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Cos’è il Ceta, il trattato euro-canadese approvato dal Parlamento dell’Ue
L’assemblea parlamentare europea ha approvato il trattato Ceta tra Unione europea e Canada. Ora la battaglia si sposta sul piano nazionale.
Il Parlamento europeo ha concesso il proprio via libera al controverso Accordo economico e commerciale globale (Comprehensive Economic and Trade Agreement, più noto con la sigla “Ceta”) con il quale si punta a creare una zona di libero scambio tra l’Ue e il Canada. Dopo aver superato nell’autunno scorso l’ostacolo della Vallonia, il cui Parlamento locale aveva bloccato per settimane l’approvazione da parte del Belgio, il trattato è stato dunque approvato dagli eurodeputati il 15 febbraio.
A votare a favore del Ceta sono stati 408 parlamentari, contro 254 che si sono invece pronunciati contro. In questo modo, gran parte dell’accordo potrà di fatto entrare in vigore, in attesa delle ratifiche che dovranno essere effettuate da parte delle assemblee legislative di ciascuno stato membro. La battaglia di chi si oppone al trattato – decine di militanti erano presenti di fronte all’Europarlamento in occasione del voto – si sposterà dunque a questo punto a livello nazionale.
Per entrare pienamente in vigore, infatti, oltre al voto del Parlamento canadese (che con ogni probabilità si pronuncerà a favore nelle prossime settimane), occorre anche l’ok dei 38 tra parlamenti nazionali e regionali dell’Unione. Tra i quali proprio quello della Vallonia. Inoltre il nuovo presidente francese Emmanuel Macron, di estrazione decisamente liberale, benché durante la campagna elettorale sia stato l’unico candidato a sostenere il trattato, ha evocato il 1 maggio la possibilità di affidare ad un gruppo di esperti un’analisi supplementare del Ceta, prima di ratificarlo. Il processo rischia di essere dunque particolarmente lungo, ed è per questa ragione che si è deciso di concedere all’Ue di applicare parte del trattato sin dal mese di aprile 2017. È da quel momento che il 95 per cento dell’accordo è di fatto già operativo: ciò in virtù dell’articolo 30.7 dello stesso Ceta, che ne consente l’applicazione un mese dopo l’ok da parte delle assemblee parlamentari europea e canadese.
Cosa prevede il Ceta
Ufficialmente il trattato punta a favorire gli scambi commerciali tra le due aree economiche. Le 2.256 pagine che compongono il corposissimo documento prevedono infatti una riduzione drastica dei diritti doganali, ma soprattutto una “convergenza normativa” tra l’Ue e il Canada. In questo modo, si vuole far sì ad esempio che un’azienda possa effettuare un solo test sui propri prodotti per commercializzare la merce in entrambe le zone. Sono esclusi dal trattato alcuni beni giudicati sensibili, come ad esempio gli organismi geneticamente modificati.
Ciò dovrebbe, sulla carta, permettere al Canada di moltiplicare per dieci le proprie esportazioni di carne verso l’Europa, e alle imprese del Vecchio Continente di incrementare sensibilmente le vendite di formaggi al di là dell’Atlantico. Il Ceta prevede poi un’apertura pari al 30 per cento dei mercati pubblici canadesi alle imprese europee (oggi la quota è pari al 10 per cento), benché quelli dell’Ue siano già aperti al 90 per cento. Infine, il trattato dispone la creazione di una corte arbitrale, chiamata Ics (Investment Court System), incaricata di giudicare le eventuali controversie.
Perché cittadini e associazioni si battono contro il Ceta
A sostenere in Parlamento il trattato euro-canadese è stata soprattutto la destra. Il tedesco Manfred Weber, membro del Partito popolare europeo, ha dichiarato che il testo “rappresenta un modello per il futuro, fondato sulla cooperazione e su valori comuni”. Al contrario i Verdi, la sinistra e parte del gruppo socialista e democratico si sono opposti fermamente: “L’accordo comporta troppe incertezze e troppi rischi”, ha spiegato la socialista francese Emmanuel Maurel.
Secondo i detrattori, il testo rischia di colpire il modello agricolo locale, nonché i diritti dei lavoratori, il sistema sanitario e le norme a protezione dei consumatori e dell’ambiente. Senza dimenticare che gli arbitrati potrebbero invadere, se non addirittura schiacciare, il potere legislativo dei parlamenti locali. Per concedere il proprio ok, infatti, la Vallonia aveva imposto modifiche non di poco conto, a cominciare da quella secondo la quale le dispute commerciali saranno sottoposte ad una giurisdizione interamente pubblica. Inoltre, dovrà essere effettuata una valutazione, a intervalli regolari, degli impatti socio-economici e ambientali dell’applicazione provvisoria del Ceta. Mentre la Corte di giustizia dell’Unione europea dovrà pronunciarsi sulla compatibilità con le regole comunitarie del tribunale che si dovrà occupare della risoluzione delle controversie tra multinazionali e Stati.
La reazione delle associazioni
Miglioramenti che secondo le associazioni ambientaliste non bastano: “Il Parlamento europeo – ha commentato Federica Ferrario, di Greenpeace Italia – si pone dalla parte sbagliata della storia. Nonostante il voto odierno, la ratifica del Ceta da parte di tutti i Parlamenti nazionali e regionali degli Stati membri resta alquanto improbabile. La richiesta al Parlamento italiano è di votare un chiaro no a questo pericoloso accordo. I politici europei, soprattutto chi si definisce progressista, dovrebbero porsi come priorità l’interesse pubblico e la giustizia, anziché privilegiare le multinazionali”.
“Nonostante l’esito del voto a Strasburgo – ha attaccato Elena Mazzoni, tra i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia – la pressione dei cittadini ha portato un importante risultato: le telefonate e le lettere di protesta giunte in questi giorni agli europarlamentari hanno contribuito a creare una grave frattura nel partito socialdemocratico. Diversi eurodeputati del Pd hanno deciso di disertare la seduta o di votare contro il Ceta. Pubblicheremo i nomi di chi ha deciso invece di svendere l’interesse pubblico e le sorti di milioni di persone a pochi grandi rappresentanti del settore privato”.
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