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California, cosa è successo nel parco nazionale del Joshua Tree durante lo shutdown
L’area protetta è rimasta chiusa pochi giorni, durante i quali alcuni alberi protetti, simbolo del parco, sono stati abbattuti.
Da ventisei giorni negli Stati Uniti prosegue il cosiddetto shutdown, lo “spegnimento”, ovvero la chiusura dei servizi non essenziali del governo dovuta allo scontro politico sulla legge di bilancio. Questo stallo, provocato dal mancato accordo su come stanziare i fondi per l’anno fiscale successivo, influisce su diverse attività del governo federale statunitense, come le agenzie di ricerca e i parchi nazionali. Proprio a causa dello shutdown, il più lungo della storia americana, il parco nazionale del Joshua Tree, in California, è rimasto chiuso per numerosi giorni, a partire dal 2 gennaio. Durante la chiusura, resasi necessaria a causa di problemi igienici derivanti dall’assenza di personale, numerosi volontari hanno contribuito a tenere pulite le aree dedicate ai campeggi e i servizi e svuotando i bidoni, ma purtroppo ci sono stati anche visitatori decisamente meno civili, che hanno abbattuto alcuni alberi di Joshua (Yucca brevifolia), da cui il parco californiano prende il nome.
Vandali nel parco
Secondo quanto riferito dai responsabili dell’area protetta, alcune persone avrebbero infatti campeggiato in aree in cui non è consentito e danneggiato degli alberi di Joshua per aprire nuove strade, la cui conservazione è minacciata dai cambiamenti climatici che stanno alterando l’ecosistema del parco. “Mentre la stragrande maggioranza di coloro che visitano il Joshua Tree lo fa in modo responsabile, ci sono stati alcuni incidenti, come la creazione di nuovi passaggi creati dagli automobilisti e la distruzione di alcuni alberi di Joshua”, ha spiegato in un comunicato il portavoce del parco, George Land.
Il parco riapre
In seguito a questi incidenti e all’impossibilità di sorvegliare adeguatamente l’area protetta che si estende su oltre 3.200 chilometri quadrati, Land aveva inizialmente annunciato che il parco sarebbe rimasto chiuso fino al termine dello shutdown. Pochi giorni dopo un portavoce del National parks service, Mike Litterst, ha invece fatto marcia indietro dichiarando di aver evitato la chiusura sfruttando fondi stanziati dal Federal land and recreation enhancement e che i campeggi e le aree di sosta sarebbero stati riaperti giovedì.
There may not be much daylight today, but we’re okay with that. Happy #WinterSolstice everyone! #FindYourPark pic.twitter.com/Hw1WiFGAyS
— Joshua Tree NPS (@JoshuaTreeNPS) 22 dicembre 2018
Un fragile paradiso di sabbia e cactus
Il parco nazionale del Joshua Tree, che attira ogni anno oltre 2,8 milioni di visitatori, nasce dall’incontro tra il deserto del Colorado e deserto del Mojave. Questa vasta area apparentemente inospitale racchiude un enorme fascino, sia naturalistico che culturale, è infatti considerata sacra dai nativi americani. Qui è possibile ammirare antiche formazioni rocciose scolpite dagli agenti atmosferici oltre cento milioni di anni fa, numerose specie animali, tra cui uccelli e rettili endemici, e, naturalmente, gli alberi di Joshua, o alberi di Giosuè, da cui il parco prende il nome.
Le conseguenze sull’ecosistema
I danni inflitti alla vegetazione e agli ecosistemi del parco durante la sua chiusura, la cui entità è ancora in fase di valutazione, potrebbero avere gravi conseguenze secondo gli esperti. “È un ambiente incredibilmente fragile che richiede molto tempo per svilupparsi e che avrà bisogno di molto tempo per guarire”, ha affermato David Lamfrom, direttore del programma per la conservazione della fauna selvatica della National parks conservation association.
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