Ci sono imprese che si sono attivate per abbattere le proprie emissioni, ma preferiscono non comunicarlo. Un fenomeno che prende il nome di greenhushing.
Cos’è il carbon budget e quanta CO2 possiamo ancora emettere se vogliamo salvare il clima
Se vogliamo contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi, la CO2 che possiamo emettere è limitata. È il carbon budget.
Sappiamo che le emissioni di gas serra dovute alle attività umane (dall’energia ai trasporti, dall’industria agli allevamenti) stanno facendo marciare il riscaldamento globale a livelli che minacciano l’equilibrio del nostro Pianeta così come l’abbiamo conosciuto. Ma esattamente, quando raggiungeremo il limite? L’Unione europea e gli Usa di Joe Biden promettono di azzerare le emissioni nette entro il 2050, la Cina entro il 2060: nell’attesa che si compia questa transizione epocale, quanta CO2 possiamo ancora emettere in atmosfera senza compromettere definitivamente il futuro del clima? Per dare una risposta a tutte queste domande gli esperti hanno coniato un indicatore ad hoc, chiamato carbon budget.
Cosa significa carbon budget
Il carbon budget, che in italiano potremmo tradurre come “bilancio di CO2”, è la quantità di CO2 che l’umanità può ancora emettere per avere una chance di contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, come auspica l’Accordo di Parigi sul clima. Per riprendere una metafora proposta dai Fridays for future, la nostra atmosfera è un po’ come una vasca da bagno: se vogliamo evitare che si riempia del tutto e ci allaghi la casa, dobbiamo chiudere il rubinetto.
In realtà il nostro Pianeta può contare su alcuni serbatoi naturali, cioè le foreste e gli oceani, che però non riescono più a stare al passo con il ritmo a cui riversiamo gas serra in atmosfera. Nello specifico, nel decennio 2010-2019 gli ecosistemi terrestri hanno assorbito 12,5 gigatonnellate di CO2 all’anno e gli oceani 9,2 gigatonnellate. I dati sono riportati dal Global carbon project. Nel 2020 questi due immensi serbatoi hanno compensato il 54 per cento della CO2 emessa, ma c’è da dire che è stato un anno molto particolare. Secondo le stime più accreditate, infatti, le misure di contenimento della pandemia da coronavirus hanno fatto crollare le emissioni globali del 7 per cento.
Quanta CO2 possiamo ancora emettere
Gli scienziati hanno fatto diversi calcoli per capire qual è il carbon budget che l’umanità ha ancora a disposizione. Il think tank Mcc, basandosi sui dati del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), dice che a partire dalla fine del 2017 ci restano al massimo 420 gigatonnellate di CO2 per mantenerci entro gli 1,5 gradi, cioè 42 gigatonnellate all’anno (o 1.332 tonnellate al secondo).
Il problema però sta nel fatto che nel 2019, alla vigilia della paralisi dovuta al coronavirus, ne sono state emesse ben 52,4. Lo sostiene l’Emissions gap report delle Nazioni Unite. Anzi, conteggiando anche quelle legate ai cambiamenti nell’uso del suolo (deforestazione in primis), arriviamo a 59,1. Andando avanti di questo passo, alla fine del 2027 avremo già bruciato tutto il budget che ci permette di restare entro gli 1,5 gradi e nel 2045 quello che ci mantiene entro i 2 gradi. L’Mcc ha pubblicato un vero e proprio countdown, il Carbon clock.
Il celebre report Sr15 dell’Ipcc è più ottimista perché afferma che, dal 2020 in poi, possiamo ancora emettere 495 gigatonnellate di CO2. Così facendo però abbiamo soltanto il 50 per cento delle probabilità di centrare l’obiettivo degli 1,5 gradi centigradi. “Forse il 50 per cento può essere accettabile per voi. Ma questi numeri non includono i punti critici, i cicli di retroazione, l’ulteriore riscaldamento nascosto dall’inquinamento tossico dell’aria o gli aspetti di giustizia ed equità”, ha tuonato Greta Thunberg al Climate action summit a New York il 23 settembre 2019. “Questi numeri si basano anche sul fatto che la mia generazione e quella dei miei figli toglieranno dall’aria centinaia di miliardi di tonnellate della vostra CO2 con tecnologie che a malapena esistono. Quindi il 50 per cento del rischio per noi semplicemente non è accettabile, noi che dobbiamo vivere con le conseguenze”.
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