Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
Brasile, inviati gli aerei dell’esercito per combattere gli incendi in Amazzonia
Il ministero della Difesa brasiliano, tra venerdì e domenica, ha mobilitato uomini e mezzi per spegnere gli incendi nel nord dell’Amazzonia.
Centinaia di nuovi incendi continuano a scoppiare, o meglio a venire appiccati, in Amazzonia, non solo in Brasile ma anche in Bolivia e Paraguay, minacciando un ecosistema unico e causando il rilascio di tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Sette stati della macro-regione amazzonica hanno chiesto aiuto al governo brasiliano per contrastare le fiamme. Per questo, tra venerdì e domenica, il presidente del Brasile Jair Bolsonaro ha inviato l’esercito con l’obiettivo di spegnere gli incendi.
Militari contro le fiamme
Alcuni aerei da guerra Lockheed C-130 Hercules sono stati utilizzati per scaricare acqua e spegnere le fiamme nella parte nord-occidentale dello stato di Rondônia, mentre i militari, circa 44mila secondo quanto dichiarato dal ministero della Difesa, dovrebbero collaborare con i vigili del fuoco. Bolsonaro, in seguito alle numerose critiche sia dell’opinione pubblica che dei leader mondiali riuniti per il G7 in corso a Biarritz, Francia, ha annunciato che l’esercito sarebbe entrato in azione venerdì.
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La scarsa credibilità di Bolsonaro
Non è però ancora chiara la strategia che sarà utilizzata e quale sarà l’effettivo ruolo dell’esercito nella gestione dell’emergenza, al momento il governo non ha infatti fornito dettagli operativi, affermando che i militari stanno pianificando le operazioni a sostegno delle iniziative antincendio già in corso. Bolsonaro, dopo averle più volte esplicitamente incoraggiate, ha promesso un approccio di “tolleranza zero” alle attività criminali in Amazzonia.
Non ha tuttavia perso l’occasione per rilasciare le ormai consuete dichiarazioni sopra le righe. Prima ha accusato le organizzazioni non governative di aver appiccato le fiamme dopo che il governo ha tagliato loro i finanziamenti, dopodiché ha rigettato la possibilità che gli accordi commerciali con l’Ue siano a rischio a causa degli incendi che devastano l’Amazzonia. “Ci sono incendi boschivi in tutto il mondo, non possono essere usati come pretesto per possibili sanzioni internazionali”.
Amazon burning: Brazil reports record forest fires. Read more: https://t.co/rs5Q7fQdto pic.twitter.com/vmtLz5e1bK
— Reuters Top News (@Reuters) 21 agosto 2019
Un patto per l’Amazzonia
Il 25 agosto il presidente della Colombia, Ivan Duque, ha dichiarato che cercherà di siglare un patto con gli altri stati amazzonici per la conservazione della grande foresta pluviale. “La Colombia vuole stringere un patto di conservazione tra i paesi dell’Amazzonia – ha affermato Duque. – Dobbiamo capire che la protezione della nostra Madre Terra è un dovere, un dovere morale”.
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Il cielo è nero sopra il Brasile
Gli incendi, quasi totalmente di origine dolosa e appiccati nelle zone di margine della foresta, al confine con i campi coltivati e i pascoli, allo scopo di deforestare, emettono un fumo denso e nero che si alza in cielo esacerbando l’inquinamento atmosferico. Il problema principale è però rappresentato dalla grande quantità di CO2 che viene “liberata” nell’atmosfera quando bruciano gli alberi nei quali era immagazzinata. Gli incendi scoppiati nel 2019 in Amazzonia, secondo il servizio europeo Copernicus, hanno già prodotto 230 milioni di tonnellate di CO2.
This is the most significant and largest wildfire currently burning in South America It is in the border area between #Brazil, #Bolivia and #Paraguay and its north-south length is a mind boggling 105 km#Sentinel2 ??? image acquired today 25 August More images below ⬇️ pic.twitter.com/8ZM5qz6TPV
— Copernicus EMS (@CopernicusEMS) 25 agosto 2019
Amazzonia a rischio
La crescente deforestazione e gli incendi delle ultime settimane minacciano la sopravvivenza stessa della foresta amazzonica, che potrebbe cessare di esistere così come la conosciamo. “Se incendi e deforestazione arriveranno a riguardare il 25-40 per cento della foresta – ha scritto in un post su Facebook Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale dell’università Statale di Milano – l’ecosistema non sarà più in grado di regolare il proprio clima e potrebbe trasformarsi in una savana (come era già 55 milioni di anni fa), rilasciando enormi quantità di CO2 nell’atmosfera e mettendo a rischio milioni di specie animali e vegetali, la gran parte sconosciute, tra cui il 25 per cento delle piante medicinali che l’umanità utilizza per la fabbricazione di farmaci di ogni tipo”. Attualmente è andato distrutto il 15 per cento della foresta pluviale e il punto di non ritorno è prossimo.
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