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Il Brasile fronteggia la peggiore siccità da 90 anni: il colpevole è chiaro
Il Brasile è alle prese con uno dei periodi di siccità più gravi dell’ultimo secolo. La colpa è soprattutto della deforestazione (e di chi la consente).
In Brasile si sta verificando qualcosa di paradossale. Ovvero: l’agricoltura sta morendo per fare spazio all’agricoltura. La necessità di aumentare costantemente il numero di campi coltivati ha incrementato in modo allarmante i tassi di deforestazione: basti pensare che il mese scorso hanno superato del 67 per cento i livelli di maggio 2020.
Senza alberi, però, il terreno si inaridisce. Senza la loro capacità di ridurre la temperatura e la quantità di anidride carbonica, di CO2, nell’atmosfera, la colonnina di mercurio sale. Compromettere l’integrità di uno dei biomi (per bioma si intende un ecosistema caratterizzato da una tipologia ben precisa di flora e fauna) più importanti dell’intero pianeta Terra, la foresta amazzonica, significa alterare irreversibilmente il clima e il ciclo dell’acqua. Ed ecco spiegato tutto: l’agricoltura in Brasile sta morendo perché non piove più e la siccità sta divorando qualunque forma di vita.
Conseguenze attuali e future della siccità in Brasile
Gli abitanti del grande paese sudamericano stanno fronteggiando la peggiore siccità degli ultimi novant’anni. Particolarmente colpiti risultano essere gli stati rurali, specialmente San Paolo e Mato Grosso do Sul. Le conseguenze si riflettono prima di tutto sui cittadini, costretti a pagare bollette più salate. Sebbene il Brasile abbia ridotto dal 90 al 65 per cento la sua dipendenza dall’energia idroelettrica, il ricorso a quella termoelettrica rimane più costoso. C’è anche il rischio di blackout.
Siamo di fronte alla tempesta perfetta.
Le famiglie sono state invitate a ridurre i consumi di elettricità e di acqua, che potrebbe perfino essere razionata. La recente stagione delle piogge è stata la più misera degli ultimi vent’anni, e le riserve idriche versano in condizioni di estrema sofferenza. Fanno impressione le cascate dell’Iguazú, le più estese del mondo, che anziché scorrere in tutta la loro magnificenza sembrano gocciolare come un rubinetto che perde.
L’agricoltura, il settore più forte in Brasile, è in ginocchio e questo rischia di minare la ripresa di uno stato già dilaniato dalla pandemia di Covid-19, che ha causato più di 500mila vittime. A preoccupare ora è anche l’imminente stagione degli incendi (tanto spontanei quanto dolosi), che comincia solitamente a luglio e che, stando alle condizioni attuali, rischia di essere particolarmente drammatica per l’Amazzonia. “Siamo di fronte alla tempesta perfetta”, avverte Liana Anderson, biologa del centro nazionale brasiliano per il monitoraggio dei disastri naturali. “La situazione odierna renderà veramente difficile tenere sotto controllo i roghi”.
Deforestazione, desertificazione: due facce della stessa medaglia
L’allarme era stato lanciato a maggio e persino il presidente Jair Bolsonaro, noto per aver minimizzato la pericolosità della pandemia, sembrava aver preso sul serio la minaccia della possibile mancanza d’acqua nel suo paese, anche se non ha adottato misure efficaci contro la deforestazione, ritenendo l’Amazzonia una mera risorsa.
“È da otto anni che non piove tanto quanto dovrebbe”, spiega il meteorologo Marcelo Seluchi al New York Times. “È come se ci stessimo servendo di una cisterna che non viene mai riempita, e ogni anno usiamo sempre più acqua nella speranza che le cose miglioreranno. Ma finora non è stato così”.
Seluchi aggiunge che fenomeni come La Niña, uniti ai cambiamenti climatici e alla diminuzione di aree verdi, stanno provocando tutto questo. Il legame fra la desertificazione e il disboscamento è confermato anche da Greenpeace Brasile: Marcelo Laterman sottolinea infatti come il sistema di recupero delle acque da parte della foresta giochi un ruolo fondamentale nella distribuzione delle piogge nell’intero Sudamerica.
Uno studio condotto da Argemiro Leite-Filho, scienziato ambientale all’Università federale di Minas Gerais che ha esaminato dati relativi al periodo 1999-2019, ha dimostrato che, con un aumento del 10 per cento della deforestazione in Amazzonia, il livello annuale delle precipitazioni diminuisce di 49 millimetri.
I mutamenti climatici, parallelamente, hanno alterato un ciclo che gli scienziati chiamano “fiume volante”, un movimento di grandi quantità di vapore acqueo proveniente dall’oceano Atlantico e trasportato nell’atmosfera dal bacino amazzonico in altre parti dell’America meridionale. Questo, puntualizza il climatologo José Marengo, è un altro motivo per cui piove meno.
È indispensabile sensibilizzare gli agricoltori su questi temi, perché molti non credono che ci sia un collegamento fra il taglio degli alberi e il grave rischio che la loro attività economica sta correndo. Anziché pensare solamente a decisioni prese dall’alto – all’annuncio di Bolsonaro di voler combattere la deforestazione illegale, non sono ancora seguite azioni concrete al di fuori dello spiegamento delle forze militari, che alcuni ritengono inadeguate a combattere il fenomeno – sarebbe forse utile affiancare una consapevolezza nata dal basso. Chi meglio degli agricoltori, che rischiano di restare senza un lavoro lasciando le loro famiglie senza cibo, potrebbe trasformarsi in un difensore della foresta? Può sembrare assurdo, ma non lo è. Per risolvere problemi complessi, a volte bastano soluzioni semplici. Come rinunciare a tagliare un albero.
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