Un gruppo di donne boliviane utilizza piante acquatiche per ripulire il lago Uru Uru, sommerso da tonnellate di plastica e contaminato da metalli pesanti.
Il lago Uru Uru, collegato al vicino e più celebre Titicaca attraverso il fiume Desaguadero, in Bolivia per anni ha rappresentato una fonte idrica preziosa per la popolazione locale. Da anni però si ritrova ricoperto da centinaia di tonnellate di plastica e rifiuti urbani, dopo essere già stato fortemente contaminato dallo sfruttamento minerario. Una situazione che ha reso inutilizzabile l’acqua dello stesso lago e che ha colpito direttamente l’ecosistema ricco di biodiversità.
Rifiuti urbani e minerari hanno devastato il lago Uru Uru
Il bacino è situato nel dipartimento di Oruro, non lontano da grandi città come La Paz, Sucre e l’omonima Oruro. Di qui la quantità di rifiuti solidi che sono affluiti nel corso del tempo nel lago. Ma a pesare è stata “l’estrazione di minerali priva di limiti, l’evacuazione di acque usate, l’apertura di nuove strade, lo sfruttamento eccessivo dei pascoli e alcuni progetti legati alla geotermia”, ha spiegato al giornale Notre Planete Lambert Sanchez, attivista del Cepa, Centro di ecologia dei popoli andini.
Le miniere circostanti, in particolare, per anni hanno rilasciato acque tossiche che si sono riversate nel lago Uru Uru, contaminato oggi da arsenico, piombo, zinco, cadmio e mercurio. Si tratta di fatti provati da alcuni studi dell’università di Oruro, che hanno analizzato la superficie del lago, drasticamente ridotta dai cambiamenti climatici (si è passati da 214 chilometri quadrati a circa 30).
Per questo, da anni vengono organizzate attività di ripulitura e bonifica, nella maggior parte dei casi grazie all’impegno di volontari e abitanti del posto. La stessa associazione Cepa ha consentito di raccogliere centinaia di tonnellate di plastica e rifiuti negli anni. Ultima in ordine di tempo è un’iniziativa avviata da un gruppo di donne andine, che hanno utilizzato un metodo antico unito al riutilizzo dei rifiuti di plastica.
Il metodo di bonifica al contempo antico e innovativo utilizzato dalle donne andine
Con questi ultimi, assieme a bastoni di legno, sono state infatti fabbricate zattere che ospitano migliaia di canne chiamate totora: si tratta di un giunco che può crescere fino a sei metri di lunghezza. La pianta acquatica, che tipicamente cresce nelle paludi e nei bacini lacustri, è infatti molto efficace nell’assorbire metalli pesanti e agenti tossici.
Le totora sono state in parte recuperate in un’area non distante, nella quale crescono in abbondanza. Oggi sono circa tremila le piante installate nel lago Uru Uru, e l’obiettivo è di arrivare a quattromila entro la fine dell’anno. In questo modo si conta di riuscire a ripulire il bacino, consentendo il ritorno degli uccelli e permettendo alle comunità locali di tornare a coltivare ortaggi sul posto.
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