Covid-19

Boom o calo di nascite dopo il coronavirus? Rispondono gli esperti

Il lungo isolamento dovuto alla Covid-19 ha costretto molte coppie e famiglie a una convivenza forzata. Abbiamo chiesto ad Axel-Jürg Potempa, esperto tedesco di benessere sessuale, e a Letizia Mencarini, demografa dell’università Bocconi, quale impatto avrà sulle nascite.

Tra gli effetti del coronavirus ce n’è uno che passa inosservato agli occhi dei più, ma che disturba il sonno di demografi e sessuologi: quale sarà l’impatto della pandemia di Covid-19 sulle nascite? Il quesito, cui è difficile dare una risposta ora che il numero di incognite riguardo alla situazione post-emergenza è ancora alto, ha scatenato un acceso dibattito tra gli esperti. Soprattutto perché ad essere incerto è il futuro, che inevitabilmente dovrà sbrogliare i nodi economici, cui si aggiungono quelli sociali. È anche vero però che questi mesi di confinamento hanno costretto famiglie e coppie a isolarsi, a richiudersi in loro stesse, a rallentare quei ritmi spesso troppo frenetici della vita pre-virus e quindi, necessariamente, a passare più tempo insieme. Quindi la domanda è: questa lunga convivenza forzata comporterà un incremento delle nascite nei Paesi bloccati dal coronavirus? Lo abbiamo chiesto a due esperti.

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Il baby boom ipotizzato da Axel-Jürg Potempa

L’esperto tedesco di benessere sessuale Axel-Jürg Potempa è convinto che intorno a Natale – soprattutto nei Paesi occidentali – assisteremo a un vero e proprio baby boom. “La crisi in atto dovuta al coronavirus – spiega Potempa – colpisce diversi ambiti della vita di ciascuno di noi: le relazioni, la sessualità, l’equilibrio ormonale. La notizia di un virus molto pericoloso, in un primo momento, genera paura, che a sua volta porta un afflusso di adrenalina e una conseguente scarica di dopamina, che aumenta desiderio e libido. In questo senso funziona un po’ come la cocaina”.

L’aumento del desiderio sessuale sembra essere confermato anche da alcuni dati curiosi, che riguardano l’uso di profilattici e di sex toys: a marzo Ritex, il più grande produttore tedesco di preservativi, ha visto quasi raddoppiare le sue vendite rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre Dildo king, massimo fornitore berlinese di vibratori, ha fatto registrare un aumento della distribuzione pari all’87 per cento nel mese di marzo. Eis.de, primo venditore online tedesco nel settore, vola con pacchi “jumbo” da cento preservativi e anche in Gran Bretagna Ann Summers, catena di lingerie sexy e accessori, ha registrato un forte incremento delle vendite.

Insomma, il sesso sembra essere il miglior viatico in questi mesi di isolamento, complice anche una più fervida immaginazione. E, se da un lato tutto questo tempo in più da passare assieme ha inevitabilmente portato alcune coppie a fare i conti con eventuali nodi venuti al pettine, per altre si è rivelata una grande opportunità per risolvere problemi e incomprensioni. “Nascono una nuova onestà e una nuova armonia e il chiarimento porta anche a una riconciliazione sessuale – continua Potempa –. La crisi crea quindi nuovi legami, aggiuntivi. In più, se si verifica la scarica di dopamina, spesso si dimenticano i contraccettivi. In generale si vive la sessualità in modo più spensierato e si guarda al futuro con più ottimismo, che può portare con sé una nuova consapevolezza: quella di voler mettere al mondo dei figli. Così arrivano le gravidanze e intorno a Natale tanti piccoli Christchildren. Sarebbe davvero un risvolto meraviglioso di questa pandemia”.


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La posizione opposta di Letizia Mencarini

Di tutt’altra opinione è Letizia Mencarini, docente di International demography e Population dynamics and economics all’università Bocconi di Milano, che spiega come l’Italia, da un punto di vista delle nascite, parta già da una situazione drammatica: “Sono decenni che, ogni anno, si fanno pochi figli e più tardi. L’Italia in questo ha un record assoluto: il primo figlio si fa in media sopra i trent’anni, a causa delle condizioni delle giovani generazioni, che fanno fatica a trovare una stabilità psicologica e socioeconomica, necessarie per compiere una scelta di lungo termine come quella di avere un figlio, e quindi rimandano l’ipotesi di mettere su famiglia. Il tasso di fecondità totale, cioè il numero medio di figli per donna, che l’Istat ha registrato nel 2019 è di 1,29. È il dato più basso del secolo”. Pochi figli e tardi, dunque. Il Belpaese già si presenta zoppicante e l’impressione è che la pandemia di coronavirus non possa far altro che peggiorare la situazione, soprattutto a causa delle difficoltà economiche e del clima di incertezza sul futuro.


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31 anni è l’età media delle donne al primo figlio. #istat #statistica #statisticadelvenerdì #venerdì

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“Se guardo la reazione dei giovani alla crisi del 2008 – continua Mencarini –, che è stata quella di aspettare e rinviare, da demografa, data l’incertezza futura, vedo improbabile una risposta diversa. Inoltre, la vita è ritornata dentro la famiglia e in questo momento non si può fare affidamento su baby sitter e nonni. Chi ha già figli, difficilmente ne vorrà altri. Può anche darsi che sia aumentata l’attività sessuale, che ovviamente è una conditio sine qua non, ma questa non è necessariamente legata a quanti figli si fanno. Gli italiani sanno come proteggersi”.

In effetti, con un tasso di fecondità totale dell’1,29, quanti potranno mai essere i figli che nascono in Italia senza essere programmati? “Le persone, soprattutto quelle che hanno delle condizioni economiche non stabili nel tempo, non si mettono nelle condizioni di rischiare. In Italia, i figli sono super programmati”. Specialmente ora che le famiglie da “centrifughe” – cioè organizzate con attività all’esterno – sono diventate “centripete”, cioè stanno tra di loro. Senza l’aiuto di scuole, servizi, baby sitter, nonni, il peso di quei figli ricade tutto sulla famiglia stessa.

boom di nascite coronavirus
Gli italiani tendono a programmare la nascita dei figli quindi, secondo la professoressa Mencarini, l’aumento del desiderio durante l’isolamento non si tradurrà nella nascita di più bambini © Marisa Howenstine/Unsplash

“Per un rialzo della fecondità, serve che i giovani tornino a stare bene”

E all’aumento delle vendite di sex toys e profilattici, secondo Mencarini, non corrisponde un aumento della fecondità: “Se anche ci fosse un piccolo rialzo – cosa che io non vedo legata all’incremento nell’uso dei contraccettivi, che anzi servono a non fare figli – ebbene questo non fa la fecondità del nostro Paese. Per parlare di un rialzo della fecondità ci vuole un atteggiamento in cui i giovani tornino a stare bene. Se noi rimaniamo a 1,29 figli per donna, continueremo ad avere delle generazioni che man mano si stringono in una sorta di trappola progressiva.

Nella metà degli anni Sessanta – allora sì che c’è stato un vero e proprio baby boom – sono nati più di un milione di bambini; quest’anno poco più di 400mila: neanche la metà. Oltretutto, in Italia, in questo periodo sono stati chiusi tutti i centri di fecondazione assistita, quindi mancheranno anche diverse migliaia di bambini, che magari saranno recuperati tra qualche mese, però sul famoso boom a nove mesi questo impatta sicuramente. Da un lato sono curiosissima di vedere cosa succederà, dall’altro vorrei andare in pensione subito per non dover parlare di coronavirus per i prossimi vent’anni”.

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