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In Canada ci è voluta una class action per sancire un diritto basilare: gli abitanti delle Prime nazioni hanno diritto all’acqua potabile.
Basta dare uno sguardo a una cartina geografica per notare quanto il Canada sia punteggiato di laghi. Più di 31mila quelli che hanno una superficie maggiore di 3 kmq; quelli più piccoli sono talmente tanti che è impossibile contarli. Con appena 37,5 milioni di abitanti, cioè uno striminzito 0,4 per cento della popolazione mondiale, l’immenso paese del nord America detiene il 7 per cento delle riserve globali di acqua dolce. Eppure ci è voluta una lunga battaglia legale, conclusasi con un patteggiamento miliardario, per sancire un diritto basilare: anche le comunità indigene delle Prime nazioni hanno diritto all’acqua potabile, sana e sicura. A raccontare la vicenda è il quotidiano britannico Guardian, che la sta seguendo da diversi mesi.
Nonostante il Canada sia così ricco di acqua dolce, al momento in 51 località è vietato bere acque di rubinetto perché contaminata da batteri, parassiti o residui industriali. Questo problema tocca da vicino soprattutto le Prime nazioni, cioè quei popoli indigeni che non sono inuit né metis e vivono soprattutto tra Ontario e Columbia Britannica. Una situazione che si trascina da decenni. Per la precisione, dal 1995 a Neskantaga, nel nord dell’Ontario; dal 1997 a Shoal Lake 40, in Manitoba. Emily Whetung, appena eletta come capo della Prima nazione di Curve Lake, ha 34 anni e non ha mai potuto bere l’acqua di rubinetto. In un territorio che, come suggerisce il nome, è circondato da laghi su tre lati.
Molti di questi territori sono remoti e possono essere raggiunti soltanto in aereo. A livello logistico, quindi, installare impianti di depurazione è tutt’altro che facile. Nel 2015, durante la campagna elettorale per la sua candidatura a primo ministro, Justin Trudeau aveva fatto una promessa altisonante: portare acqua potabile alle cento comunità delle Prime nazioni che ancora ne erano escluse. Da allora in una settantina di comunità il problema è stato risolto, ma ne mancano all’appello altre 32. Da qui la coraggiosa decisione delle comunità indigene: dare il via a una class action contro il governo federale.
La contesa giudiziaria si avvicina ora al termine. Il governo federale ha infatti siglato un patteggiamento dal valore complessivo di 8 miliardi di dollari canadesi, pari a 5,6 miliardi di euro. I dettagli potrebbero essere leggermente modificati, perché devono essere avallati dalla corte. Per ora il piano stanzia 1,5 miliardi di dollari canadesi a favore di 142mila cittadini indigeni; l’ammontare preciso dei singoli risarcimenti verrà calcolato in base a quanto è remoto il paese in cui vivono, a quanto tempo è passato senza la fornitura di acqua potabile e all’insorgenza di problemi di salute legati alla scarsa qualità dell’acqua. Dopodiché, il governo ha istituito un fondo da 400 milioni di dollari canadesi a favore delle Prime nazioni e ha stanziato altri 400 milioni l’anno per assicurare l’accesso all’acqua potabile.
Colmando così un grossissimo limite su cui anche il revisore dei conti canadese aveva puntato il dito, sottolineando le lungaggini nei lavori. “Sono molto preoccupata e onestamente scoraggiata dal fatto che questo problema di vecchia data non sia ancora stato risolto”, ha dichiarato ai giornalisti il revisore dei conti Karen Hogan. “L’accesso all’acqua potabile sicura è una basilare necessità dell’essere umano. Credo che nessuno possa mai affermare che una situazione simile sia accettabile in Canada nel 2021”.
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