Il ministro dell’Ambiente del Brasile, Ricardo Salles, si è dimesso dopo essere finito al centro di un’indagine per contrabbando internazionale di legname dell’Amazzonia. Sul fedelissimo del presidente Jair Bolsonaro, tra gli artefici dell’impennata del tasso di deforestazione negli ultimi anni, si sono accesi i riflettori della Corte Suprema brasiliana dopo che le autorità degli Stati Uniti hanno scoperto che carichi di legname privi di autorizzazione sono stati spediti dal Brasile un po’ in tutto il mondo. Al posto di Salles è stato nominato ministro Joaquim Alvaro Pereira Leite, uomo di punta della lobby agroalimentare brasiliana.
L’indagine per contrabbando di legname in Brasile
Lo scorso maggio le autorità federali brasiliane hanno perquisito le proprietà del ministro dell’Ambiente Ricardo Salles, assieme a quelle di altre personalità a lui vicine. La storia ha a che fare con un giro di abbattimento illegale di alberi della foresta amazzonica, poi esportati negli Stati Uniti, in Europa e probabilmente anche in altri paesi senza i permessi dell’agenzia ambientale federale. In particolare, sono state intercettate sette navi cargo piene di legname brasiliano privo di documentazione: cinque nello stato americano della Georgia, una in Belgio e un’altra in Danimarca. In realtà, come rivelato da un’inchiesta di Reuters, il contrabbando sarebbe molto più ampio. Nello stato di Pará, oltre la metà delle circa 3mila spedizioni di legname ufficialmente registrate tra il 2019 e il 2020 e contenenti circa 54mila metri cubi di materiale, non avevano le autorizzazioni.
La Corte suprema brasiliana ha ora aperto un’indagine ufficiale nei confronti di Salles e di altri ufficiali di governo. Il ministro dell’Ambiente avrebbe favorito il contrabbando internazionale di legname e allo stesso tempo avrebbe ostacolato le investigazioni della polizia al riguardo. Dalle carte è emerso che i manager delle compagnie coinvolte nel giro commerciale illegale si sarebbero incontrati con Salles e con il suo sottoposto Eduardo Bim, capo dell’Agenzia per la protezione ambientale (Ibama). Questi ultimi avrebbero ammorbidito l’iter burocratico sui permessi necessari per l’esportazione del legno, togliendo una serie di requisiti e consentendo che permessi postumi rilasciati a viaggio già avvenuto potessero avere valore retroattivo.
Il ruolo di Ricardo Salles nella deforestazione amazzonica
Ricardo Salles non è stata una figura positiva per la foresta amazzonica. Una volta assunta la carica di ministro dell’Ambiente del governo Bolsonaro nel 2019, ha contribuito a smantellare molte delle misure e delle risorse esistenti per la tutela ambientale.
Il budget per la ricerca sulla biodiversità, comprese le tante borse di studio che venivano erogate, è stato pesantemente tagliato, mentre è stata fermata l’attività di diverse agenzie ambientali. L’anno scorso Salles ha fatto licenziare un dirigente di polizia che aveva condotto un’indagine contro l’attività mineraria illegale nella foresta amazzonica del Brasile, in una seduta parlamentare ha invece detto di approfittare dell’attenzione della società civile sul Covid-19 per indebolire le leggi ambientali. In generale si è fatto promotore di uno sviluppo selvaggio nell’area che ha spianato la strada a questa e altre attività come il land grabbing. Questo mentre, a livello diplomatico, il ministro si riempiva di buone parole: nei mesi scorsi è stato il negoziatore del Brasile con gli Stati Uniti per l’accordo (mai raggiunto per ora) con il presidente Joe Biden, un miliardo di dollari all’anno di fondi in cambio di una protezione della foresta che evidentemente sarebbe stata solo di facciata.
A risentire del metodo Salles sono stati gli alberi del Brasile. Il tasso di deforestazione si è impennato in questi ultimi anni, accentuando una crescita che già era cominciata nella prima metà del decennio scorso. Nell’aprile 2021 l’abbattimento di foresta è stato superiore del 43 per cento rispetto allo stesso mese del 2020, mentre a maggio il valore ha fatto segnare un +67 per cento con 1.180 chilometri quadrati di superficie forestale persi. Era dal 2007, l’anno più nero della deforestazione brasiliana, che non si registrava un tasso così alto nel mese. Nei primi cinque mesi di quest’anno c’è stato un incremento complessivo del 25 per cento dell’abbattimento di alberi, pari a 2.548 chilometri quadrati.
Destruction of Earth’s largest rainforest is accelerating ahead of the region’s peak fire and deforestation season, data released by Brazil’s national space research institute reveals: https://t.co/9OxdP3IYjxpic.twitter.com/01kFntybBv
L’ormai ex ministro Salles si è dichiarato innocente, giustificando il suo passo indietro con la volontà di non mettere il paese in una situazione complicata sul piano nazionale e internazionale.
Il successore e la lobby agroalimentare
La nomina del successore Joaquim Alvaro Pereira Leite è stata annunciata subito dopo dal presidente Bolsonaro. Si tratta di una figura vicina a Salles: già dal 2019 faceva parte del suo team ministeriale e che dall’estate scorsa aveva assunto la carica di sottosegretario per l’Amazzonia. Nessun cambio di rotta insomma, al contrario l’affidamento di una posizione chiave a quello che è un altro dei responsabili del cattivo momento che sta vivendo la foresta brasiliana.
Ma c’è di più. Pereira Leite è stato per 23 anni membro della Società rurale brasiliana (Srb), un’entità che difende attraverso un’invasiva attività di lobbying gli interessi delle aziende agroalimentari brasiliane, sedendo anche nel consiglio di amministrazione. Proprio i produttori di soia e gli allevatori sono tra i principali responsabile del processo di deforestazione, attraverso le loro attività spesso anche illegali. La famiglia di Pereira Leite è salita agli onori della cronaca per una disputa con un gruppo indigeno tra i territori di São Paulo e Osasco: avrebbero cercato di espropriare loro la terra, distruggendo anche alcune proprietà della popolazione locale. “Il nuovo ministro obbedirà agli ordini di Bolsonaro e continuerà ad attuare la politica di distruzione ambientale, proprio come ha fatto Salles”, ha dichiarato Marcio Astrini, capo del gruppo ambientale Climate observatory.
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