Asia
- Phase-out entro il 2025: Israele
- Phase-out entro il 2050: Sri Lanka
Per quanto riguarda il continente asiatico, i paesi che hanno dichiarato di voler rinunciare al carbone sono ben pochi. Il più recente di questi è lo Sri Lanka, che ha sottoscritto il No new coal proposto dalle Nazioni unite.
Oltre a rinunciare a nuove centrali a carbone, lo stato insulare ha dichiarato di voler raggiungere la carbon-neutrality entro il 2050 e che entro il 2030 il 70 per cento della sua energia sarà prodotta da energie rinnovabili.
Bangladesh e Israele
C’è poi il Bangladesh che ha dichiarato di voler rinunciare alla costruzione di 10 centrali a carbone, puntando al 40 di elettricità da energie rinnovabili entro il 2041. Non si tratta quindi di un vero e proprio impegno alla decarbonizzazione totale ma la cosa interessante è che il governo di Dacca ha giustificato la scelta di rinunciare a nuove centrali a carbone riferendosi al crollo del prezzo delle rinnovabili, in particolare del fotovoltaico, e parallelamente dell’aumento del costo del carbone.
Più vago, invece, l’annuncio di Israele: nel 2019, il ministro dell’energia Yuval Steinitz aveva sostenuto che lo stato avrebbe decarbonizzato il proprio sistema energetico entro il 2025. Israele ha aderito anche alla Powering past coal alliance, ma a parte questi due impegni non ha prodotto ancora nulla di ufficiale.
La Cina rinuncia agli investimenti all’estero
L’Asia ospita il più grande produttore di carbone al mondo: la Cina. Qualche segnale è arrivato di recente quando il governo cinese, nel corso dell’ultima assemblea generale delle Nazioni Unite, ha annunciato che smetterà di finanziare la costruzione di centrali a carbone all’estero.
Benché abbia sviluppato notevolmente le fonti rinnovabili, la Cina continua a sfruttare entro i propri confini interni il combustibile fossile più dannoso in assoluto per il clima. Ma la notizia non può che essere accolta con favore, anche per le dimensioni in gioco: un quarto dei finanziamenti concessi dalla Cina per nuovi progetti di centrali a carbone riguardava cantieri previsti al di fuori del territorio della nazione asiatica. Tuttavia, per fronteggiare una pesante crisi energetica, Pechino ha chiesto di recente di aumentare la produzione da parte di oltre 70 miniere di carbone: una scelta contraddittoria e per nulla positiva per l’ambiente e per il clima.