Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Brexit, raggiunto un accordo sull’Irlanda. Terremoto al governo di Londra: si dimettono 5 membri
È stato raggiunto un accordo sulla frontiera dell’Irlanda del Nord, uno dei nodi più complessi della Brexit: 5 membri del governo si dimettono per protesta.
Aggiornamento 15 novembre – La decisione del governo inglese di approvare la bozza di accordo con l’Unione europea sulla Brexit ha scatenato un terremoto politico. Sono ben cinque i membri dell’esecutivo, tra ministri e segretari di stato, ad aver annunciato le proprie dimissioni. In particolare, quelli responsabili della Brexit e dell’Irlanda del Nord, Dominic Raab e Shailesh Vara, hanno affermato di non poter sostenere i contenuti del testo.
Inoltre, un deputato conservatore pro-Brexit, Jacob Rees-Mogg, ha chiesto di votare una mozione di sfiducia nei confronti della premier Theresa May. Per ottenere la votazione, servono le firme di 48 deputati. Non è detto che verranno raccolte, ma è evidente che la situazione del governo di Londra è ormai estremamente delicata.
Aggiornamento ore 22 – Il governo guidato da Theresa May ha approvato la bozza di accordo sui confini tra Irlanda e Irlanda del Nord. “È stata una decisione difficile, ma la più giusta”, ha affermato la premier. Ottenere l’ok dal Parlamento sarà tuttavia ben più complicato. Il voto alla Camera dei Comuni potrebbe essere programmato per i primi giorni di dicembre.
I negoziatori del Regno Unito e dell’Unione europea sono riusciti a raggiungere un accordo “tecnico” per la gestione della frontiera irlandese. Dopo giorni di trattative, dunque, martedì 13 novembre le parti hanno trovato un punto d’intesa su uno dei nodi più complessi da sciogliere nell’ambito della Brexit, il processo di uscita della Gran Bretagna dall’Ue.
“L’accordo sull’Irlanda c’è, ma occorre essere prudenti”
Un diplomatico di Bruxelles ha confermato alla stampa internazionale l’accordo, ma ha avvertito: “Occorre rimanere prudenti, perché il premier inglese Theresa May deve ancora farlo accettare al proprio governo”. Nella giornata di oggi, 14 novembre, è prevista una riunione dell’esecutivo di Londra che dovrà esaminare proprio il lavoro della squadra di negoziatori “e decidere le prossime tappe”, ha spiegato Downing Street in un comunicato.
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Qualora arrivasse il via libera del governo, mancherà in ogni caso ancora l’ok del Parlamento, il cui voto dovrebbe arrivare prima della fine dell’anno. E l’esito appare ancora incerto: è per questo che sia il capo-negoziatore dell’Unione europea, Michel Barnier, sia il presidente della commissione di Bruxelles, Jean-Claude Juncker, hanno preferito per ora non commentare la notizia dell’intesa. D’altra parte nello scorso mese di ottobre si era raggiunto un accordo, che però all’ultimo momento è saltato, per via dell’opposizione di coloro che sostengono l’ipotesi di una “Brexit dura”, ovvero con pochissime concessioni al resto dell’Europa.
La questione doganale e la posizione degli unionisti irlandesi
Nel 2017, infatti Theresa May si era impegnata ad evitare il ritorno di una vera frontiera tra Irlanda del Nord e Irlanda, al fine di preservare gli accordi di pace del 1998. L’idea era di far sì che la regione potesse rimanere nell’unione doganale europea, mantenendo così anche le tariffe comunitarie praticate nei confronti dei paesi terzi. Ciò in attesa che fosse concluso un trattato di libero scambio con l’Ue: si trattava del Chequers plan, dal nome del paese inglese dove May ha la residenza estiva. Ma l’ipotesi è stata bloccata dal Partito unionista nord-irlandese, per il quale l’idea di essere in qualche modo separati dal resto del Regno Unito non era in alcun modo accettabile.
Brexit divorce deal text agreed by UK and EU negotiators; cabinet will consider on Wednesday, source tells BBC https://t.co/pcXmG5oO6Q
— BBC Breaking News (@BBCBreaking) 13 novembre 2018
Inoltre, Bruxelles non ha visto di buon occhio l’ipotesi di concedere a Londra di godere dei benefici del mercato unico senza che questa resti vincolata al rispetto degli obblighi delle istituzioni europee. Alla fine si è deciso di accettare di lavorare su tale base, ma con una serie di importanti riserve: no all’uscita unilaterale del Regno Unito dall’unione doganale e no ad una politica di “dumping” (concorrenza dura al fine di erodere mercati esteri) a danno dei Ventisette. In pratica, l’Ue esige che Londra continui a rispettare le regole legate agli aiuti di stato ai differenti settori economici, nonché le norme fiscali e ambientali. E che conceda un acceso ai pescatori europei nelle proprie acque territoriali.
Occorrerà a questo punto verificare se i sostenitori della “Brexit dura” accetteranno una soluzione che obbligherebbe di fatto il loro paese a chiedere l’autorizzazione all’Ue per uscire dall’unione doganale. E che, finché il Regno Unito non lo farà, garantirà a Bruxelles di poter continuare a negoziare gli accordi di libero scambio con i paesi terzi anche a nome del governo di Londra.
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