L’albero potrebbe avere fino a mille anni, ma è stato scoperto solo dal 2009, dopo la segnalazione di una band della zona, che ora gli dedicherà un brano.
Chi sono e cosa fanno i caschi verdi, un primato dell’Italia nel mondo
Per primi in Italia, i caschi verdi per l’ambiente tutelano il nostro patrimonio naturale. Ne parliamo con Daniele Spizzichino, ingegnere dell’Ispra e uno dei caschi verdi.
Nasce in Italia la prima task force di caschi verdi al mondo, un’iniziativa voluta dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa per la salvaguardia dei patrimoni naturali dell’Unesco. Il progetto è partito ufficialmente a fine gennaio in collaborazione con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ed è in fase sperimentale sul territorio italiano, con l’obiettivo di portare i caschi verdi nel resto del mondo.
Come nascono i caschi verdi
L’idea del ministro Costa prende forma nell’estate del 2018 durante una visita al quartier generale dell’Unesco a Parigi quando propone la creazione di una task force di caschi verdi per l’ambiente, con l’obiettivo di supportare nella gestione e nella difesa le aree naturali del nostro territorio. Con 55 siti totali, dei quali 50 culturali e 5 naturali, l’Italia, insieme alla Cina, ha il primato del maggior numero di siti appartenenti alla World heritage list, la lista dei patrimoni mondiali dell’Unesco.
All’interno del territorio italiano, oltre ai siti dei patrimoni naturali, vi sono 19 siti Mab, Man and the biosphere, un programma avviato nel 1971 e creato per promuovere un “rapporto equilibrato tra uomo e ambiente” attraverso lo sviluppo sostenibile e la tutela della biodiversità. I siti, che fanno parte del network mondiale delle Riserve della biosfera – 701 Riserve in 124 paesi – comprendono ecosistemi terrestri, marini e costieri.
La task force per la salvaguardia dei patrimoni naturali
La squadra d’azione dei caschi verdi è costituita da un gruppo di 22 esperti interno all’Ispra e con competenze diversificate ed interdisciplinari: ingegneri, biologi, fisici, architetti paesaggisti sono, ad esempio, solo alcune delle specializzazioni dei caschi verdi. I profili professionali sono stati selezionati a seguito di un “interpello”, una chiamata su base volontaria, interna all’Istituto.
Daniele Spizzichino, ingegnere geotecnico all’Ispra, è uno dei caschi verdi che, fin dall’inizio, ha seguito l’implementazione della task force ed è stato assegnato, con altri due colleghi, al Mab delle colline del Po. “In questa prima fase sperimentale le richieste arrivate sono state assegnate a gruppi di tre persone, composte in maniera interdisciplinare a seconda della domanda”, spiega Spizzichino a LifeGate.
Già in passato consulente per l’Unesco su questioni di carattere geotecnico e geo meccanico, Spizzichino ha conseguito la tesi di dottorato su Machu Picchu, installato un sistema di monitoraggio a Petra, lavorato all’Isola di Pasqua ed ha seguito progetti in Italia e in giro per il mondo. “Quando è nata l’iniziativa mi è sembrato naturale rispondere a questa chiamata”, ha detto Spizzichino. “Mi sembrava una cosa bella che si cominciassero a organizzare in maniera più strutturata le singole expertise che si sviluppano all’interno degli istituti – ed effettivamente il mio curriculum si lega molto bene con questa sperimentazione”.
Una volta assegnati alle rispettive aree di riferimento, i caschi verdi si occuperanno sia del supporto ai piani di gestione e comunicazione che dell’attività di salvaguardia e valorizzazione dei patrimoni naturali. I dettagli dell’attività di supporto per ogni area sono ancora da definire. “Stiamo aspettando di essere convocati per definire tutti gli aspetti del piano di azione nella procedura, nella metodologia e nella tipologia di supporto necessaria”, ha detto Spizzichino. Importante, inoltre, sarà l’impegno dei caschi verdi al mantenimento dello status del patrimonio naturale anche rispetto alle minacce e ai problemi derivanti dai cambiamenti climatici.
“Nelle aree si presentano nuove problematiche che vanno affrontate con la ricerca, la tecnica e la perizia di cui molto spesso queste aree non sono provviste”, ha detto Spizzichino. In sostanza, è come se, in questo modo, le aree dei patrimoni naturali avessero uno strumento in più.
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“Una delle cose importanti che sottolineiamo è che noi non vogliamo andare a sostituire delle attività che di fatto queste aree possono dare in appalto a ditte o società di progettazione esterna, noi non facciamo quello. Noi aiutiamo le aree nei piani di gestione, a decidere cosa gli serve e come”, spiega Spizzichino.
Sotto le direttive del ministero dell’Ambiente, il primo passo per i caschi verdi è quello di soddisfare sette richieste di supporto:
- 4 Riserve della biosfera: Tepilora, Rio Posada e Montalbo; Cilento e Vallo di Diano; Sila; Collina Po
- 2 patrimoni mondiali Unesco: Monte Etna; Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano con il Sito di Elea Velia
- 1 geoparco: Adamello Brenta
Come si finanziano i caschi verdi?
Per il programma sperimentale caschi verdi per l’Ambiente è stata autorizzata una spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022. I fondi sono in capo al ministero dell’Ambiente e alle direzioni generali che stipuleranno convenzioni, in primis con l’Ispra ed eventualmente con altri istituti che potranno essere coinvolti nella task force.
Il ministro Costa ha voluto sottolineare il carattere sperimentale dell’iniziativa. L’esperienza della task force, infatti, andrà “sviluppata, tarata e calibrata in base alle richieste che vengono fatte dalle aree dei patrimoni naturali”, spiega Spizzichino.
L’obiettivo finale è di riportare l’esperienza italiana in sede Unesco, potenzialmente “internazionalizzare” il modello dei caschi verdi ed esportare la best practice a livello mondiale. Il programma dei caschi verdi per l’ambiente parte dall’Italia con interessanti prospettive di respiro internazionale nell’ambito della valorizzazione e tutela ambientale e del contrasto alle sfide dei cambiamenti climatici.
Mettere a sistema le nostre competenze in maniera organica e avere la possibilità di definirle e renderle patrimonio internazionale è davvero una bella sfidaDaniele Spizzichino, Ispra
“Abbiamo delle grandi esperienze su questi temi, sia su quello naturale che culturale, quindi fare dell’Italia un laboratorio, una palestra, per questi temi è una cosa molto bella”, continua Spizzichino. “Il nostro territorio è molto complesso, sia da una punto di vista geologico che delle pressioni antropiche, come ad esempio la pressione turistica e i problemi di manutenzione e monitoraggio, quindi mettere a sistema le nostre competenze in maniera organica e avere la possibilità di definirle e renderle patrimonio internazionale è davvero una bella sfida”.
In un paese come l’Italia, che offre siti naturali con un’importanza storica, culturale e geologica unica, i caschi verdi per l’Ambiente potrebbero essere un importante tassello di salvaguardia ambientale e potrebbero anche rappresentare un punto di partenza per un modello di sostenibilità globale esteso a tutti i patrimoni Unesco.
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