Indietro tutta: Bp torna a puntare su petrolio e gas e riduce sulle rinnovabili

Bp aumenterà gli investimenti nei combustibili fossili di circa il 20 per cento, tagliando del 70 per cento quelli nelle rinnovabili.

  • La compagnia britannica Bp ha annunciato un taglio del 70 per cento degli investimenti nelle energie rinnovabili.
  • Bp e i suoi investitori scelgono gas e petrolio per ottenere profitti nel breve termine, approfittando di un panorama politico mutato.

Bp compie un clamoroso passo indietro, smentendo gli impegni presi per una transizione ecologica giusta e sostenibile. La multinazionale britannica ha annunciato un aumento degli investimenti in petrolio e gas, accompagnato da un drastico taglio dei fondi destinati alle energie rinnovabili. Una scelta dettata dalle pressioni degli investitori, in particolare del fondo attivista Elliott Management.

Bp taglia le rinnovabili del 70 per cento

Scendendo più nei dettagli, Bp ha dichiarato che incrementerà la spesa per l’estrazione di petrolio e gas del 20 per cento, portandola a circa 10 miliardi di dollari all’anno (9,5 miliardi di euro). Al contempo, gli investimenti nelle energie rinnovabili subiranno un taglio del 70 per cento. Il ceo Murray Auchincloss ha confermato l’intenzione di sviluppare dieci nuovi progetti nel settore petrolifero e del gas entro il 2027, seguiti da altri otto-dieci entro la fine del decennio.

L’annuncio segna un passo indietro rispetto al 2020, quando la società aveva promesso di ridurre la produzione di petrolio e gas del 40 per cento entro il 2030. Già nel 2023 l’azienda aveva ridimensionato questo obiettivo al 25 per cento, giustificando la scelta con la crisi energetica in Europa e l’invasione russa dell’Ucraina. Parallelamente, Bp aveva dichiarato l’intenzione di aumentare di venti volte la propria capacità di produzione da fonti rinnovabili, portandola a 50 gigawatt entro il 2030. Ora, invece, abbandona questa ambizione nell’ambito di quella che Auchincloss ha definito una “ridefinizione strategica fondamentale”.

Bp si allinea a Shell ed ExxonMobil

Negli ultimi due anni, Bp ha registrato una performance di mercato inferiore rispetto a concorrenti come Shell ed ExxonMobil, entrambe focalizzate su un maggiore output di petrolio e gas. I profitti dell’azienda sono scesi dai 14 miliardi di dollari (13,3 miliardi di euro) del 2023 a 8,9 miliardi di dollari (8,5 miliardi di euro) nel 2024.

L’investimento nelle attività legate alla transizione energetica sarà notevolmente ridotto nei prossimi anni, attestandosi tra 1,5 e 2 miliardi di dollari all’anno (1,4-1,9 miliardi di euro), oltre 5 miliardi di dollari in meno rispetto alle previsioni precedenti.

Per sostenere la crescita del flusso di cassa e migliorare i rendimenti per gli azionisti, Bp punta inoltre a raccogliere almeno 20 miliardi di dollari (19 miliardi di euro) attraverso la vendita di asset entro il 2027. Tra le attività che potrebbero essere cedute figurano Castrol, la divisione dedicata ai lubrificanti, e Lightsource Bp, operatore nel settore dell’energia solare.

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Nel 2020 l’amministratore delegato della British Petrolium Bernard Looney ha dichiarato “questo il momento per abbracciare la transizione energetica” © Oli Scarff/Getty

Un contesto politico che condanna l’umanità

La retromarcia di Bp sulle rinnovabili si inserisce in un mutato contesto politico globale, caratterizzato da un indebolimento degli impegni sulla sostenibilità. Negli Stati Uniti il ritorno sulla scena politica di Donald Trump, noto per le sue posizioni scettiche sui cambiamenti climatici, ha rafforzato le aspettative di un rilancio della produzione fossile, riducendo la pressione sulle aziende perché rispettino gli obiettivi ambientali.

La decisione di Bp riflette anche l’influenza crescente del fondo attivista Elliott Management, che ha acquisito una quota vicina al 5 per cento della compagnia. Sebbene le intenzioni precise del fondo non siano ancora chiare, alcuni analisti ritengono che possa premere per una  possibile scissione dell’azienda o per una una gestione finanziaria più rigorosa.

Questa svolta strategica rappresenta un segnale forte per il settore energetico globale: il ritorno a investimenti più consistenti nei combustibili fossili potrebbe rallentare la transizione energetica, con implicazioni significative per il rispetto degli impegni internazionali. Ma soprattutto condannando l’umanità a una inevitabile crisi climatica, economica e sociale.

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