A dirlo è il nuovo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia. La produzione di carbone deve diminuire di circa un terzo tra il 2021 e il 2030.
L’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) ha pubblicato un nuovo rapporto dedicato al carbone in occasione della Cop27.
Entro il 2050, il consumo di carbone deve diminuire del 90 per cento.
Se lasciassimo che le centrali più giovani arrivino alla fine del loro ciclo di vita, avremmo più emissioni di tutte quelle generate finora.
Il nuovo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), pubblicato in occasione della Cop27, è un appello per un’azione politica immediata che mobiliti il più rapidamente possibile massicci finanziamenti verso le energie pulite alternative al carbone per una transizione energetica conveniente ed equa, soprattutto nelle economie emergenti e in via di sviluppo.
Il documento Coal in net zero transitions: strategies for rapid, secure and people-centred change fornisce un’analisi completa di ciò che sarebbe necessario fare nell’immediato per abbattere le emissioni globali generate dal carbone, sostenendo al contempo la sicurezza energetica e la crescita economica e affrontando le conseguenze sociali e occupazionali dei cambiamenti richiesti.
Lo scenario considerato nel rapporto dalla Iea è quello più ottimistico: raggiungere il traguardo delle emissioni nette zero entro il 2050, l’unica possibilità per limitare l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi.
L’utilizzo di carbone deve diminuire del 90 per cento entro il 2050
Il carbone è ancora la fonte più usata al mondo per la generazione di elettricità e il suo consumo è ancora concentrato per la maggior parte in paesi che si sono impegnati a raggiungere le emissioni nette zero.
Lungi dal diminuire, la domanda globale di carbone è rimasta stabile a livelli quasi record nell’ultimo decennio. Se non si interviene subito, scrive l’Iea, le emissioni degli impianti esistenti farebbero, da sole, spingere il mondo ben oltre il limite dei 1,5 gradi.
In uno scenario in cui gli attuali impegni nazionali per il clima vengono rispettati in tempo e per intero, la produzione delle centrali a carbone esistenti a livello globale deve diminuire di circa un terzo tra il 2021 e il 2030, con il 75 per cento di tale energia sostituita da solare ed eolico. Entro il 2050, il consumo di carbone deve diminuire del 90 per cento.
Now live! Our @E3G analysis on the current state of progress towards the world's last ever coal power station being built. #NoNewCoal took off last year at #COP26, and there's been a lot of progress since then despite this year's energy chaos. #COP27 🧵1/ https://t.co/9tGUQlDCdy
In Cina e Sudafrica la transizione per uscire dal carbone sarà più impegnativa
Non esiste un unico approccio per ridurre le emissioni di carbone, anzi è essenziale una gamma di approcci adattati alle circostanze nazionali, dice l’agenzia. Lo Iea coal transition exposure index evidenzia i paesi in cui la dipendenza dal carbone è più elevata e per questo le transizioni risulteranno più impegnative: tra queste spiccano Indonesia, Mongolia, Cina, Vietnam, India e Sudafrica.
Attualmente ci sono circa 9.000 centrali elettriche a carbone in tutto il mondo, che producono 2.185 gigawatt di capacità. Il loro profilo varia notevolmente a seconda della regione: negli Stati Uniti hanno una media di 40 anni, 15 nelle economie in via di sviluppo dell’Asia. E proprio queste ultime rappresentano un nervo scoperto: se lasciassimo che le centrali più giovani arrivino alla fine del loro ciclo di vita, avremmo più emissioni di tutte quelle generate finora.
I governi devono fornire incentivi alle rinnovabili
Condizione cruciale per ridurre le emissioni è smettere di aggiungere nuove risorse alimentate a carbone nei sistemi energetici. Nuovi progetti di centrali a carbone sono in costante calo nell’ultimo decennio, è vero, ma c’è il rischio che l’odierna crisi energetica favorisca il ritorno al carbone, soprattutto alla luce del fatto che circa la metà delle 100 istituzioni finanziarie che hanno sostenuto progetti correlati al carbone dal 2010 a oggi non hanno assunto impegni per limitare tali finanziamenti e un 20 per cento di loro ha assunto impegni relativamente deboli.
Il carbone è al riparo dalla concorrenza, grazie ai sussidi e ai finanziamenti a basso costo. In questo contesto, le fonti rinnovabili non ce la possono fare da sole, o perlomeno non possono aspettare che il mercato si riequilibri: i governi possono invertire la rotta fornendo incentivi ai proprietari di asset finanziari affinché si adattino alla transizione.
Una cosa in più di cui discutere alla Cop27, dove, come si legge nella bozza del documento finale che sta circolando, tutti sono d’accordo nel dire che è necessario accelerare il phase-down, ovvero la riduzione graduale, del carbone. Ma nessuno parla di phase-out, ovvero di un’interruzione netta. L’unica occasione in cui viene citato il phase-out, per adesso, è quando si parla di sussidi alle fossili. La speranza, quindi, è che almeno questo punto venga confermato.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.