Continua l’inesorabile declino della produzione di carbone in Europa. A rivelarlo sono gli ultimi dati diffusi da Eurostat, che mostrano come nel 2019 siano state prodotte 65 milioni di tonnellate di carbon fossile nell’Europa a 27, ovvero il 77 per cento in meno rispetto alle 270 milioni di tonnellate del 1990. Solo due rimangono i paesi produttori, la Polonia (col 95 per cento, 61,6 milioni di tonnellate) e la Repubblica Ceca (5 per cento, 3,4 milioni di tonnellate).
Ridotti anche i consumi, impiegati per lo più per la produzione di energia elettrica e calore. Dopo un forte calo e una breve ripresa tra il 2008 e il 2011, i consumi hanno continuato a diminuire. Nel 2019, il consumo di carbone è stato del 55 per cento inferiore ai 390 milioni di tonnellate nel 1990, attestandosi intorno alle 179 milioni di tonnellate.
La Germania rimane il maggior consumatore di carbone
Nel 1990 erano ancora 13 gli Stati membri che producevano carbon fossile. Rispetto al 2012, che è stato l’ultimo picco produttivo con 123 milioni di tonnellate, c’è da sottolineare come sia la Polonia che la Repubblica Ceca ne han ridotto la produzione, rispettivamente del 22 per cento e del 70 per cento.
Did you know that in 2019 two Member States produced hard coal: 🇵🇱 Poland (61.6 million tonnes) and 🇨🇿 Czechia (3.4 million tonnes) ❓
Tra i grandi consumatori, la Germania rimane ai primo posti sia per quanto riguarda la lignite che il cosiddetto “hard coal”. Resta il fatto che le rinnovabili in Germania hanno coperto il 44 per cento della domanda nei primi mesi del 2020, mentre il carbone si attesta intorno al 28 per cento.
La roadmap al 2030 dell’Europa
Secondo uno studio del gruppo di lavoro Agora Energiewende e intitolato “European Energy Transition 2030: The Big Picture” gli attuali obiettivi climatici europei richiedono che il consumo di carbone sia ridotto di due terzi entro il 2030, ovvero di circa 118 milioni di tonnellate nei prossimi dieci anni. Inoltre, la quota di energia rinnovabile nel mix energetico dell’Ue dovrà raddoppiare entro il 2030, per sostituire questi combustibili fossili.
“I dati Eurostat confermano una tendenza in essere in Europa, e non solo, da decenni: le miniere di carbone sono residuali, e sono concentrate nei paesi dell’Est, in particolare Polonia e Repubblica Ceca. Merito della transizione energetica e merito anche delle opportunità di lavoro, ormai ben salde in altri settori, in particolare quelli della Green Economy che si sono dimostrati anti-ciclici”, spiega a LifeGate Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia. “Importante per il vecchio continente è stato anche il funzionamento del sistema di scambio delle emissioni (Ets) che sta dimostrando una vitalità notevole dopo le correzioni apportate e che potrebbe averne ancor di più se si stabilisse un prezzo minimo del carbonio. Non piangiamo di certo per la fine di un combustibile fossile che ha provocato – e ancora provoca, visto che comunque, pur limitatamente si importa e si brucia ancora – un impatto devastante sulla salute di milioni di persone e danni enormi al clima e all’ambiente. Piuttosto, dobbiamo senz’altro sostenere la transizione, giusta ma molto più celere, anche in quei paese che ancora faticano ad attuarla”.
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