Le condizioni di detenzione della giornalista Cecilia Sala in Iran sono durissime

Nella cella di Cecilia Sala in Iran manca perfino il letto e le hanno sequestrato gli occhiali. La sua detenzione è legata all’arresto in Italia del ricercatore Mohammed Abedini.

  • Il 2024 si è chiuso con 122 giornalisti uccisi e 516 in prigione, tra cui l’italiana Cecilia Sala.
  • Sala si trova nel carcere di Evin, in Iran, dal 19 dicembre e le sue condizioni di detenzione sono molto dure.
  • L’arresto non è legato alla sua professione ma alla sua nazionalità, dopo l’arresto in Italia di un ricercatore iraniano.

Il 2024 si è chiuso con 516 giornalisti in carcere nel mondo, secondo le cifre fornite dalla Federazione internazionale dei giornalisti. Tra questi c’è l’italiana Cecilia Sala, incarcerata nella prigione iraniana di Evin dal 19 dicembre.

Più che un arresto, quello di Cecilia Sala appare come un sequestro legato alla sua cittadinanza più che alla sua professione. Le autorità iraniane hanno formulato contro di lei accuse generiche e per la sua liberazione chiedono la scarcerazione da parte dell’Italia del cittadino iraniano Mohammed Abedini, colpito da mandato d’arresto internazionale degli Stati Uniti, fermato il 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa e ora detenuto nel carcere milanese di Opera con l’accusa di traffico di tecnologie belliche.

Inizialmente le condizioni di detenzione di Sala erano state definite buone, ma nel corso delle ultime telefonate la giornalista ha raccontato una realtà terribile: dorme per terra, al freddo, alla luce di un neon, isolata e privata dei beni di conforto e necessità, senza alcuna interazione con altre persone.

Un 2024 terribile per i giornalisti

La Federazione internazionale dei giornalisti ha diffuso il suo rapporto annuale, relativo al 2024, sugli attacchi al mondo dell’informazione. I giornalisti uccisi sono stati 122, di cui  14 donne

La gran parte delle uccisioni è avvenuta per mano dello stato di Israele. Quest’ultimo, nel contesto della sua offensiva su più fronti in Medio Oriente, ha ucciso 64 professionisti dei media palestinesi, sei libanesi e un siriano, che messi insieme rappresentano il 58 per cento di tutti i giornalisti uccisi nel 2024.

Restando nella regione, altri due giornalisti sono stati uccisi nel Kurdistan siriano e tre in Iraq. I giornalisti uccisi in Europa sono stati quattro, tutti in Ucraina per mano della Russia. Nella regione dell’Asia-Pacifico si sono contati sette giornalisti uccisi in Pakistan, cinque in Bangladesh, tre in India, uno in Cambogia e uno nelle Filippine. Nell’America latina ci sono stati cinque operatori media uccisi in Messico, due in Colombia e due ad Haiti, mentre in Africa i morti sono stati dieci, di cui sei in Sudan, due in Somalia, uno in Ciad e uno nella Repubblica democratica del Congo.

Il numero di giornalisti uccisi a livello globale è rimasto pressoché in linea con quello del 2023, mentre sono aumentati i giornalisti in prigione. A fine 2023 erano 427, mentre alla fine del 2024 hanno raggiunto quota 516, quasi cento in più.

L’arresto in Iran di Cecilia Sala

Tra i giornalisti incarcerati nel 2024 c’è l’italiana Cecilia Sala, che lavora per Chora Media e per il Foglio. Sala è stata arrestata il 19 dicembre a Teheran, in Iran, dove stava realizzando alcune interviste per il suo lavoro, ed è stata rinchiusa nel carcere di Evin, dove si trovano i  dissidenti e gli oppositori politici.

Inizialmente sembrava che il suo arresto fosse legato alla sua attività giornalistica, visto che più volte aveva dato voce a figure anti-regime. Negli ultimi giorni però è emersa un’altra verità, che rende la situazione di Sala più complessa. La giornalista romana è stata arrestata dopo che il 16 dicembre, all’aeroporto di Milano Malpensa, le autorità italiane avevano arrestato su richiesta degli Stati Uniti il ricercatore iraniano Mohammed Abedini, accusato di traffico di tecnologie belliche legate ai droni di Teheran. 

Abedini si trova detenuto nel carcere milanese di Opera e le autorità iraniane ne hanno chiesto la liberazione, dichiarando esplicitamente il 2 gennaio che la detenzione di Cecilia Sala è correlata a quella del ricercatore iraniano. L’uomo, attraverso il suo avvocato, ha fatto richiesta dei domiciliari, che per il momento sono stati respinti dalla Procura milanese e su cui il 15 gennaio si pronuncerà la Corte d’Appello. Gli Stati Uniti stanno facendo pressioni sull’Italia perché non ceda al ricatto di Teheran sullo scambio dei prigionieri.

Le condizioni di detenzione di Cecilia Sala

Quando il 26 dicembre è stata diffusa la notizia che Cecilia Sala si trovava reclusa da una settimana in Iran, il governo italiano per voce del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva detto che le sue condizioni di detenzione erano buone. La giornalista aveva ricevuto la visita dell’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, e si era detto avesse ricevuto un pacco con alcuni beni di conforto e necessità, tra cui un panettone, quattro libri e delle sigarette.

L’1 gennaio Sala ha telefonato ai familiari e, come riportato da Il Post, ha raccontato una realtà differente. Il pacco non è mai arrivato, nella sua cella manca perfino il letto ed è costretta a usare due coperte, una sopra e una sotto, per dormire per terra. L’ambiente è illuminato 24 ore su 24 da una luce al neon e non le viene permesso di indossare una mascherina. I carcerieri iraniani le hanno sequestrato anche gli occhiali e le sue interazioni con altre persone sono nulle, al punto che anche il cibo, perlopiù datteri, le viene passato dallo spioncino della cella. 

A seguito di queste dichiarazioni il governo italiano si è attivato in maniera più urgente, convocando il 2 gennaio una riunione straordinaria, ricevendo l’ambasciatore iraniano in Italia e chiedendo in via ufficiale il rilascio della giornalista e condizioni di detenzione rispettose dei diritti. La madre della giornalista, Elisabetta Vernoni, è stata ricevuta dalla premier Giorgia Meloni e ha ottenuto rassicurazioni che si sta facendo tutto il possibile per liberarla. Da Palazzo Chigi non sono arrivate però informazioni sui possibili tempi per il rilascio e il 3 gennaio pomeriggio la famiglia Sala ha diffuso un appello in cui si chiede ai media italiani il silenzio stampa sulla vicenda nei giorni a seguire per non interferire con le trattative, giunti a una fase molto delicata.

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