Il Botswana vende all’asta le licenze per uccidere quasi trecento elefanti nel 2020

Il governo del Botswana ha venduto all’asta le vite di trecento elefanti in cambio di cospicue somme di denaro da parte di facoltosi cacciatori di trofei.

Li hanno venduti così, al miglior offerente. Come se fossero un lampadario d’epoca o un mobile d’antiquariato. Qui però si parla di esseri viventi, non di oggetti. Il governo del Botswana ha appena venduto all’asta le licenze per uccidere quasi trecento dei suoi elefanti a subdoli cacciatori di trofei la cui unica abilità è aprire il portafoglio.

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coppia di elefanti vicino a pozzanghera e arbusti sullo sfondo forse in botswana
Il governo del Botswana ha venduto all’asta le vite di trecento elefanti in cambio di cospicue somme di denaro da parte di facoltosi cacciatori di trofei © Wolfgang Hasselmann / Unsplash

Chi invade le terre di chi?

Ad aprile ricomincia la stagione venatoria in Botswana. Come troppo spesso accade, il governo ha ceduto alle pressioni delle lobby che da mesi chiedevano una sospensione al divieto di caccia agli elefanti voluto dalla precedente amministrazione nel 2014 e ha deciso di condannare a morte 272 pachidermi, vendendo le licenze per ucciderli.

Il paese ospita un terzo degli elefanti del continente africano, per un totale di ben 130mila esemplari. Una ricchezza senza eguali che però è vista come una vera maledizione per molti dei suoi abitanti. I contadini si sono più volte lamentati che gli imponenti pachidermi distruggono le loro coltivazioni, privandoli del cibo necessario per sopravvivere. Molti sono infatti d’accordo con la decisione del governo di ridurne il numero.

Per quanto la popolazione di elefanti sia indubbiamente aumentata negli ultimi anni, grazie soprattutto alle politiche di conservazione promosse dal vecchio governo, c’è da dire che anche i campi coltivati si sono espansi, raggiungendo le aree abitate dai pachidermi. Questo ha inevitabilmente portato a maggiori scontri tra gli abitanti animali e quelli umani.

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elefante che beve davanti a una pozzanghera in un prato in botswana
I contadini del Botswana si sono più volte lamentati che gli imponenti pachidermi distruggono le loro coltivazioni, privandoli del cibo necessario per sopravvivere © Thorsten Messing / Unsplash

Un’asta per condannare a morte gli elefanti

Il presidente botswano Mokgweetsi Masisi ha quindi indetto una vera e propria asta, a cui facoltosi individui hanno potuto partecipare versando una modica cauzione di 18mila dollari (più di 16.500 euro).

La casa d’aste Auction It Ltd che si è occupata della trattativa per conto del governo di Gaborone, ha venduto sette pacchetti corrispondenti a sette aree diverse del paese che permetteranno ai cacciatori di trofei di uccidere dieci elefanti l’uno.

In totale sono stati raccolti quasi due milioni di euro, circa 36mila euro ad elefante.

“La caccia agli elefanti potrebbe non essere il metodo standard di utilizzo delle risorse naturali, o il miglior metodo per alleviare il problema della convivenza umana-animale – ha affermato Neil Fitt, già direttore esecutivo del Kalahari Conservation Club (KCC), una ong ambientale –, ma non vedo dove sia il problema se la caccia è fatta in modo etico e pulito”. Ciò che il signor Fitt non ha saputo spiegare però, è come la caccia possa essere condotta in “modo etico o pulito”.

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elefante beve da una pozzanghera forse in Botswana
Il Botswana ospita un terzo degli elefanti del continente africano, per un totale di ben 130mila esemplari © Wolfgang Hasselmann / Unsplash

La caccia al trofeo uccide le possibilità di una specie di sopravvivere

Uccidere non è mai la soluzione. Uccidere degli animali già minacciati di estinzione a causa del bracconaggio lo è ancora meno poi. Le loro lunghe zanne d’avorio attirano le mira di cacciatori senza scrupoli che le rivendono illegalmente, finanziando un mercato nero che ogni anno priva le comunità di enormi risorse. La African wildlife foundation, un’organizzazione internazionale per la conservazione, ha stimato che ogni anno in Africa vengono uccisi circa 35mila elefanti. Non a caso, la Cites, la Convenzione internazionale sul commercio di specie animali e vegetali che ha stilato una lista di specie minacciate, ha inserito gli elefanti africani nella prima appendice, dedicata agli animali più a rischio estinzione. 

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Ma se uccidere non è la soluzione, la scelta del governo botswano di vendere ai cacciatori di trofei i “propri” elefanti è persino più sbagliata. Nella caccia al trofeo, il bersaglio sono gli animali più grandi. I cacciatori mirano agli esemplari più imponenti, più forti, più cresciuti. Mirano a quegli esemplari che in natura avrebbero maggiori possibilità di sopravvivere e di portare avanti la propria specie. Così facendo conducono una selezione innaturale che mette a rischio l’intero ecosistema. 

“Si tratta di una vera e propria selezione artificiale. Perdendo gli animali più forti, vengono persi anche i migliori geni della specie e questo vuol dire che le generazioni future saranno meno in grado di adattarsi al clima che cambia sempre più velocemente, saranno più esposte alle malattie e nel complesso il rischio di estinzione sarà maggiore”, ha spiegato al giornale inglese Indipendent Eduardo Goncalves, fondatore della campagna Ban Trophy Hunting che da anni si batte per mettere fine a questa assurda pratica.

coppia di elefanti che si azzuffano in un prato forse in Botswana
La caccia al trofeo uccide le possibilità di una specie di sopravvivere © Sebastian Canaves / Unsplash

Solo il governo beneficia di questa decisione

Per di più, come ha spiegato Rosemary Alles, co-fondatrice e presidentessa della Global March for Elephants and Rhinos, un’organizzazione che si occupa della tutela di elefanti e rinoceronti, il governo non ha modo di controllare realmente la situazione: come può essere sicuro del numero di elefanti uccisi? Non c’è modo di verificare cosa facciano i cacciatori una volta entrati nella “loro” area. Quegli elefanti oltretutto, non è detto siano gli stessi che distruggono i campi, dato che nessuno di loro viene adeguatamente monitorato.


E se la popolazione animale ne uscirà devastata, lo farà in egual misura anche quella umana che non trarrà alcun vantaggio da questa decisione. Privando il paese delle “sue” stesse risorse, anche l’industria turistica che beneficia direttamente della presenza dei pachidermi, ne soffrirà. Il governo Masisi ha dichiarato che il denaro raccolto andrà a sostegno delle comunità, ma non è chiaro né quando, né come. Per il momento è lui l’unico ad aver guadagnato qualcosa da questa situazione.

Gli elefanti sono animali intelligenti, curiosi, che vivono secondo profondi valori sociali. Sono animali che arricchiscono l’intero Pianeta e tra le bellezze più stupefacenti della natura. Finanziare la loro protezione, invece che continuare a vederli come un problema, non porterebbe che benefici.

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