Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
A casa degli scrittori, dove il comfort suggestiona la creatività
Dalle ricercatezze dandy ai dettagli nautici di una casa galleggiante, dagli insostituibili coinquilini a quattro zampe agli arredi di famiglia immortalati tra le pagine dei romanzi, le case incomparabili e personalissime degli scrittori testimoniano la continuità inestricabile tra vita e letteratura.
Che si tratti della “Camera con vista” di Forster o del “Giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani, della “Casa di bambola” di Ibsen o della “Stanza tutta per sé” celebrata da Virginia Woolf, la molteplicità di rimandi e connessioni fra testi letterari e luoghi abitati appare lampante perfino dai titoli. Per i professionisti della scrittura, a qualsiasi genere essa appartenga, il contesto domestico non rappresenta semplicemente il luogo fisico entro il quale viene svolta l’attività materiale dello scrivere, ma anche un duplice punto di riferimento immaginifico: la casa costituisce infatti una proiezione del mondo interiore dello scrittore che la arreda ma al tempo stesso un vero e proprio serbatoio di suggestioni e spunti per le sue creazioni letterarie.
La torre d’avorio del dandy
“Alla mia casa di Piazza di Spagna ho applicato un semplice e collaudato principio, ovvero il vuoto come arredamento e l’antico come citazione” esordisce Giuseppe Scaraffia, noto francesista, scrittore ed elzevirista che proprio alle privilegiate interazioni tra intellettuali o letterati e i loro feticci o beni di pregio ha dedicato rilevanti porzioni della sua attività romanzesca e saggistica. “Lavoro su una scrivania Impero”, racconta Scaraffia “circondato da oggetti come la maschera mortuaria di Pascal, oppure una serie di dipinti antichi tra i quali quello seicentesco raffigurante Dedalo che fa le prove delle ali a Icaro, l’arazzo delle favole di Florian regalatomi da mio padre o ancora uno specchio barocco, sotto il quale ho collocato l’Encyclopédie di Diderot. Tuttavia, accanto alla ricerca della pura e semplice piacevolezza di arredi e decorazioni, coesiste in me anche un’estetica proustiana, ovvero affettiva, identificabile nelle ‘cose brutte’ che tuttavia parlano”.
Dev’essere anche per questa ragione che l’autore di volumi di rara eleganza come “Dizionario del dandy” o “Torri d’avorio” declina a sorpresa il suo concetto di comfort: “Per me si identifica senz’altro in due semplici poltrone gemelle, entrambe foderate di bianco e in tutto e per tutto simili a quelle di Lenin immortalate nel celebre dipinto di Brodskij. Benché siano ormai malandate, mi sono sempre rifiutato di rischiare di alterarle facendole riparare. Sono per me una sorta di cuccia, che utilizzo anche per guardare i film, e oltre ad essere appartenute ai miei genitori costituiscono al tempo stesso la rappresentazione simbolica della loro presenza”.
Dalla soffitta alla casa navigante
“Sono abituata ad alternare le mie abitazioni stanziali, cioè la soffitta di Cremona o lo studio di Desenzano, con un’autentica casa fluttuante, ovvero la mia barca” rivela Paola Silvia Dolci, ingegnere civile folgorato sulla via della letteratura e attualmente direttore responsabile della rivista indipendente di poesia e cultura “Niederngasse”. “L’ambiente che mi circonda influisce di volta in volta non solo su abitudini, stati d’animo e perfino sogni notturni, ma anche sulla mia produzione scritta” prosegue Paola. “Nella mansarda che io stessa ho costruito ricavandola dall’ultimo piano dell’edificio e che tra i vari arredi contiene un tavolo da osteria risalente all’Ottocento, una serie di bauli e un cavalletto per dipingere, la mia fantasia letteraria procede liberamente a briglia sciolta. Invece nei giorni di viaggio trascorsi in barca, sulla quale ho allestito perfino una libreria costituita da reti da pescatore, gli scenari panoramici e il movimento ondeggiante condizionano sensibilmente la mia immaginazione. Perfino gli autori che leggo mentre navigo per mare, cioè classici come Coleridge, Stevenson, Conrad o Ritsos, sono intonati al contesto circostante”.
Ma l’elemento specifico nel quale sintetizzare l’idea di confortevolezza domestica prediletta dalla Dolci è esattamente identico in qualunque genere di alloggio, acquatico o terrestre che sia: “È la mia cagnolina, cioè la levriera che vive con me, ogni volta che mi si accoccola in grembo. Dato che per le barche si usa scegliere un nome di stella o di donna, ho pensato di adottare lo stesso criterio anche per lei e l’ho chiamata Vega”.
Tra romanzo e realtà: gli arredi come citazioni letterarie degli scrittori
A volte l’ispirazione letteraria si nutre di dettagli o suggestioni solo parzialmente riconducibili al proprio luogo di appartenenza, soprattutto se le atmosfere descritte contemplano fenomeni quali tossicodipendenza, spaccio di droga e relativi abissi psico-esistenziali, come avviene appunto nei romanzi di Andrea Carraro, tra i quali si annovera un titolo facilmente noto ai cinefili, ovvero “Il branco”, da cui è stato tratto l’omonimo film di Marco Risi. “Il quartiere romano di Talenti, in cui abito, è una zona senz’altro confortevole” ammette Carraro. “È dotata di spazi verdi e ben collegata dai mezzi pubblici, ma la prossimità geografica rispetto ad aree urbane decisamente più popolari come il Tufello o San Basilio si è rivelata proficua dal punto di vista delle storie che racconto. Ciononostante accade spesso che nelle mie pagine io descriva gli oggetti che trovo a portata di sguardo nel mio studio, quale ad esempio la mia bella libreria di noce, provvista di vetri e prelevata a suo tempo dalla stanza di mio padre”.
E la tentazione della citazione diviene tanto più irresistibile nel caso di arredi o elementi casalinghi verso i quali si è sviluppata una spiccata predilezione. “Per me l’emblema del comfort domestico consiste in una vecchia poltrona Frau che mi porto dietro sin da quando ero ragazzo” spiega Carraro. “In origine era di colore rosso fuoco, ma col tempo si è talmente rovinata da diventare addirittura rosa in alcuni punti. Oltre ad aver letto svariati libri seduto su di essa, l’ho frequentemente inserita anche nei miei romanzi: nell’ultimo che ho pubblicato, “Sacrificio”, coincide appunto con la vecchia poltrona sulla quale siede il protagonista, mio alter-ego”.
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