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Cosa resta del Superbonus 110 per cento?

Il Superbonus “110 per cento” per la ristrutturazione degli immobili, introdotto nel 2020 durante il periodo pandemico, è stato come un uragano per l’economia italiana. La misura ha avuto un impatto su poco più dell’11 per cento del totale dei condomini italiani e su poco più del 4 per cento del totale degli edifici residenziali censiti in Italia, secondo quanto riportato nel dossier sull’aggiornamento dell’impatto del Superbonus curato dell’Osservatorio sulla finanza pubblica della Camera dei deputati e che fornisce elementi informativi in merito agli impatti del bonus 110 per cento (e del cosiddetto bonus facciate) sul quadro di finanza pubblica.

Dal 2020 a oggi, la disciplina è stata più volte modificata, in particolare, rimodulando l’importo della misura, con scadenze differenziate, in base al soggetto beneficiario. Per gli interventi effettuati, il beneficio spetta nella misura del 90 per cento per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, nella misura ridotta al 70 per cento per le spese sostenute nel 2024 e in quella ulteriormente ridotta al 65 per cento per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025. La detrazione era ripartita dagli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta dal 1gennaio 2022 ed è ora ripartita in dieci quote annuali di pari importo per le spese sostenute direttamente a partire dal periodo d’imposta 2024. Inoltre, a decorrere dal 17 febbraio 2023 non è più consentito l’esercizio dello sconto in fattura.

Circa la dimensione economica dell’utilizzo di tale misura, il Governo in una risposta a una interrogazione in VI Commissione alla Camera, il 9 aprile 2024, rilevava che l’ammontare dei crediti relativi ai bonus edilizi oggetto di cessione e sconto in fattura, rilevati a partire dal 15 ottobre 2020 al 4 aprile 2024, è pari complessivamente a circa 219 miliardi di euro (di cui 160,3 miliardi per il superbonus e sisma bonus e 58,7 miliardi per gli altri bonus previsti), con uno scostamento (ovvero una differenza non prevista) complessiva di 37,75 miliardi di euro rispetto alle previsioni iniziali.