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Stepchild adoption, la Cassazione dice sì anche per le unioni civili
La sentenza della Cassazione è arrivata. Anche per chi si unisce civilmente è possibile l’adozione del figlio del partner “se è nell’interesse del minore”.
Un minore può essere adottato dalla o dal partner omosessuale del proprio genitore naturale, sempre che l’adozione “realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”. Laddove si era fermata la legge sulle unioni civili approvata in Parlamento, vale a dire di fronte alla stepchild adoption, si è spinta invece la Corte di Cassazione, con una sentenza che legittima di fatto (“per casi particolari” come specifica la Corte stessa nel titolo della sentenza) la possibilità di adozione del figlio del partner in una coppia unitasi civilmente.
Cosa dice la sentenza della Cassazione
La Cassazione ha confermato, respingendo il ricorso della procura, la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva accolto la domanda di adozione di una minore proposta dalla partner e convivente della madre. Nella sentenza, la Corte ha spiegato che la stepchild di per sé non costituisce un conflitto tra il genitore biologico e il minore: in sostanza, in mancanza di una legge ad hoc, spetterà al giudice valutare di volta in volta l’esistenza o meno di conflittualità tra genitore naturale a adottivo, e soprattutto quale soluzione sia appunto effettivamente nell’interesse del minore.
Un passo avanti rispetto alle unioni civili
Solo poche settimane fa il parlamento italiano ha approvato una legge sulle unioni civili senza però riuscire a raggiungere un accordo sulle adozioni, ma sulla spinta della novità già alcune recenti sentenze di primo grado avevano dato l’approvazione all’adozione da parte del partner, etero o omosessuale che fosse. Questa della Cassazione è però la prima sentenza definitiva “che stabilisce finalmente che quanto abbiamo sostenuto, e purtroppo dovuto stralciare, dal testo delle unioni civili non soltanto è legittimo ma soprattutto è giusto”, dice la senatrice del Pd Monica Cirinnà, che di quel testo era relatrice.
“In Italia la giurisprudenza non ammette discriminazioni tra bambini né per il modo in cui sono nati, né per l’orientamento sessuale dei loro genitori. A chi dice ‘difendiamo i nostri figli’ rispondo ‘difendiamo tutti i figli’. Perché i bambini sono tutti uguali, meritano tutti gli stessi diritti e la stessa dignità”, ha concluso Cirinnà.
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