Le temperature record registrate in India e Pakistan hanno compromesso i raccolti di mango mettendo a rischio il reddito dei piccoli agricoltori.
L’India revoca l’autonomia al Kashmir, i possibili scenari
Si teme per la stabilità del Kashmir, conteso da India e Pakistan. Il governo di estrema destra di Narendra Modi ne ha cancellato l’autonomia dopo 70 anni.
Una linea su un articolo della Costituzione è bastata il 5 agosto 2019 per cancellare l’autonomia del Kashmir indiano. Dopo due guerre e un conflitto più breve con il Pakistan, che controlla l’altra metà del territorio kashmiro, il governo indiano ha compiuto la sua mossa più drastica. Forte di un’ampia maggioranza ottenuta nelle ultime elezioni della primavera scorsa, ha osatFAro ciò che è stato impensabile in 70 anni di indipendenza della democrazia indiana. Con il premier Narendra Modi, rieletto per la seconda volta, si è varcata questa volta non la linea di frontiera con migliaia di soldati (come in passato), ma il punto – forse di non ritorno – di ciò che è permesso in una Repubblica federale.
Lo stato autonomo del Kashmir, a maggioranza musulmana soprattutto nella zona della valle omonima, è annesso. I membri di opposizione del Parlamento indiano protestano. Gli osservatori internazionali guardano con il fiato sospeso, anche se erano in allerta dal 2018, quando Modi aveva deciso di inviare Satya Pal Malik, un suo governatore, in Kashmir.
Da allora, il piccolo stato himalayano è di fatto controllato da Nuova Delhi.
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Cosa potrebbe accadere ora
In queste ore potrebbero aprirsi vari scenari, alcuni dei quali sinistri, se non distopici. Per decenni si è temuto che Pakistan e India, entrambe potenze nucleari, aprissero il più distruttivo dei conflitti. I vari gruppi guerriglieri kashmiri, separatisti e autonomisti (questi ultimi in misura minore e indebolita), si stavano già riorganizzando. Dal 1989, diversi gruppi di militanti – alcuni dei quali con il sostegno mai dichiarato di Islamabad – hanno condotto un’insurrezione a corrente alternata. Da allora il Kashmir è afflitto da una “guerra a bassa intensità”, che al di là dei tecnicismi ha causato un numero indecifrato di vittime fra gli insorti kashmiri, i soldati indiani, ma anche fra i civili. Entrambe le parti in conflitto hanno commesso abusi. Innumerevoli le sparizioni forzate. E dal 2016 una recrudescenza delle violenze, con l’uso di proiettili di gomma ad altezza uomo da parte dei militari indiani. Il 2018 è stato l’anno più sanguinoso dal 2009: oltre 400 morti sono stati in gran parte causati dalle forze di sicurezza indiane.
India’s move to strip Kashmir of special rights is likely to face legal challenges, experts say https://t.co/OLBJHI3Fgh pic.twitter.com/CJ5YYDUju6
— Al Jazeera English (@AJEnglish) August 6, 2019
Chi è Narendra Modi
Tuttavia, ripercorrendo la storia politica del primo ministro “falco” Narendra Modi e del suo partito di estrema destra, il Bjp, non sorprende questa azione drastica contro le richieste autonomiste del Kashmir. Narendra Modi è il politico che nel 2002, da governatore del Gujarat, è stato accusato di aver permesso (o non fermato) il massacro di duemila persone, in gran parte musulmani. Una delle pagine più nere dell’estremismo e del nazionalismo indù, base ideologica del partito Bjp. Nel febbraio 2002, infatti, fu incendiato un treno che trasportava dei pellegrini indù di ritorno da Ayodhya. Cinquantotto di loro morirono e seguirono tre giorni di violenze interreligiose. Si stima che furono uccise fino a duemila persone, la maggior parte mussulmane. Più o meno lo stesso numero di vittime che era stato provocato da gruppi di nazionalisti indù dieci anni prima, nel 1992, dopo che questi ultimi avevano distrutto la moschea di Babri Masjid che sorgeva proprio ad Ayodhya.
Abolito lo status speciale del Kashmir
Si può dire che la democrazia indiana, la più estesa al mondo, oggi debba fronteggiare la sfida più difficile. Dalla sua Costituzione il governo ha tolto anche l’articolo 35A che garantiva lo status speciale della regione kashmira e definiva le condizioni dei “residenti permanenti”. Senza di esso, qualsiasi cittadino indiano potrà trasferirsi nel Jammu e Kashmir, acquistare terreni, avviare attività economiche. Molti temono un ripopolamento guidato della regione con cittadini indù. Più volte le trattative di pace fra India e Pakistan sono ripartite. Si spera che lo stallo tragico in cui sono tenuti milioni di civili kashmiri si sblocchi nuovamente in direzione di una soluzione pacifica. Intanto, altre migliaia di soldati indiani sono stati spiegati in una delle aree più militarizzate al mondo. Ai turisti, soprattutto indiani che ancora si recano nel paradiso montagnoso asiatico, è stato ordinato di andarsene. Due ex premier del Kashmir indiano, Mehbooba Mufti e Omar Abdullah, sono stati messi agli arresti domiciliari. Nel distretto di Srinagar tutto è fermo e chiuso. Ed ora, mentre scriviamo, tra black out e restrizioni di movimento, il buio notturno ha avvolto la valle kashmira prima del solito.
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