Al termine della Carovana dei ghiacciai, Legambiente e il Comitato glaciologico italiano portano notizie preoccupanti sullo stato dei ghiacciai alpini.
Per i ghiacciai alpini il 2022 è stato un anno nero, in cui si sono mostrati sempre più fragili a causa della crisi climatica.
A fornire i dati aggiornati sono Legambiente e il Comitato glaciologico italiano nel report conclusivo della Carovana dei ghiacciai.
Tra gli episodi del 2022 che rimarranno nella memoria c’è senza dubbio la tragedia della Marmolada. Era il 3 luglio, e la temperatura in vetta segnava il suo record stagionale di oltre 10 gradi centigradi, quando un seracco di ghiaccio si è staccato bruscamente. Undici le persone morte, travolte dalla valanga. Non è stata soltanto una triste casualità. Il ghiacciaio della Marmolada nell’ultimo secolo ha perso più del 70 per cento in superficie e oltre il 90 per cento in volume e potrebbe sparire del tutto nell’arco dei prossimi quindici anni. È uno dei più celebri, ma non è il solo. Per i ghiacciai alpini il 2022 è stato un anno nero, un anno in cui si sono mostrati sempre più fragili, vulnerabili e instabili. E la colpa è della crisi climatica. A mettere nero su bianco i dati più aggiornati sono Legambiente e il Comitato glaciologico italiano nel report conclusivo della Carovana dei ghiacciai, la spedizione di monitoraggio in alta quota giunta alla sua terza edizione nel 2022.
Tra i sorvegliati speciali, il ghiacciaio Gran Paradiso
I dati precisi variano a seconda della zona, ma il fenomeno a cui si assiste è sempre lo stesso. I ghiacciai alpini arretrano; tra quelli più piccoli e a bassa quota, molti si riducono ad ammassi di neve fino a perdere il proprio status di ghiacciaio.
Nelle Alpi occidentali l’arretramento frontale si attesta su una media di 40 metri all’anno. Il report dedica un capitolo ad hoc al parco nazionale Gran Paradiso, in occasione dei suoi cent’anni di storia. Al suo interno i ghiacciai sono 57 e si estendono su una superficie complessiva di circa 29 chilometri quadrati; erano 88 a metà del 1800. Una deglaciazione significativa, dovuta soprattutto al fatto che la temperatura media estiva sia salita di oltre 2 gradi. “Il 2022 è stato l’anno peggiore mai documentato negli ultimi decenni di rilievi diretti, superando il caso record del 2003, ma probabilmente anche da secoli”, si legge nel report. “La deleteria combinazione tra un inverno eccezionalmente povero di neve e un’estate caldissima ha determinato la totale scomparsa della coltre nevosa con un mese e mezzo di anticipo rispetto a quanto avveniva nelle già negative stagioni recenti, e l’asportazione entro settembre di spessori glaciali dell’ordine di 4-6 metri a quota 3000 metri”. La fronte attiva del ghiacciaio del Gran Paradiso ha vissuto una regressione di circa 200 metri. Tra i sorvegliati speciali anche i ghiacciai Planpincieux e Grandes Jorasses in val Ferret, a rischio crolli.
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Spostandosi più a est si incontrano – tra gli altri – il ghiacciaio del Lupo, sul lato valtellinese delle Alpi Orobie, che solo nel 2022 nel suo bilancio di massa registra una perdita del 60 per cento rispetto a quanto perso in 12 anni. Oppure il ghiacciaio di Fellaria, in val Malenco, che in quattro anni ha perso quasi 26 metri di spessore. Ancora più est, nelle Alpi orientali, del ghiacciaio del Careser in val di Pejo resta pochissimo: la sua superficie si è ridotta dell’86 per cento. In controtendenza soltanto il ghiacciaio occidentale del Montasio: è vero infatti che nell’arco di un secolo ha perso il 75 per cento del suo volume e 40 metri di spessore, ma dal 2005 si è stabilizzato.
“Per i ghiacciai italiani, e non solo, il 2022 è stato l’annus horribilis, e la Carovana dei ghiacciai 2022 ha fotografato in modo chiaro la drammatica situazione delle nostre Alpi”, commenta Valter Maggi, presidente del Comitato glaciologico italiano. – La temperatura più elevata di sempre nel Nord Italia oltre ad una riduzione importante delle precipitazioni ha portato al drastico ritiro delle fronti glaciali e, con poche eccezioni, a bilanci di massa estremamente negativi. Questo è il quadro che emerge dalle misure effettuate dal Comitato glaciologico italiano su oltre 250 ghiacciai italiani, che non fanno altro che confermare una tendenza in atto da oltre cinquant’anni”.
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