Gli Ex-Otago (e Genova) sono i protagonisti della nuova puntata di Venticinque, il podcast di LifeGate Radio e Rockit che racconta 25 anni di musica italiana.
Brunori Sas è il protagonista della puntata di Venticinque dedicata al 2009
Brunori Sas è il protagonista della nuova puntata di Venticinque, il podcast di LifeGate e Rockit che racconta 25 anni di musica italiana.
Chi ha assistito almeno una volta a un suo concerto sa che, a un certo punto, ci sarà uno di quei momenti di connessione istintiva tra artista e pubblico. Di norma capita con Guardia ’82, il brano che forse più di tutti l’ha reso celebre, oppure con la più amara Kurt Cobain. Per quanto grande possa essere la venue, le sovrastrutture sembrano scomparire e il pubblico si trova riunito in un coro assordante, come attorno al classico falò in spiaggia. Una dimensione popolare che è quella del cantautorato italiano; poco importa che sia negli anni Settanta o negli anni Dieci. Brunori Sas non ne ha paura, anzi, la cerca e la abbraccia, pur senza rinunciare alla propria libertà artistica.
È lui il protagonista della nuova puntata di Venticinque. 1997-2022: gli anni che hanno rivoluzionato la musica italiana, il podcast prodotto da LifeGate Radio e Rockit e scritto da Giacomo De Poli, Marco Rip e Dario Falcini. L’episodio è disponibile su tutte le piattaforme di streaming a partire da mercoledì 13 marzo 2024. È dedicato al 2009, l’anno di Vol.1, il suo fortunato album di debutto.
Da un borgo della Calabria ai palchi di tutt’Italia
Calabrese, Dario Brunori cresce a Joggi, un paesino da quattrocento abitanti. Suo padre è proprietario di un’azienda, la Brunori Sas appunto, che dà lavoro a varie persone del posto. “Questo mi creava un po’ di senso di colpa. Mi stimolava il desiderio di essere accolto dai miei coetanei, di far capire che ero uno di loro”, racconta. Oltre che per l’accento, che a molti ricorda Rino Gaetano, la Calabria lo influenza per la presenza costante della musica nei momenti di festa e rito, in casa e fuori. Una musica che “alterava gli animi, rimescolava le carte, rendeva felici le persone”.
Dario Brunori si sposta a Siena, per studiare chitarre e laurearsi in Economia e commercio. Lì fonda la band dream-pop Blume con Matteo Zanobini, ma è costretto a rientrare nella sua terra d’origine in seguito alla scomparsa del padre. Per un anno e mezzo si destreggia nella gestione dell’impresa e, nel frattempo, compone i brani del suo primo disco. Senza più computer ed effetti, ma da solo, a casa, con una chitarra. Sono gli anni in cui nasce l’itpop con Bugo, i Baustelle, Dente, Vasco Brondi: “Era un po’ il ritorno alla canzone italiana, una sorta di appropriazione”, commenta Brunori.
Ascolta “2009: Brunori Sas” su Spreaker.
Brunori Sas di fronte al successo e alla popolarità
“Quando ho scritto il mio primo disco, Vol.1, non avevo l’ambizione che andasse da nessuna parte: mi sarei accontentato di fare qualche data. Poi ho visto che le persone cantavano con un certo trasporto e ho capito che non era solo una cosa mia”, racconta Dario Brunori nel podcast. Il favore riscosso in quel 2009 è stato tanto inaspettato quanto trasversale, con riconoscimenti come il premio Ciampi per il migliore album di esordio e, al tempo stesso, un tour che richiama pubblico nei contesti più disparati, dalle piazze di provincia ai festival milanesi.
Sulla spiaggia lattine anni ’80,
quando il mare s’incazza e riporta
ricordi che avevi
coperto di sabbia.
Palloni arancioni sgonfiati,
fare “ciao” ad un treno che passa
e guardare nel cielo
la scia di un aereo.
Se l’iconografia è indie, dunque, la volontà è quella di uscire dalla bolla ed esprimere anche un’attitudine nazionalpopolare nel senso più positivo del termine: rivolgersi a tutti, senza per questo snaturarsi o rincorrere le mode. “La sfida è quella di capire se, all’interno di un linguaggio popolare, uno riesce a fare qualcosa che non è compiacente rispetto alle richieste del pubblico. Non è semplice”, conclude Dario Brunori. “Io penso che l’autore debba interessarsi al pubblico: il mio intento è comunicativo, io voglio dire qualcosa a qualcuno. Per tutti gli artisti che hanno raggiunto una certa popolarità, c’è la necessità di fare una mediazione, non un compromesso. E seguire l’idea che la possibilità di raggiungere un pubblico non diventi una schiavitù”.
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