Il capriolo sta diventando una specie a rischio. I motivi? L'invasione urbana, i pericoli stradali, la caccia. In una parola: l'uomo.Scopri di più nell'articolo su https://www.lifegate.it/capriolo-italia
Il capriolo è un ospite abituale del territorio italiano. Questi ungulati, in primavera, si possono scorgere nei prati, vicino ai torrenti di montagna, nei vasti declivi collinari appenninici. Veloci, timidi, refrattari al contatto, ma consapevoli della vicinanza dell’essere umano e delle sue abitudini, sono uno dei simboli più noti dell’iconografia animalista. Ma questa specie, purtroppo, sta iniziando a diminuire nel territorio per una serie di motivi. E, alcune volte, la loro presenza coincide con incidenti più o meno gravi, come quello che ha visto recentemente coinvolto un motociclista di 71 anni in Trentino. Cerchiamo, quindi, di capire di più sulla vita di questo splendido animale che rappresenta un’icona perenne nell’immaginario collettivo.
Il timido capriolo e la sua diffusione
Il capriolo è uno degli ungulati italiani selvatici più comuni in Europa. Tra le caratteristiche della specie c’è proprio quella di adattarsi a vivere sia in spazi naturali che in quelli dove la nostra presenza è più tangibile, suo malgrado. Le sue principali zone di diffusione, il suo areale, sono le pianure, i rilievi collinari o le montagne poco elevate, caratterizzate spesso da scarso innevamento. Il capriolo è presente ovunque nel nostro paese tranne che in Sardegna e in Sicilia, regioni in cui era stato fatto un tentativo fallimentare di introduzione. Si ritiene, infatti, che la popolazione sia totalmente scomparsa sulle isole.
Nel 1758Carl Nilsonn Linneo classificò il capriolo (Capreolus capreolus) come appartenente all’ordine degli artiodattili della famiglia dei cervidi (cioè “animali da palchi pieni e rinnovabili annualmente”, recita la definizione), definendone morfologicamente e geograficamente la popolazione europea. Nel 1925 venne descritta una sottospecie che oggi si localizza prevalentemente nel Gargano, nelle zone vicino a Siena e nel grossetano. “Similmente a quanto accaduto ad altri ungulati selvatici, la crescente antropizzazione delle zone rurali nel passaggio tra l’età moderna e quella contemporanea, ha evidenziato una progressiva e marcata diminuzione sia numerica sia di areale dei caprioli”, spiegano gli esperti di Eliante.
Come stanno i caprioli, la parola all’esperto
Sullo stato attuale di questi ungulati in Italia interviene il biologo Mauro Belardi: “Il capriolo si trova in una recente fase di moderato declino demografico. Non bisogna però dimenticare che, come tutti gli ungulati, ha avuto negli ultimi decenni un incremento netto, causato da cambiamenti nell’uso antropico del territorio e a ripopolamenti venatori. La specie soffre certamente della grande avanzata del cervo (soprattutto in montagna) e del cinghiale (in pianura e collina), suoi diretti competitori. Localmente teme anche l’aumento del daino. Mentre la convinzione di una parte del mondo venatorio che sia il lupo la causa di questo trend negativo, non sembra avere particolare giustificazione. Il grande predatore può essere limitante su popolazioni molto piccole e può portare a modifiche di comportamento e utilizzo dello spazio, ma non è una causa importante del declino dei caprioli. Ed è basilare, comunque, sottolineare come il primo periodo di grande crescita demografica sia stato seguito dallo sviluppo di alcune patologie densità-dipendenti a carico di questi ungulati, come è normale che sia nell’evoluzione biologica delle specie”.
Un segno, questo, della volontà della natura di porre un argine a uno sviluppo demografico importante? “Al momento l’habitat elettivo per il capriolo – continua Belardi – sono le pianure agricole non eccessivamente antropizzate e la fascia collinare e montana che va fino a 700 metri di altitudine. In questi contesti l’ungulato va incontro ad alcuni problemi tipicamente antropici come l’investimento automobilistico o la predazione da parte di cani non custoditi, ma soffre anche parzialmente l’abbandono di pratiche di forestazione sostenibili e di coltivazione di prati a sfalcio, che portano alla scomparsa di radure ed aree ecotonali. Un eventuale influenza negativa sulle popolazioni di caprioli dei cambiamenti climatici è ancora in una fase di studio”.
In ultima analisi l’impressione è che nell’ecosistema sia in corso un complesso adattamento e che nuovi equilibri si raggiungeranno presto fra le specie. L’espansione degli ungulati, sia naturale sia guidata da ripopolamenti venatori, e il ritorno dei predatori all’apice della catena trofica, sono fenomeni ancora relativamente recenti e buona parte degli effetti complessivi di questa rinnovata complessità ecologica saranno ancora da osservare nei prossimi anni.
Le cause del declino del capriolo in Italia
In natura il capriolo è una presenza discreta, ma costante. Osservarlo non è raro, e costituisce sempre un’esperienza affascinante. Rispetto al biennio 2009-2011, nel quale risultavano censiti più di 100 mila capi in tutta l’Emilia-Romagna, negli ultimi anni si è assistito a una graduale diminuzione (nel 2017-2018 sono stati censiti quasi 83mila soggetti), secondo l’osservatorio Val d’Enza che conferma il calo costante nei territori emiliani. Le possibili cause sono molteplici:
la competizione alimentare con i cervi, quando gli ambienti risultano omogenei;
l’offerta alimentare poco differenziata;
gli scontri con i daini;
la predazione da parte dei lupi;
gli investimenti stradali;
le variazioni e la distruzione degli habitat.
I problemi principali legati alla presenza del capriolo sono, comunque, fondamentalmente due, ovvero l’incidentalità stradale e i danni alle colture. Il territorio della val d’Enza è attraversato da diverse reti viarie, spesso molto trafficate, perciò, nel corso del tempo si è assistito a un notevole incremento dei sinistri stradali che, naturalmente, coinvolgono anche i caprioli. In Italia scarseggiano i corridoi faunistici, presenti invece in altri paesi europei. In queste zone, lungo alcuni tratti a elevato rischio di collisioni, sono stati installati alcuni sistemi di prevenzione, come dissuasori ottici e acustico/visivi sui paracarri siti nelle vicinanze dei punti di attraversamento utilizzati dalla fauna selvatica, che hanno ridotto molto il numero degli incidenti. Per quanto riguarda i danni alle colture, poi, essendo il capriolo un brucatore selettivo, l’ungulato potrebbe causare danni ai germogli delle giovani piantine e provocare la distruzione degli apici vegetativi. In alcune occasioni, potrebbero verificarsi degli scortecciamenti sia a scopo alimentare, sia comportamentale, come azione legata alla marcatura del territorio, quelli che gli studiosi definiscono fregoni. Sui cereali, il capriolo sembra non produrre danni rilevanti da un punto di vista economico. E non risultano a oggi problematiche inerenti la vicinanza alle abitazioni o la presenza di soggetti confidenti.
Il capriolo, a ogni modo, è oggetto di caccia con prelievo in forma selettiva. In Emilia-Romagna, per esempio, è in vigore la deliberazione n. 826 del 22 maggio 2023, Piano di prelievo del capriolo stagione venatoria 2023/2024, in forza della quale nelle province di Parma e di Reggio Emilia è stato previsto l’abbattimento di 3.077 soggetti nel parmense e 1.833 capi nel reggiano. Spiegano gli esperti che la pianificazione delle azioni gestionali per il capriolo definisce tre comprensori, denominati: 1, 2 e 3; nel comprensorio 1, che non prevede obiettivi conservativi, il prelievo venatorio deve tendere alla massima riduzione numerica possibile della consistenza di questa specie. Questo significa che, perché la densità obiettivo è uguale a 0, se in questo comprensorio risultano presenti 20 caprioli, il numero di capi prelevabili sarà pari a 20, indipendentemente dalla loro classe d’età e di sesso.
Questo dal punto di vista legislativo. Ma possiamo però difendere i caprioli in altro modo. Innanzitutto, prestando particolare attenzione quando guidiamo, per evitare impatti. E stando attenti quando si operano sfalci e tagli meccanizzati del foraggio, un’altra delle principali cause di mortalità di questi animali. In caso di ritrovamento, poi, i cuccioli di capriolo non devono essere né toccati, né prelevati. Essi sfruttano il mimetismo come strategia difensiva, nascondendosi nell’erba alta in attesa che la madre ritorni da loro dopo essersi nutrita. Si tratta di un avvertimento importante in questo tempo di nascite che deve essere ricordato sempre, soprattutto durante gite ed escursioni in zone collinari o montane.
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