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Sette cavalli selvatici sono partiti da Berlino e Praga per essere reintrodotti nella steppa del Kazakistan, dove mancavano da almeno due secoli.
Sono passati almeno due secoli dall’ultima volta in cui i cavalli selvatici hanno attraversato la steppa del Kazakistan. Ecco perché l’arrivo di sette esemplari di cavalli di Przewalski, quattro da Berlino e tre da Praga, è un “evento di importanza storica”, per citare il direttore dello zoo di Praga Miroslav Bobek.
Nel mondo scientifico c’è un certo dibattito su quali specie possano essere intese come cavalli selvatici e quali no. Il cavallo che tutti noi conosciamo ha il nome scientifico di Equus ferus caballus ed è considerato una sottospecie del cavallo selvatico (Equus ferus), da cui si è distinto con l’addomesticamento.
Ormai, le specie di cavalli selvatici sono pressoché scomparse. L’ultimo esemplare di tarpan (Equus ferus ferus), che abitava tra Asia ed Europa, morì in cattività in Ucraina nel 1918 o nel 1919. Il celebre mustang del Far West in realtà è inselvatichito, perché discende dai cavalli spagnoli che furono portati in Messico dopo la scoperta dell’America e sfuggirono al controllo umano o furono catturati dai nativi.
Gli animali appena reintrodotti in Kazakistan sono cavalli di Przewalski, anche detti cavalli selvatici mongoli o takhi; la loro classificazione è ancora dibattuta, tant’è che si usa sia Equus ferus przewalskii sia Equus przewalskii. Sono geneticamente diversi dai nostri cavalli domestici – innanzitutto, hanno 33 coppie di cromosomi anziché 32 – e questo ha fatto supporre che siano, di fatto, gli ultimi cavalli selvatici rimasti. Alcuni studi basati sul sequenziamento del dna, però, suppongono che anche i takhi in realtà siano stati addomesticati dal popolo Botai nella metà del quarto millennio avanti Cristo.
L’operazione di reintroduzione dei cavalli di Przewalski in Kazakistan è molto complessa. Quattro giumente sono partite da Berlino: Tessa, Wespe e Umbra erano nate in Germania, mentre la più giovane, Sary, nel parco zoologico di Thoiry, in Francia. Hanno affrontato prima un volo di 18 ore fino ad Arkalyk e poi un viaggio in camion di altre sette ore fino all’area designata per la reintroduzione della specie in natura, la cosiddetta “steppa dorata” dove dal 2006 opera l’iniziativa per la conservazione di Altyn Dala.
Pochi giorni prima erano arrivati da Praga anche lo stallone Zorro e le due giumente Zeta II e Ypsilonka. Secondo i piani doveva esserci anche un altro cavallo selvatico, proveniente sempre da Praga, ma è stato lasciato a terra perché si era seduto prima dell’imbarco. Questi animali devono infatti viaggiare in piedi per evitare problemi di circolazione.
Giunti in Kazakistan, i sette cavalli selvatici avranno a disposizione per circa un anno un’area in cui abituarsi sia alla convivenza reciproca, sia alle nuove condizioni climatiche e ambientali, sotto la stretta sorveglianza di un team di esperti. Quando saranno pronti, potranno essere liberati in natura. Lì, riferisce il quotidiano Guardian, daranno un contributo positivo anche in termini di biodiversità, perché spargono i semi con il loro sterco (che funge anche da fertilizzante) e, dissotterrando le piante, aiutano l’acqua a penetrare nel terreno.
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