Nella regione del Sahel, sconvolta da conflitti inter comunitari e dai gruppi jihadisti, 29 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.
Chi è Carola Rackete, la comandante della Sea Watch 3
“Ho sentito un obbligo morale di aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità”. Si descrive così Carola Rackete, la trentunenne tedesca che ha salvato 42 persone in mare e ora sfida le autorità.
L’ennesima odissea che si è consumata nelle acque del Mediterraneo nelle ultime due settimane ha un volto. Quello di Carola Rackete, la giovane comandante della nave Sea Watch 3, che ha avuto il coraggio di disobbedire alle autorità italiane pur di portare in salvo i 42 migranti a bordo, ormai ridotti allo stremo.
Cosa è successo alla Sea Watch 3
Due settimane fa la nave Sea Watch 3, dell’omonima ong, ha salvato 42 persone che erano a bordo di un barchino in avaria nelle acque del Mediterraneo, circa 47 miglia nautiche al largo di Zawiya, in Libia. Rifiutatasi di far sbarcare i migranti nel porto di Tripoli, perché non è possibile ritenerlo sicuro, la nave ha chiesto l’autorizzazione a sbarcare sia alle autorità di Malta sia a quelle di Lampedusa. In entrambi i casi, la risposta è stata negativa.
Così, dopo aver trascorso due settimane a tracciare una rotta impazzita mentre le condizioni delle persone a bordo diventavano sempre più critiche, Carole Rackete ha deciso di fare rotta sull’Italia ignorando l’alt della Guardia Costiera e fermandosi a tre miglia dal porto di Lampedusa. Nella mattina di giovedì 27 giugno Rackete ha sollecitato di nuovo le autorità italiane senza ricevere risposta e, nel primo pomeriggio, ha tentato di fare ingresso in porto.
? Aggiornamento dalla nave: la Guardia di Finanza è ancora a bordo e si attendono istruzioni.#SeaWacht3pic.twitter.com/DzTexpGS1v
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) 26 giugno 2019
Nelle ore successive le autorità portuali italiane hanno fatto scendere due migranti per motivi di salute, ma hanno continuato a negare l’autorizzazione allo sbarco. Attorno all’1:50 della notte tra venerdì 28 e sabato 29 giugno, Rackete ha preso l’iniziativa ed è entrata in porto, con una manovra che ha stretto contro la banchina una motovedetta della Guardia di Finanza. Le quaranta persone a bordo sono scese verso le 6 del mattino e sono state trasferite al vicino centro di accoglienza, mentre la comandante è stata arrestata con l’accusa di resistenza o violenza contro nave da guerra.
Chi è Carola Rackete
“La mia vita è stata facile, ho potuto frequentare tre università, a 23 anni mi sono laureata. Sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto, ho sentito un obbligo morale di aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità”. Intervistata dal quotidiano la Repubblica, Carola Rackete descrive così, con una semplicità quasi sconcertante, una scelta di vita decisamente più scomoda rispetto alla media dei suoi coetanei.
Il suo profilo Linkedin (l’unico social network che usa) conferma che la trentunenne tedesca ha conseguito una laurea in Scienze nautiche presso la Jade University of Applied Sciences, nella Bassa Sassonia, seguita da una laurea magistrale in Conservazione ambientale presso la Edge Hill University nel Lancashire (in Inghilterra), con una tesi sugli albatros. Oltre al tedesco, sua lingua madre, parla bene l’inglese e, a un livello più basico, anche il francese, il russo e lo spagnolo.
Nel 2011, ad appena ventitré anni, era ufficiale di navigazione per l’Istituto Alfred Wegener per la ricerca marina e polare. È stato il primo di sei diversi incarichi come ufficiale di bordo, inclusi sette mesi sulla Arctic Sunrise di Greepeace. Si è specializzata nelle regioni polari e nei progetti di tutela ambientale, nelle vesti sia di ricercatrice sia di educatrice.
La sua prima esperienza di volontariato risale al 2014, quando ha trascorso otto mesi nella regione della Kamchatka per supportare il team di ricerca scientifica, fare da guida per i turisti ed educatrice per i locali. Nel 2016 ha conosciuto Sea Watch, con un mese di volontariato per una missione di salvataggio al largo della Libia. A partire dal 2017 la collaborazione si è intensificata: oltre a coordinare le operazioni di ricognizione condotte dagli aerei Moonbird e Colibrì, ha preso parte a diverse missioni di soccorso ai migranti in mare.
A nessun Capitano si dovrebbe mai imporre il divieto di portare in salvo i naufraghi che ha soccorso in un porto sicuro.
L’Europa ci ha abbandonati, l’Italia erge muri, Lei fa il suo dovere.#SeaWatch pic.twitter.com/Umc5zbvj8z
— Giorgia Linardi (@giorgialinardi) 26 giugno 2019
Cosa rischiano Carola Rackete e la ong Sea Watch
L’articolo 1 del cosiddetto decreto sicurezza bis (decreto legge 14 giugno 2019, n. 53) prevede che il ministero dell’Interno possa “limitare o vietare l’ingresso il transito o la sosta di navi nel mare territoriale”, come appunto ha provato a fare nel caso della Sea Watch 3. In caso di inadempienza, continua l’articolo 2, è prevista una multa che va da 10mila a 50mila euro. Chi reitera le violazioni rischia il sequestro dell’imbarcazione.
C’è da dire che, considerato il clamore mediatico suscitato da questa vicenda, in queste ore migliaia e migliaia di persone hanno deciso spontaneamente di donare piccole e grandi somme alla ong. La campagna pubblicata nella piattaforma Produzioni dal Basso ha già superato i 45mila euro, mentre su Facebook sono già stati superati i 160mila. Importi, quindi, più che sufficienti per coprire l’importo dell’eventuale sanzione.
Le cose si complicano però sul versante penale, dove Carola Rackete rischia diverse accuse: rifiuto di obbedienza a nave da guerra (la cui pena massima è di due anni), resistenza o violenza contro nave da guerra (fino a dieci anni, per il codice della navigazione) e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per cui il Testo Unico sull’immigrazione prevede da uno a cinque anni di carcere e una multa di 15mila euro per ogni persona.
Foto in apertura © Sea Watch
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