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… e anche nei centri di accoglienza o di rimpatrio

Analogamente, l’articolo successivo, il numero 27, punisce chi promuove o partecipa a rivolte ” usando violenza, minacce o resistenza, anche passiva” anche nei Centri di trattenimento e di accoglienza per migranti, per esempio i famosi Cpr in cui vengono rinchiusi, fino a 18 mesi, quegli stranieri che spesso non hanno neanche commesso reati, ma semplicemente sono stati trovati senza documenti.  L’articolo introduice un nuovo reato, finalizzato a reprimere gli episodi di proteste violente da parte di questi “gruppi di stranieri irregolari” trattenuti nei centri di trattenimento ed accoglienza: si punisce chi, all’interno di queste strutture, promuove o partecipa a rivolte usando violenza, minacce o resistenza, anche passiva, agli ordini delle autorità.

Chi organizza o dirige una rivolta rischia da 1 a 6 anni di carcere, mentre chi vi partecipa può essere punito con pene che vanno da 1 a 4 anni. Se vengono usate armi durante la rivolta, la pena sale da 2 a 8 anni, e se qualcuno rimane ferito gravemente o ucciso durante o subito dopo la rivolta, la pena può arrivare fino a 20 anni di reclusione. Anche qui torna la criminalizzazione della protesta anche se passiva, dunque pacifica, e addirittura si crea una sorta di paradosso: se nell’ottiva del governo l’obiettivo dei Cpr infatti è quello di rimpatriare, mandar via dall’Italia, entro 18 mesi uno straniero, le pene previste otterranno invece l’effetto contrario, quelle di tenere lo straniero in Italia, a carico dello Stato italiano, ancora per diversi anni…
Non solo: l’articolo prevede anche la semplificazione delle procedure per creare, ampliare o ripristinare i centri di detenzione per migranti, con la possibilità di derogare a molte leggi, tranne quelle penali e antimafia.