La produzione di caffè in Brasile è messa in ginocchio da siccità e gelate. In Vietnam invece gli ostacoli vengono dai lockdown per il Covid-19. Intanto il prezzo dei chicchi si impenna.
Il Vietnam non riesce più a esportare caffè ai ritmi di un tempo e questo si sta traducendo in un aumento vertiginoso dei suoi prezzi. Il paese del Sudest asiatico è il secondo produttore ed esportatore a livello globale di chicchi, ma un’impennata dei casi di Covid-19 e il duro lockdown introdotto dal governo stanno limitando notevolmente il commercio, già difficoltoso in questi mesi di pandemia.
Anche l’altro grande produttore mondiale di caffè, il Brasile, si trova in difficoltà: siccità e gelate come non se ne vedevano da decenni hanno messo in ginocchio i produttori, l’offerta è limitata e i prezzi sono ai massimi da tempo. Il futuro del caffè come bene tra i più consumati al mondo è, quindi, a rischio.
I chicchi del Vietnam fermati dal lockdown
Il Vietnam si trova nel bel mezzo di una nuova, violenta ondata di Covid-19. La curva sale da luglio a causa del dilagare della variante Delta ma è nelle ultime settimane che la situazione è peggiorata drasticamente. I decessi giornalieri hanno superato quota 700, i contagi quotidiani sono arrivati a 15mila e i dati continuano a crescere senza sosta. Questo ha convinto il governo a introdurre un lockdown molto stringente, di quelli che eravamo abituati a vedere nel corso del 2020: divieto di uscire di casa, esercito nelle strade per controllare il rispetto delle regole, ma anche per consegnare alimenti e medicine nelle case.
Questo sta avendo un impatto pesante sull’economia del paese e tra i settori più in difficoltà c’è quello agroalimentare del caffè. Il Vietnam è il secondo produttore ed esportatore al mondo di chicchi, ma il primo nella sua specialità, la varietà più amara Robusta. Le limitazioni agli spostamenti stanno rallentando le attività agricole nelle campagne, per molti lavoratori è impossibile raggiungerle e i campi restano allora deserti. A risentire pesantemente della situazione è anche il trasporto del prodotto, recarsi nella città di Ho Chi Minh, principale hub di esportazione del caffè, è molto difficile e anche una volta arrivati quel che ci si trova davanti è una città fantasma. A tutto questo si aggiungono infine le problematiche a livello di trasporto marittimo globale, tra porti stracolmi di merce da spedire e scarsa offerta di navi cargo disponibili, che si traducono in una crescita esponenziale dei prezzi di spedizione.
#Vietnam is the leading exporter of robusta #coffee, used for instant coffee as well as for some espresso blends. The sharp rise in Covid-19 infections and a shortage of vaccines have caused the government to impose travel curbs in producing areas. #commodities via @EmikoTerazonohttps://t.co/oyDBfEuQR0
La conseguenza è che la distribuzione di caffè vietnamita nel mondo scarseggia e che i suoi prezzi si stanno impennando: in poche settimane questi sono aumentati del 50 per cento rispetto all’inizio del 2021. I produttori locali hanno fatto sentire la loro voce al governo tramite la Vietnam coffee-cocoa association, chiedendo una mano istituzionale per risollevare un settore in profonda crisi. Il ministro dei trasporti, Nguyen Van The, ha chiesto alle autorità locali di facilitare il trasporto dei chicchi, un’esortazione per ora rimasta solo sulla carta.
I cambiamenti climatici contro il caffè brasiliano
Dall’altra parte del mondo, in quel Brasile che è il primo produttore di caffè al mondo in senso assoluto (soprattutto varietà Arabica) con il 30 per cento di chicchi con il suo marchio, la situazione non è migliore rispetto al Vietnam, ma per motivi differenti.
I cambiamenti climatici, sotto la forma di eventi estremi e maggiore variabilità delle condizioni meteorologiche, hanno messo in ginocchio la produzione in molte aree. A pesare sono state soprattutto la siccità, ma anche le gelate fuori stagione che non si vedevano in questa misura da decenni. Ora nuove problematiche stanno arrivando dall’uragano Ida, con un rallentamento delle spedizioni a causa della chiusura di hub internazionali molto importanti per il caffè brasiliano come il porto statunitense di New Orleans.
Le conseguenze sono negative sia lato prezzi che vendite. I primi sono saliti a livelli che non si vedevano da sette anni, mentre per quanto riguarda le esportazioni “ci sono grandi preoccupazioni che non si riesca a trasportare il caffè fuori dal paese”, ha sottolineato un analista finanziario. Intanto molte società internazionali vedono i loro bilanci risentire di questa situazione. La società dietro la catena americana Folgers e Dunkin’ coffeeha registrato un calo del 17 per cento dei suoi profitti trimestrali e da qui è sorta la decisione di aumentare i prezzi di vendita. Altri come Starbucks hanno contratti di acquisto con i prezzi bloccati su più anni, nel suo caso il 2022, ma se la crisi del caffè dovesse continuare nei prossimi mesi finiranno per risentirne lo stesso. Il rischio è che nel lungo termine si possa avere una carenza di caffè a livello globale e una sua trasformazione in bene di lusso.
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