Dal 17 al 23 giugno, Survival International mobilita l’opinione pubblica con una settimana dedicata ai diritti dei popoli incontattati.
Brasile, perché con Bolsonaro gli indigeni restano senza terra né diritti
Il neo presidente brasiliano ha trasferito le funzioni del Funai, deputato alla regolamentazione delle riserve indigene, al ministero dell’Agricoltura, che vede nella foresta amazzonica solo terreno da sfruttare.
Si prospettano tempi duri per i popoli indigeni del Brasile e per la foresta amazzonica, che da generazioni offre loro sostentamento e riparo. Jair Bolsonaro, diventato ufficialmente il 38esimo presidente del Brasile lo scorso 1 gennaio, ha inaugurato il proprio mandato con un vero e proprio attacco ai nativi, ha infatti tolto al Funai (il dipartimento brasiliano agli Affari indigeni) la responsabilità di demarcare le terre indigene per affidarla al ministero dell’Agricoltura.
La distruzione dell’Amazzonia
Il timore fondato è che il ministero dell’Agricoltura, fortemente asservito dal settore agroindustriale, limiti pesantemente le aree concesse ai nativi e acceleri ulteriormente la devastazione dell’ultimo grande polmone verde del pianeta, tutto in nome dell’aumento della produzione agricola. Dopo un recente lieve calo, la deforestazione è tornata a crescere nell’Amazzonia brasiliana e la sottrazione delle terre ai nativi, che attualmente costituiscono circa il 13 per cento del territorio brasiliano, non farà che peggiorare la situazione. “Ci sarà un aumento della deforestazione e della violenza contro le popolazioni indigene”, ha affermato Dinaman Tuxá, coordinatore esecutivo dell’Articulação dos povos Indígenas do Brasil (Apib).
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Attacco all’anima del Brasile
Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni, ha evidenziato in particolare il terribile impatto che il provvedimento avrà sulle tribù incontattate. “È un assalto ai diritti, alle vite e ai mezzi di sussistenza dei popoli indigeni del Brasile – si legge nel comunicato diffuso dall’organizzazione – se le loro terre non saranno protette, rischiano il genocidio. E intere tribù incontattate potrebbero essere spazzate via”. La scomparsa dei primi abitanti del Brasile costituisce un attacco all’anima stessa della nazione, che rischia di recidere per sempre le proprie radici.
Bolsonaro começou seu governo da pior forma possível. O presidente, que proclamava o atraso no discurso durante sua campanha, agora, já no seu primeiro dia, começa a instaurá-lo na prática em nosso país. https://t.co/I4bvLXEMUh
— Marina Silva (@MarinaSilva) 2 gennaio 2019
Dalla parte della natura
Le limitazioni dei territori riservati ai nativi implicheranno anche un impoverimento della biodiversità, i popoli indigeni sono infatti i migliori conservazionisti e custodi del mondo naturale. Numerosi studi hanno dimostrato che sanno prendersi cura degli ecosistemi che abitano e della fauna meglio di chiunque altro. “Non vogliamo essere spazzati via dalle azioni di questo governo. Le nostre terre giocano un ruolo fondamentale nel preservare la biodiversità – hanno detto i rappresentanti delle tribù Aruak, Baniwa e Apurinã. – Siamo pronti al dialogo, ma siamo anche pronti a difenderci”.
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Ritorno al passato
La decisione di privare il Funai della sua funzione più importante, ovvero l’identificazione e demarcazione dei territori delle popolazioni indigene, esemplifica il pensiero di Bolsonaro in materia di diritti sociali, che gli è valso l’apprezzamento dell’ex leader del Ku Klux Klan statunitense, David Duke. “Nemmeno un centimetro quadrato in più agli indios”, aveva infatti ripetuto spesso il neo presidente durante la campagna elettorale, prendendo come modello il ventennio di regime militare che, dal 1964 al 1985, ha visto il governo condurre una guerra spietata contro i nativi.
Cosa cambia per gli indigeni
I nativi non potranno dunque ampliare i propri territori, già ampiamente sottratti in passato, le loro terre saranno aperte allo sfruttamento minerario e commerciale e si teme un aumento delle ritorsioni ai loro danni da parte delle squadre di sicari finanziate dal potentissimo settore agroindustriale, che equivale circa al 23,5 per cento del pil nazionale. Verrà inoltre limitata la libertà di azione delle organizzazioni non governative che lavorano in Brasile, colpevoli, secondo Boslonaro, di “manipolare gli indigeni” che vanno invece integrati con il “vero Brasile”. Il nuovo ministro della salute, Luiz Henrique Mandetta, ha infine annunciato che sono previsti tagli alla spesa per l’assistenza sanitaria per gli indigeni.
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