La campagna Vote for animals, promossa da Lav e altre organizzazioni, mira a far assumere a candidati e partiti un impegno maggiore sul tema dei diritti animali.
Brugnola 1932, il rifugio per animali che è anche un B&B vegano
A Brugnola, nel cuore dell’Appennino parmense, sorge un rifugio per animali maltrattati che è anche un bed&breakfast e un ristorante vegano.
- A Brugnola, nell’Appennino parmense, sorge un rifugio per animali maltrattati.
- Per mantenerli e accoglierli è sorto anche un bed & breakfast vegano, dove gli ospiti possono portare i propri amici a quattro zampe.
- Vegano è anche il ristorante annesso che propone piatti tipici della tradizione emiliana e toscana, per imparare che anche mangiare bene si può coniugare con l’amore e il rispetto verso gli animali.
In una valle dell’Appennino parmense, fuori dalle rotte turistiche conosciute, sorge il paesino di Bardi, dominato da una fortezza medievale e circondato da una marea di piccole frazioni di case in pietra. È proprio in una di queste frazioni, Brugnola, che Gilberto e Manuela hanno deciso di aprire un’azienda agricola partendo da zero e facendo qualcosa che non era mai stato fatto prima: inserire nella loro cascina gli animali “da reddito” senza trarne alcun reddito. Un concetto che per quei tempi – si era nel 2012 – costituiva un azzardo e un salto nel vuoto. Ma a Brugnola ormai, con il duro lavoro dei nostri due protagonisti, non c’è solo un rifugio per esemplari scampati ai maltrattamenti, ma anche un bed and breakfast vegano con tanto di ristorante.
Brugnola, un’idea che ha fatto da apripista in Italia
Chi vuole “assaggiare” una vita diversa e un contatto con gli animali più concreto e naturale non ha che da fare un salto in questo delizioso paesino dell’Appennino parmense. Ne ritornerà arricchito non solo nello spirito, ma anche nella conoscenza di ciò che la natura ha da offrire in termini di cucina e gastronomia. Il progetto di Brugnola 1932 vegan country house parte dell’amore verso gli animali e dai loro diritti calpestati dall’uomo. “Siamo passati dal fare volontariato in un canile in Brianza a pulire la stalla di asine e capre. La creazione del rifugio è stato un proseguimento naturale della nostra scelta di vita, la scelta vegana, presa una decina di anni prima. Non avremmo potuto abbracciare uno stile di vita così naturale senza il conforto e la forza che la natura ci trasmette tramite gli animali”, racconta Manuela.
“All’epoca, l’idea di un rifugio per ospitare, recuperare e far conoscere esseri che non fossero cani e gatti era ancora poco diffusa in Italia. Siamo orgogliosi di aver fatto da apripista, insieme ad altre poche realtà, così come siamo felici nel vedere che rifugi grandi e piccoli aprono sempre più di frequente un po’ in tutta Italia. Nel tempo, abbiamo imparato a conoscere gli animali con cui non avevamo quasi mai avuto occasione di rapportarci. Una delle esperienze più belle che il nostro lavoro ci regala è far conoscere agli ospiti e ai visitatori l’emozione di creare una relazione intensa con quegli esseri che siamo abituati a vedere rinchiusi, sfruttati, maltrattati e che solo liberi possono mostrare la loro travolgente simpatia e tenerezza”, prosegue Manuela.
Un’oasi di pace per chi ama natura e animali
A poco a poco, al rifugio si sono uniti il bed & breakfast, piccolo ma attrezzatissimo (ci sono anche la sauna, l’idromassaggio, la doccia sensoriale e, ovviamente, tutti i comfort dell’ospitalità moderna), e il ristorante vegano con prodotti che vengono dalla terra a chilometro zero per assaggiare e gustare la più pura e tradizionale cucina emiliana con un tocco di ricette dell’alta Toscana. Il tutto aiuta a mantenere i piccoli ospiti e quelli che, a poco a poco, continuano ad arrivare.
Manuela e Gilberto lavorano sodo tutto l’anno, ma la loro idea sta conquistando molti. “Noi ribadiamo sempre che questo è principalmente un rifugio per gli animali salvati, ma anche un avamposto nel bosco, perciò vanno rispettati e protetti tutti, i nostri ospiti così come i selvatici che ci circondano. E lo diciamo con chiarezza e incisività, perché è importante restare sempre dalla parte degli animali. In questo modo, siamo riusciti a creare un posto nel quale tutti coloro che condividono i nostri valori possono trovarsi a proprio agio”, conclude Manuela.
E non ci sono problemi di interazione fra i vari ospiti a quattro zampe? A Brugnola si può soggiornare con il proprio pet, sia esso un cane, un gatto o un animale non convenzionale come un furetto o una tartaruga. “Chiediamo a chi viene con i propri cani di tenerli al guinzaglio in tutte quelle aree in cui gli animali del rifugio girano liberi, in particolare gatti, galline e conigli: un piccolo sacrificio che viene compreso facilmente”. Le ampie stanze permettono di scegliere spazio e strutture adeguate per l’amico a quattro – o due – zampe che condivide la nostra vita.
La storia di Pepe, il capretto con la “gonna”
Fra i tanti animali che hanno vissuto e vivono a Brugnola e fra le diverse storie che costellano la vita del rifugio abbiamo scelto, con l’aiuto di Manuela, la storia di Pepe “il capretto con la gonna”, come lo chiamano lì per il buffo mantello che gli si allunga sulle zampe posteriori. Pepe è arrivato al rifugio circa cinque anni fa insieme ai suoi genitori, recuperati in seguito a un sequestro da parte delle guardie zoofile dell’Enpa (Ente nazionale protezione animali).
La madre si chiamava Bianca ed era una femmina molto anziana, addirittura senza denti; mentre il padre, White, era un maschio spaventatissimo ma portatore di un palco di corna meravigliose. Purtroppo, per evidenti precedenti di maltrattamento, i genitori non si sono mai fidati troppo di Manuela e Gilberto e cercavano sempre di scappare dal rifugio. Recuperarli era sempre molto difficile, ma piano piano i due anziani animali hanno cominciato ad adattarsi e ad avere fiducia nella compagnia degli umani di Brugnola.
“Quando Bianca e White sono venuti a mancare e Pepe è rimasto solo, dopo un po’ di tempo ha imparato a fidarsi anche di noi e ha stretto un rapporto molto particolare con una delle nostre asine, Domitilla. Abbiamo avuto la sensazione che la considerasse una sorta di mamma adottiva da seguire al pascolo e con cui giocare. Oggi Pepe è sempre libero, non fugge più e non si allontana dal pascolo, entra ed esce dalla stalla autonomamente. Da pochi mesi gli abbiamo affiancato Tino, un dolcissimo caprone anziano e saggio, con cui ha già stretto un legame molto forte. Come tutti i nostri animali, Pepe viene ricoverato per la notte in una stalla a prova di predatori, ma in lui è cresciuto un atteggiamento di fiducia e profondo affetto nei nostri confronti. Ed è anche molto contento quando i visitatori vanno al pascolo a conoscerlo. Ama il contatto con le persone ed è ormai un amico fidato di molti dei nostri ospiti abituali”, racconta Manuela.
Di storie come questa, Manuela e Gilberto potrebbero raccontarne molte e, a questo proposito, hanno creato l’associazione La fattoria di Marcovaldo, il cui lavoro può essere sostenuto anche adottando a distanza. Ed è proprio con il contatto ravvicinato con questi animali che hanno subito maltrattamenti e torture che si riesce a capire come l’amore e la dedizione riescano a sanare le ferite dello spirito e della carne. Negli uomini, certo, e a maggior ragione nei nostri amici animali.
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