Unione europea e Regno Unito hanno raggiunto un accordo commerciale, ma gli effetti della Brexit sulle politiche ambientali britanniche restano poco chiari.
La legislazione ambientale dell’Unione europea (Ue) e la sua applicazione sono tra le più solide al mondo. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, i ministri del Regno Unito hanno spesso rappresentato la legge europea come particolarmente onerosa e in contrasto con i progetti del proprio governo, basati sui principi di flessibilità e discrezione che spesso consentono compromessi tra obiettivi ambientali e non. La Brexit presenta ora opportunità e sfide per lo sviluppo a lungo termine della legislazione ambientale del Regno Unito. Con l’uscita dall’Ue il paese potrebbe cogliere l’opportunità per diventare un leader mondiale nella protezione ambientale, ma per il momento non sappiamo se questa strada verrà perseguita.
Il diritto ambientale nel Regno Unito
Il Regno Unito ha una lunga storia di legislazione ambientale, nata a partire dalla rivoluzione industriale. Nel diciannovesimo secolo, le leggi ambientali includevano procedure dettagliate ma non dichiaravano gli obiettivi politici, quindi gli standard sulle emissioni e requisiti simili venivano spesso lasciati alla discrezione degli organismi di regolamentazione.
Quando il paese è entrato a far parte dell’Ue nel 1973, l’entrata in vigore della legislazione ambientale europea ha convertito questi precetti in obiettivi politici precisi, standard di emissioni e traguardi obbligatori, toccando anche temi quali la gestione dei rifiuti e dei prodotti chimici e la protezione degli habitat. Da allora questi regolamenti sono diventati parte della legge britannica. Per esempio, prima la norma ufficiale per l’acqua potabile nel Regno Unito era semplicemente di fornire “acqua sana”. Dal 1980, ai sensi della direttiva sull’acqua potabile della Commissione europea, sono state introdotte norme precise al riguardo.
L’impatto della Brexit sull’ambiente
Dopo la fine del periodo di transizione, il 31 dicembre 2020, la legislazione ambientale dell’Ue in vigore continuerà a operare grazie a un sistema di “roll-over”, tuttavia le decisioni prese dall’Unione non saranno più vincolanti per i tribunali del Regno Unito. La Brexit porterà anche alla fine delle operazioni nel Regno Unito di alcune strutture europee, che dovranno quindi essere sostituite. Ad esempio il comitato europeo che garantisce la corretta applicazione delle normative dovrà essere sostituito da un organismo di controllo indipendente. A tal proposito la legge ambientale del 2020 impone la fondazione di un ufficio per la protezione ambientale, un nuovo organismo statutario indipendente (Oep) che sovrintenderà alla conformità con la legge ambientale e si occuperà di coloro che la violano.
Nel complesso, il Regno Unito sarà in grado di stabilire i propri obiettivi, politiche e leggi. Nel “libro bianco” del luglio 2018 sulle future relazioni tra il Regno Unito e l’Ue, il governo precedente aveva promesso di mantenere standard ambientali elevati e di continuare a seguire il piano ambientale di 25 anni stabilito dall’ex prima ministra Theresa May, che mira a migliorare la pulizia di aria e acqua, a consentire la crescita prosperosa di piante e animali e ad assicurare un paese più pulito e più verde. Nel 2019 il Regno Unito ha anche stabilito un precedente importante diventando la prima grande economia ad approvare delle leggi per raggiungere le zero emissioni nette di carbonio e per instaurare una società più pulita e resiliente. All’inizio di dicembre di quest’anno, il primo ministro Boris Johnson ha anche annunciato che il paese mira ad aumentare il suo obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2030 portandolo al 68 per cento. Si tratterebbe di un ottimo traguardo considerando che l’obiettivo dell’Ue per il 2030 è di tagliare le emissioni del 55 per cento (sebbene il Parlamento europeo stia ora spingendo per il 60 per cento).
I miglioramenti nella gestione ambientale del Regno Unito
Secondo una nuova politica agricola annunciata dai ministri del governo, la campagna inglese cambierà radicalmente dopo il periodo di transizione: avrà più alberi, prati, zone umide e meno pascoli. Le sovvenzioni agricole dell’Ue verranno gradualmente eliminate, lasciando più spazio alla crescita della fauna selvatica. Con il sistema dell’Unione europea, infatti, gli agricoltori ottengono sovvenzioni in base alla quantità di terreno coltivato (quindi più ricchi sono gli agricoltori, più denaro ricevono).
Con la nuova legislazione britannica, la Politica agricola comune sarà sostituita da un sistema di gestione del territorio ambientale (chiamato Elm) che sovvenzionerà gli agricoltori capaci di mettere in atto una serie di iniziative per prevenire le inondazioni, piantare boschi e proteggere la fauna selvatica sfruttando l’utilizzo di siepi, catturando l’anidride carbonica, eliminando i pesticidi e riducendo l’impiego di antibiotici.
L’Elm è organizzato in livelli; al livello che riceve più aiuti finanziari appartengono azioni quali il ripristino del paesaggio e dell’ecosistema, la creazione di grandi foreste, la salvaguardia delle torbe e altri progetti simili. L’importo annuale dei fondi che verranno convertiti dai pagamenti basati sulle dimensioni dei terreni coltivati ai sussidi ambientali raggiungerà 1,8 miliardi di sterline, pari a 2 miliardi di euro. Inoltre il dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari rurali del Regno Unito (Defra) ha investito 640 milioni di sterline (oltre 700 milioni di euro) nel fondo Nature for climate, che aumenterà la piantumazione di alberi e il ripristino della torba in Inghilterra.
I rischi per l’ambiente
Ci sono buone ragioni per credere che nel Regno Unito l’ambiente potrebbe avere un futuro positivo. Tuttavia, la strada per raggiungere questo futuro è ancora da definire: l’ambizioso progetto di legge che lo riguarda sta progredendo molto lentamente, malgrado quel che ha affermato all’inizio del 2020 il ministro del Defra Lord Gardiner di Kimble. Per questa ragione il Regno Unito è uscito dall’Ue senza aver attivato l’Office for environmental protection (il nuovo organismo statutario indipendente) e senza una proposta di dichiarazione politica che incorpori i principi ambientali nel processo decisionale ministeriale. Questa crepa nella protezione ambientale potrebbe causare danni ulteriori. Secondo il segretario all’Ambiente George Eustice, il governo ha pianificato misure provvisorie per colmare questa lacuna, ma non sono emersi ulteriori dettagli.
Nonostante la politica “roll-over”, la legge sull’accordo di recesso (la legislazione adottata nel gennaio di quest’anno che stabilisce l’incorporazione dell’accordo Brexit raggiunto con l’Ue nel diritto del Regno Unito) include una clausola che conferisce ai ministri il potere di autorizzare qualsiasi tribunale del Regno Unito a annullare le sentenze emesse dalla Corte di giustizia dell’Ue, il che significa che l’attuale interpretazione del diritto ambientale potrebbe essere modificata o contestata. La British national farmers union (una sorta di sindacato nazionale dei contadini) ha già convinto il governo a ricalibrare le sue intenzioni originali, lamentando che gli ostacoli per qualificarsi per le sovvenzioni Elm siano troppo alti. Inoltre, coloro che inquinano riceveranno una lettera di avvertimento anziché una multa: sebbene il governo affermi che prenderà di mira i recidivi, un piano per realizzare questo obiettivo è visibilmente assente.
La possibilità di una regressione per l’ambiente
Un nuovo rapporto di Brexit & environment, la rete di ricercatori britannici e dell’Ue che analizzano gli effetti della Brexit sull’ambiente, rivela il rischio di regressione ambientale nel Regno Unito: ci sono circa 500 articoli della legislazione e della politica ambientale dell’Unione europea che rischiano di non essere mantenuti dopo la Brexit, il che produrrebbe una grande lacuna nella protezione ambientale. Il governo non ha affrontato la questione nella legge sull’accordo di recesso, sostenendo di aver mantenuto tutta la legislazione pertinente sotto forma di strumenti statutari (si), ovvero i regolamenti dettagliati che consentono l’entrata in vigore di un atto approvato dal parlamento.
Tuttavia, il rapporto ha rivelato che alla maggior parte degli strumenti, una volta esaminati, erano state rimosse le clausole di revisione che avrebbero facilitato la modifica e il miglioramento degli stessi. L’assenza di queste clausole fa sorgere qualche dubbio sull’impegno del Regno Unito per evitare di regredire, poiché non vi è alcuna intenzione esplicita di sviluppare e migliorare le leggi in futuro. Inoltre, queste modifiche sono state apportate con grande rapidità e scarso controllo perché gli strumenti statutari fanno parte di legislazioni secondarie, o subordinate, che non sono normalmente discusse in parlamento.
La velocità di questo processo è in profondo contrasto con la necessità di affrontare le sfide ambientali e sociali a lungo termine con cura e determinazione. Comporta anche il rischio che le leggi per l’ambiente, seppur mantenute, possano soccombere a ciò che il Comitato parlamentare per l’audit ambientale ha definito “zombificazione”: queste leggi, pur esistendo nello statuto del Regno Unito, si ritroverebbero ad avere scarsa efficacia a causa della loro mancata revisione. La scomparsa di così tante clausole ci ricorda inoltre che nel paese manca un piano pubblico sul futuro di tutta la legislazione Ue ereditata.
Brexit deal threatens UK labour and climate standards, thinktank warns https://t.co/MEmYlPsbuG
L’Accordo di commercio e cooperazione che definisce il quadro per le relazioni commerciali tra l’Unione europea e il Regno Unito è stato concordato il 24 dicembre, pochi giorni prima della fine del periodo di transizione. “Un elemento chiave dei negoziati è stata la cosiddetta ‘parità di condizioni’: una serie di regole per una concorrenza leale, progettate per sostenere l’accordo commerciale”, spiega un’analisi del gruppo di esperti londinese Institute for public policy research. “Tuttavia, gli impegni sul lavoro e sugli standard ambientali sono notevolmente più deboli del previsto; c’è solo l’impegno a non abbassare gli attuali livelli di protezione ambientale nel caso in cui eventuali riduzioni possano influenzare il commercio o gli investimenti”.
Inoltre, non si sa cosa accadrà alle segnalazioni di violazioni del diritto ambientale attualmente gestite dalle istituzioni dell’Ue, e se il governo collaborerà con quest’ultima per garantire che non vadano perse.
Non è ancora chiaro come il governo britannico intenda proteggere il proprio patrimonio ecologico; si può inoltre sostenere che si stia muovendo nella direzione di una protezione ambientale migliorata ma anche ridotta. La speranza è affidata a organizzazioni come Climate alliance, il network britannico degli studenti per il clima, Extinction Rebellion, e soprattutto alla pressione esercitata dai singoli cittadini per spingere il governo a superare gli obiettivi europei per un futuro sostenibile, o quantomeno per mantenere i più alti standard ambientali possibili.
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