Sicurezza ribattezzato “No Ponte”, perché sembrava espressamente rivolto a fermare o punire gli attivisti che intendevano opporsi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, uno dei progetti chiave dell’attuale governo italiano (ma l’emendamento si presta bene anche ai No Tav piemontesi, ad esempio): l’emendamento in questione prevedeva un aumento della pena di un terzo rispetto a quanto previsto per chi macchia di violenze o minacce durante una manifestazione se “la violenza o minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica”.

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