La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Oltre 500 avvoltoi, la maggior parte dei quali appartenenti a specie minacciate, sono morti avvelenati per aver mangiato carcasse di elefanti bracconati.
In Botswana, in un’area vicino al confine con lo Zimbabwe, 539 rapaci sono morti avvelenati tra atroci sofferenze, come se non bastasse la maggior parte di questi uccelli apparteneva a specie a rischio di estinzione. Lo ha comunicato il Dipartimento per la fauna selvatica e i parchi nazionali del Botswana, definendo il terribile episodio uno dei più grandi eventi di avvelenamento della storia e un colpo senza precedenti per le minacciate popolazioni di avvoltoio.
Nella lista dei rapaci morti figurano dieci grifoni del Capo (Gyps coprotheres), specie classificata “in pericolo” dalla Lista Rossa della Iucn, quattordici avvoltoi orecchiuti (Torgos tracheliotus), altra specie in pericolo, diciassette avvoltoi testa bianca (Trigonoceps occipitalis), specie classificata “in pericolo critico”, ventotto capovaccai pileati (Necrosyrtes monachus), anch’essi in pericolo critico, due aquile rapaci (Aquila rapax) e 468 grifoni dorsobianco africani (Gyps africanus), in pericolo critico.
Le vittime potrebbero però essere ancora di più, è infatti in corso la stagione riproduttiva e sono quindi condannati a morte anche i pulcini o le uova degli animali avvelenati. Gli avvoltoi, inoltre, sono poco fecondi e raggiungono tardi la maturità sessuale, questo acuisce ulteriormente la drammaticità della vicenda. “Non siamo in grado di comprendere la reale entità della scomparsa di quasi 600 avvoltoi in una settimana”, ha commentato Kerri Wolter, Ceo e fondatrice della ong per la conservazione VulPro.
Secondo quanto dichiarato dalle autorità del Botswana, i rapaci sarebbero morti per aver mangiato tre carcasse avvelenate di elefanti bracconati. Si tratterebbe dunque di una strage volontaria, gli avvoltoi infatti, con il loro peculiare volteggiare, segnalano velocemente la presenza di animali feriti o morti, allertando i ranger e rendendo dunque facilmente localizzabili i bracconieri. Per questo i cacciatori di frodo sono soliti avvelenare deliberatamente le carcasse, per eliminare fisicamente il problema.
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Questo tragico episodio evidenzia le ampie ricadute ecologiche del commercio illegale di avorio, che non minaccia dunque “solo” la sopravvivenza degli elefanti. In Botswana, nazione che ospita circa un terzo della popolazione totale di elefanti africani (Loxodonta africana), ritenuta a lungo un rifugio sicuro per i pachidermi, il bracconaggio sembra essere in aumento. Tra il 2017 e il 2018, secondo un recente studio, sarebbero stati ammazzati oltre 385 elefanti, meno che in altri paesi africani, ma si tratta di un aumento allarmante per il Botswana. Questo incremento sarebbe la conseguenza del dissennato provvedimento adottato dal Botswana lo scorso maggio, quando il presidente Mokgweetsi Masisi ha deciso di annullare il bando introdotto nel 2014 dal suo predecessore, che vietava l’uccisione degli elefanti al di fuori delle riserve autorizzate.
Gli avvoltoi, da sempre, riscuotono una scarsa simpatia presso il grande pubblico, vuoi per la loro dieta a base di carcasse, vuoi per il loro poco aggraziato aspetto (legato d’altronde alla loro alimentazione). Questi animali svolgono però un indispensabile ruolo ecosistemico, sono infatti gli spazzini della natura e riducono la possibilità di diffusione di certe malattie infettive. Per questo la loro scomparsa può avere gravi impatti sanitari. In India ad esempio, dove gli avvoltoi sono quasi scomparsi, le popolazioni di ratti e cani randagi sono cresciute a dismisura, sollevando timori di gravi epidemie. Purtroppo la maggior parte delle specie di avvoltoio è in pericolo e rischia di scomparire sotto la pressione di numerose minacce, la principale causa di mortalità è rappresentata proprio dall’avvelenamento, seguito dalle collisioni con i cavi delle linee elettriche.
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