La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Dopo oltre quattro secoli di assenza il castoro europeo è stato avvistato nel nostro Paese, ed è una notizia fantastica.
Da oltre quattrocento anni non si scorgeva, in un fiume italiano, la sagoma del più grande roditore del Vecchio continente, con suoi dentoni e la peculiare coda piatta coperta di scaglie: il castoro europeo (Castor fiber). La presenza di un esemplare è stata documentata pochi giorni in una foresta di Tarvisio, in provincia di Udine. L’animale è stato ripreso da Renato Pontarini, ricercatore del Progetto lince Italia dell’università di Torino, grazie all’installazione di diverse foto trappole dopo aver notato inusuali rosicchiature sulla corteccia degli alberi.
La presenza del castoro, proveniente probabilmente dall’Austria, certifica il valore ecologico del tarvisano, ritenuto un fondamentale corridoio faunistico verso l’Italia e l’intero arco alpino, e autorizza a sperare che la specie torni a stabilirsi in Italia, restituendo un prezioso tassello alla nostra biodiversità e aggiungendo un nuovo meraviglioso animale alla nostra fauna.
Un tempo il castoro abitava abbondantemente i corsi d’acqua del Belpaese, non si conosce precisamente la sua distribuzione originaria ma si ritiene fosse diffuso nel nord e centro Italia. Poi questi animali furono sterminati a causa della loro strepitosa pelliccia, molto pregiata, della carne e della credenza popolare secondo cui una secrezione ghiandolare prodotta dal castoro fosse la panacea di tutti i mali. In tutta Europa le popolazioni di castoro hanno subito un forte declino e in molte aree si è estinto. Oggi il loro numero, grazie alla protezione e a progetti di reintroduzione, è in crescita.
Il ritorno del castoro non renderebbe “solo” i nostri fiumi più ricchi ed eccitanti, ma anche più sicuri per l’uomo e più ospitali per altri animali. Il castoro è infatti ritenuta una specie chiave e, attraverso le grandi modifiche che apporta all’ambiente, riveste un importante ruolo ecologico. Questi animali sono infatti in grado di “stravolgere” gli ecosistemi fluviali costruendo le loro famose dighe. In questo modo “alterano radicalmente il comportamento di un fiume, lo rallentano, riducono il dilavamento e l’erosione – scrive George Monbiot in Selvaggi. – Intrappolano la gran parte del carico che trasporta assicurando che l’acqua scorra più decisamente. Le loro dighe filtrano inoltre i sedimenti che ospitano i batteri fecali”. Il lavoro di questi roditori cambia dunque la struttura dei fiumi e, tramite la creazione di piccole zone umide a paludose, fornisce condizioni favorevoli per lo sviluppo di numerose specie, come anfibi, pesci e uccelli acquatici.
Il ritorno del castoro potrebbe dunque aiutarci a ripristinare alcuni delicati meccanismi ecologici che noi stessi abbiamo contribuito ad inceppare e aiutarci a prevenire i troppi disastri causati dalla nostra dissennata gestione dei fiumi. Speriamo che al castoro visto nella foresta di Tarvisio, che dovrebbe essere un giovane maschio di 15-18 chili, il Friuli piaccia e possa tornarvi insieme ad una femmina per dar vita a una colonia e che, un giorno, la specie cominci la sua naturale espansione lungo la penisola.
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