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L’evento sportivo dell’anno, le Olimpiadi indigene in Brasile
Tra i Mondiali del 2014 e i Giochi Olimpici del 2016, il Brasile ha ospitato la prima edizione delle Olimpiadi indigene (Jogos Mundiais dos Povos Indígenas). Dal 23 ottobre al primo di novembre duemila atleti appartenenti a 50 gruppi etnici e provenienti da 23 paesi hanno partecipato a gare di discipline che spaziano dal calcio e
Tra i Mondiali del 2014 e i Giochi Olimpici del 2016, il Brasile ha ospitato la prima edizione delle Olimpiadi indigene (Jogos Mundiais dos Povos Indígenas). Dal 23 ottobre al primo di novembre duemila atleti appartenenti a 50 gruppi etnici e provenienti da 23 paesi hanno partecipato a gare di discipline che spaziano dal calcio e il tiro alla fune a giochi indigeni come il xikunahity, simile al calcio ma giocato carponi. L’evento si è svolto a Palmas, città che ospita diecimila indigeni e capitale dello stato brasiliano di Tocantins, dove vivono sette gruppi etnici.
Le Olimpiadi indigene hanno prestazioni elevate sotto molti punti di vista:
Celebrano tradizioni
Preservare le tradizioni indigene è ormai una sfida in tutto il mondo. Mostrare diverse culture indigene grazie a un evento sportivo è un atto per celebrare la loro unicità e promuovere la conoscenza reciproca.
Uniscono culture
24 gruppi indigeni brasiliani e decine di altre etnie provenienti da paesi come Australia, Etiopia e Mongolia si incontrano per condividere tradizioni e conoscenze. Lamarr Oksasikewiyin del popolo canadese dei Nehiyaw è uno dei partecipanti alle Olimpiadi e spiega come l’evento gli ha dimostrato che i popoli indigeni di tutto il mondo sono uniti dalle stesse preoccupazioni.
Mettono fuori gioco la competizione
Pochissime discipline sono realmente competitive, come il tiro con l’arco, la canoa e la corrida. Gli altri giochi sono meri eventi dimostrativi nei quali nessuno vince. Ogni atleta riceve una medaglia che non simboleggia l’essere “campione tra gli indigeni” ma, al contrario, una “celebrazione spirituale”, afferma Marcos Terena del popolo brasiliano degli Xané e presidente dell’ong Inter-tribal committee. È stato lui ad avere l’idea delle olimpiadi, partendo dalla versione nazionale dei giochi indigeni che si tengono dal 1999.
Tengono i soldi fuori dallo sport
In confronto all’elevatissimo costo dei Mondiali di calcio (quasi 14 miliardi di euro), le Olimpiadi indigene sono noccioline. Sono infatti costate 40 milioni di dollari e accedervi è gratuito. A differenza della maggior parte degli eventi sportivi, i giochi non mirano a sfornare miliardi e ottenere contratti pubblicitari.
Eppure, le Olimpiadi indigene, o meglio il Brasile, sono state accusate di aver commesso un grave fallo: quello dell’ipocrisia.
I numeri
Si stima che nel periodo precoloniale il Brasile ospitasse dai tre agli undici milioni di abitanti indigeni. I coloni portoghesi arrivarono nel 1500 e in un secolo spazzarono via il 90 per cento della popolazione originale. Oggi i novecento mila cittadini indigeni rappresentano solo lo 0,5 per cento della popolazione nazionale (200 milioni). Sebbene le loro terre occupino un decimo del paese, i gruppi indigeni rimangono la fascia di popolazione più povera, considerando anche che non possiedono risorse naturali come foreste e minerali.
L’avversario: la lobby ruralista
Gli interessi dell’enorme settore agroalimentare, inseme a quello minerario, energetico e del legno, sono rappresentati dal blocco “ruralista” nel congresso brasiliano, con 250 su 594 seggi. Al contrario, un solo indigeno è stato nel congresso in tutta la storia del Brasile. Nel 2014 la presidente Dilma Rousseff ha scelto come ministro dell’agricoltura un leader della fazione ruralista, la senatrice di Tocantins Kátia Abreu, conosciuta come “la regina della motosega”, appellativo dovuto al suo appoggio a progetti a favore della deforestazione dell’Amazzonia.
La legge
Il senato, uno dei due rami del congresso, ha approvato la proposta di un emendamento costituzionale, Pec 215, che attualmente deve essere votato dalla camera bassa, ovvero il secondo ramo congressuale. L’emendamento conferirebbe al congresso, e quindi anche alla fazione ruralista, il potere che ora detiene il ministro della giustizia nel tracciare i confini dei territori indigeni, minacciando quasi 80mila chilometri quadrati di terra di sfruttamento per l’agricoltura.
Le proteste
Dilma Rousseff, presidente del Brasile, ha partecipato alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi indigene non senza fischi e proteste. Il messaggio è chiaro: i popoli indigeni non considerano il governo brasiliano dalla loro parte. Altre prosteste hanno interrotto l’evento, dove i manifestanti hanno mostrato cartelli contro l’emendamento Pec 215 e chiedendo la “fine del genocidio indigeno“.
Il risultato
Gli indigeni brasiliani non hanno vita facile. Le foreste, i fiumi e la savana che sono le loro dimore sono minacciate da piantagioni, pascoli, energia idroelettrica e attività minerarie, solo per citarne alcune. La loro cultura rischia di essere assimilata dalla società convenzionale e i loro gruppi sono malrappresentati in politica. Inoltre, il Brasile è un paese palesemente pericoloso per loro. Tuttavia, le Olimpiadi indigene sono un’occasione per mettere in pausa gli scetticismi e far sì che la gioia dello sport e l’unicità delle tradizioni indigene diventino protagoniste. Per gustarne l’inesauribile vitalità attraverso colori, suoni e forme.
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