Mancano 3.700 GW per centrare l’obiettivo di triplicare le rinnovabili, secondo Ember. Ma ora c’è chi teme un rallentamento della crescita solare dopo anni.
Stati Uniti, bocciato il piano di Trump per finanziare carbone e nucleare
L’autorità statunitense per l’energia ha rigettato il piano di Trump che prevedeva sussidi alle vecchie centrali a carbone e agli impianti nucleari.
Il ritorno al carbone in nome dell’economicità e dell’occupazione era stato uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Un piano che ora è costretto (per fortuna) ad accantonare. L’Autorità per l’energia (Federal energy regulatory commission, Ferc), con un voto all’unanimità, ha respinto al mittente il piano per incentivare le vecchie e costosissime centrali a carbone e centrali nucleari.
La decisione dell’Authority contro il carbone
L’ente federale di regolamentazione dell’energia è composta da cinque commissari bipartisan nominati dal presidente degli Stati Uniti e successivamente confermati dal Senato. Contro ogni aspettativa, la commissione ha deciso di respingere la proposta fatta dal ministro Usa dell’Energia, Rick Perry, che prevedeva un piano di sussidi alle centrali elettriche, come quelle a carbone o nucleari, che mantengono scorte di carburante sul sito per 90 giorni. Perry è da settembre che cerca di convincere la Ferc della necessità di approvare un piano che sovvenzioni tutti gli impianti che contribuiscono a rendere la rete elettrica più stabile e sicura (leggi impianti a fonti fossili) in caso di eventi estremi, come il freddo di questi giorni negli Stati Uniti.
L’Autorità statunitense, citando vari studi in merito alla resilienza della rete elettrica, sostiene che “i cambiamenti nel mix di generazione, che prevedono anche la chiusura di impianti a carbone e nucleari, non hanno ridotto l’affidabilità della rete o minacciato in modo significativo la resilienza della rete elettrica”. Nella posizione espressa dalla Ferc si elencano anche una serie di domande in merito al presunto legame tra la necessità di mantenere in funzione vecchi impianti per stabilizzare la rete elettrica. Domande a cui il Dipartimento Usa per l’energia (in mano a Trump) non ha fornito risposte. In fine la Commissione ha invitato i produttori di energia elettrica a far pervenite entro 60 giorni relazioni su eventuali preoccupazioni legate alla resilienza della rete elettrica.
L’aiuto di Trump all’industria del carbone
Il presidente Donald Trump nella sua campagna elettorale aveva promesso di aiutare l’industria del carbone e del nucleare che negli ultimi anni hanno subito una battuta di arresto a vantaggio del gas naturale per la generazione elettrica, presente sul mercato a prezzi molto competitivi.
È risaputo che alcune compagnie petrolifere, tra cui la Peabody Energy Corp e la Murray Energy Corp, hanno fatto pressioni sull’amministrazione Trump perché cancellasse il piano di Obama per contrastare i cambiamenti climatici e introducesse nuove leggi per fare in modo che i loro profitti non venissero penalizzati.
Negativa la reazione di Hal Quinn, presidente della National Mining Association, secondo cui la decisione della Ferc ha rappresentato una “deludente mancanza di azione”, specialmente in questo momento in cui tutto il paese è nella la morsa di un gelido inverno. “L’elettricità statunitense proveniva da moli impianti a carbone – ha ddetto Quinn -, che a questo punto non saranno più disponibili se si prosegue con lo stesso ritmo di chiusura delle centrali registrato negli ultimi anni e questo rappresenta una minaccia per la stabilità e sicurezza della rete elettrica”.
.@FERC‘s decision not to prop up coal and nuclear plants is a victory for consumers, the free market and clean air. https://t.co/KUqgDrXPZq
— Mike Bloomberg (@MikeBloomberg) 8 gennaio 2018
La soddisfazione di consumatori, imprenditori e ambientalisti
Grande soddisfazione da parte del mondo delle associazioni ambientaliste e non solo. “È una vittoria per i consumatori, per il libero mercato e per l’aria pulita”, ha detto in un tweet l’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, inviato dell’Onu per il cambiamento climatico.
Un’analisi del Climate Policy Initiative e di Energy Innovation, ha calcolato che il piano di Perry sarebbe costato ai contribuenti americani circa 10,6 miliardi di dollari l’anno. E il denaro sarebbe stato utilizzato per sostenere alcune delle più vecchie e inquinanti centrali elettriche del paese. La decisione della Ferc è stata quindi accolta con soddisfazione dalle associazioni dei consumatori.
Sul verdetto della Ferc ha forse pesato anche la posizione di Apple che ha detto che il piano di Trump a sostegno del carbone e del nucleare avrebbe penalizzato l’innovazione e la concorrenza e avrebbe interferito con i piani di sviluppo dell’energia pulita, come l’energia eolica e solare.
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