Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
Il tempo delle promesse è finito. Quello dell’azione è iniziato, grazie ai sindaci
Quello che stiamo facendo per far fronte alla crisi climatica attuale non è abbastanza. Ma c’è qualcuno che sta effettivamente facendo qualcosa: i sindaci delle grandi città del mondo.
It is not enough. Niente di quello che sta avvenendo per far fronte alla crisi climatica in cui versiamo oggi è abbastanza, ma se c’è qualcuno che sta effettivamente facendo qualcosa, queste sono le grandi città del mondo. È questo il messaggio principale uscito dal World mayors summit di C40 tenutosi a Copenaghen dal 9 all’11 ottobre scorsi.
Più di 2.200 persone si sono trovate nella capitale danese in occasione del raduno che il network internazionale di sindaci impegnati nella lotta ai cambiamenti climatici organizza ogni tre anni. Settanta sindaci, moltissimi funzionari pubblici, attivisti, giovani rappresentanti del movimento Fridays for Future, fondazioni, imprese, sindacati e media hanno partecipato alla tre giorni di discussione sul Futuro che vogliamo. Un’alleanza inedita e potente per superare la più grande sfida del nostro tempo.
Movimenti per il clima e sindaci insieme
Dopo mesi in cui alle imponenti marce e ripetuti scioperi di milioni di ragazze e ragazzi nel mondo sono seguite molte dichiarazione di supporto e altrettanti pochi fatti, per la prima volta ho sentito qualche giovane militante pronunciare parole di speranza. Per la prima volta è sembrato che non fossero solo loro a dare speranza a noi, ma fossero anche loro a riceverla. E per la prima volta ho visto tra un movimento – che si è caratterizzato dovunque per la propria dichiarata lontananza da qualsiasi istituzione, partito e parte politica – e dei decisori politici, il gruppo di sindaci della rete C40, una vicinanza e possibile intesa.
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Credo che i motivi possono essere tre. Il primo è l’ambizione concreta dimostrata dai sindaci negli ultimi anni. Un anno prima dell’uscita dello storico rapporto dell’Ipcc del 2018 che ha stabilito la necessità di rimanere sotto al grado e mezzo di riscaldamento terrestre per garantire un mondo “climaticamente salvo”, a Città del Messico, la maggior parte dei sindaci della rete ha sostenuto e dichiarato che per implementare l’Accordo di Parigi avrebbe adottato piani e politiche locali capaci di ridurre le emissioni in modo coerente con l’obiettivo di un grado e mezzo.
L’impegno per azioni ambiziose
Oggi sono 106 le città del mondo ad aver sottoscritto questo impegno, 11 quelle che hanno già approvato piani di azione radicali e moltissime altre sono sulla buona strada per farlo entro la fine del 2020. I sindaci delle grandi megalopoli hanno quindi anticipato un rapporto scientifico internazionale e si sono dimostrati molto più ambiziosi rispetto ai governi nazionali che ancora ad oggi, in grandissima maggioranza, non si sono dotati di piani di azione coerenti con i propri obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti a Parigi nel 2015. Ovviamente l’ambizione concreta non riguarda solo impegni e piani, ma anche azioni specifiche nei settori dello sviluppo urbano, della mobilità, dell’efficienza energetica, della gestione dei rifiuti, della produzione e distribuzione del cibo – come dimostra la nuova iniziativa “Good food cities” lanciata dal sindaco di Milano Giuseppe Sala durante il summit.
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Solo per fare un esempio, se nel 2010 il numero di autobus a zero emissioni nelle città di C40 era circa un centinaio, oggi quel numero è arrivato a 66mila. Un aumento esponenziale in poco tempo. Tuttavia, anche l’azione a livello locale deve velocizzarsi e radicalizzarsi ancora di più.
Una visione collettiva
Il secondo è la visione collettiva dei sindaci per i prossimi dieci anni. Sempre in coerenza con il rapporto dell’Ipcc del 2018 che dimostra come il mondo abbia poco più di 10 anni per poter mettere in campo “cambiamenti rapidi, su vasta scala e inediti in tutti gli aspetti della società” che superino la crisi climatica in atto ed evitino una catastrofe ambientale, economica, sociale e umanitaria senza precedenti, il nuovo presidente di C40 – il sindaco di Los Angeles Eric Garcetti – ha lanciato un nuovo Green new deal globale: l’idea di fare degli anni Venti del nuovo millennio la decade dell’azione sul clima. L’idea anche di affrontare insieme le due grandi emergenze di questo tempo: la crisi climatica e la crisi economica, la devastazione ecologica e le profonde e scandalose disuguaglianze. L’idea che non si possa affrontare l’una senza l’altra, che anzi le disuguaglianze economiche e sociali e i cambiamenti climatici sono profondamente legati e causati dagli stessi fattori e che serva una nuova politica che parta dalle grandi città del mondo per rendere le nostre società più prospere perché più giuste e più sostenibili.
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Come detto dal Sindaco Garcetti questa visione è presente negli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, nell’idea di una transizione ecologica e solidale europea, nel Green new deal del Sunrise movement e della Senatrice statunitense Alexandra Ocasio-Cortez, nella Green Economy delle città africane e così via. Serve una rivoluzione energetica, ambientale, economica, sociale e culturale che riunisca attori e soggetti diversi. Per questo motivo la compagine che si è trovata a Copenaghen per sostenere il Green new deal globale dei sindaci di C40 – da Ocasio-Cortez stessa agli attivisti di Fridays for Future, dai sindacalisti della Federazione internazionale dei lavoratori del trasporto (Itf) alle imprese più svariate, dai rappresentanti degli insediamenti informali del sud del mondo al Segretario generale delle Nazioni Unite – potrebbe davvero rappresentare una svolta concreta e fattuale nell’agire collettivo sul clima.
Inclusione ed equità
Il terzo motivo è aver messo l’inclusione e l’equità al centro della visione e dell’azione sul clima. La transizione ecologica deve essere giusta, altrimenti non sarà. Questo molti sindaci di C40 lo hanno capito. Per esempio, come detto molto eloquentemente da António Guterres durante il Summit di Copenaghen, è indubbiamente vero che le rinnovabili producono ormai più lavoro dell’industria del carbon fossile, ma resta che non è facile spiegarlo a un minatore e alla sua famiglia. Inoltre il cambiamento del clima sta già oggi impoverendo ancora di più le persone più povere, creando nuovi profughi, acuendo e inasprendo le discriminazioni e le disuguaglianze esistenti.
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Per questo è cosi importante mettere in campo politiche ambientali che portino benefici a tutte le fasce della popolazione, politiche sociali per le persone maggiormente colpite dagli impatti della crisi climatica (i bambini, gli anziani, le fasce economicamente più deboli e più discriminate) e maggiori investimenti sull’educazione e la formazione professionale. Alla fine del Summit, un giornalista ha chiesto ad una giovane militante di Fridays for Future di Santiago del Cile cosa chiedesse ai sindaci presenti in sala e lei ha risposto con una sola frase: agite sul clima in modo inclusivo ed equo e Fridays for Future vi seguirà.
Il tempo dell’azione è in corso
C’è ancora moltissimo da fare, e niente di quello che si vede oggi è sufficiente. Tuttavia, come detto dal Sindaco Garcetti a chiusura del summit: “Il tempo delle promesse è finito. Quello dell’azione è già in corso. Stiamo combattendo per niente di meno che il nostro diritto a vivere, il nostro diritto a prosperare, e il nostro diritto a lasciare un mondo migliore per i nostri figli e i nostri nipoti. Se ci uniamo adesso – se realizziamo un Green new deal globale e facciamo di questa decade quella dell’agire – allora so che ci riusciremo”.
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