A Bra, dal 15 al 18 settembre, si tiene l’undicesima edizione di Cheese, l’evento di Slow Food dedicato ai formaggi e a tutto quello che ci gira intorno.
Cheese 2017, com’è andata l’edizione dei vent’anni nelle parole di Carlo Petrini
Formaggi naturali, ovvero fatti con latte crudo e fermenti naturali. Questo è stato il tema dell’edizione dei vent’anni di Cheese, la manifestazione biennale di Slow Food Italia e della Città di Bra dedicata al mondo del latte e delle produzioni casearie, che si è tenuta dal 15 al 18 settembre. Leggi anche: Formaggi a latte crudo
Formaggi naturali, ovvero fatti con latte crudo e fermenti naturali. Questo è stato il tema dell’edizione dei vent’anni di Cheese, la manifestazione biennale di Slow Food Italia e della Città di Bra dedicata al mondo del latte e delle produzioni casearie, che si è tenuta dal 15 al 18 settembre.
Leggi anche: Formaggi a latte crudo senza rischi, quali sono e perché fanno bene
“L’undicesima edizione di Cheese è stata la più riuscita non solo per i numeri, ma anche per la qualità e la determinazione con cui abbiamo portato avanti le nostre scelte. Quella di riservare gli spazi espositivi ai formaggi a latte crudo è stata coraggiosa e ha pagato”, per il presidente di Slow Food Carlo Petrini.
Per quanto riguarda le presenze, Cheese 2017 ha superato la soglia dei 300mila ingressi, con il 50 per cento dei partecipanti agli eventi su prenotazione che è arrivato da fuori Italia.
Abbiamo chiesto a Petrini perché fare formaggi usando latte crudo, e non pastorizzato, aiuti la biodiversità. “Perché il latte crudo è l’unico che garantisce la diversità dei formaggi. La pastorizzazione omologa i prodotti. I governi che fanno la scelta di pastorizzare sono presi da una fobia iper-igienista che non rende giustizia alla biodiversità. E molte volte questa fobia iper-igienista fa i più grandi danni anche dal punto di vista salutistico. Il parmigiano reggiano ha 500 anni, e li regge bene (ed è fatto con latte crudo)”.
Di Cheese 2017 c’è soprattutto un dato politico da sottolineare, secondo Petrini: “È la prima edizione che realizziamo senza il miserere di un disastro in campo lattiero-caseario. Negli anni passati facevamo la conta dei caseifici chiusi, dei continui ribassi del latte a prezzi ridicoli. Qualcosa è cambiato, e se è avvenuto è anche per merito di chi ha accettato la sfida dell’etichettatura“. Dall’aprile di quest’anno, infatti, l’indicazione dell’origine della materia prima è obbligatoria per i prodotti lattiero-caseari.
Petrini ha ricordato più volte la necessità di salvaguardare ambiente e paesaggio. E il rapporto tra cibo e cambiamenti climatici sarà al centro delle attività dei prossimi mesi di Slow Food, che lancia da Cheese 2017 la prima campagna di comunicazione e raccolta fondi: Menu for Change. Per il momento non son stati ben spiegati i dettagli, ma un primo invito è per il periodo dal 16 ottobre al 5 novembre: quello di mettere in tavola cibo locale e di stagione per tre settimane.
Una manifestazione sempre più internazionale
La grande rete di Cheese, fatta di casari, allevatori, affinatori, esperti, responsabili acquisti ed estimatori, ha permesso a questa undicesima edizione di superare la soglia dei 50 Paesi presenti.
Per la prima volta sono arrivati giornalisti della Cnn, dell’Associated Press, e dell’agenzia di stampa spagnola Efe.
Molto seguito il programma di conferenze. Gli Stati generali del latte crudo hanno avuto una partecipazione per il 60 per cento internazionale; Raw in the Usa è stato il più importante momento di dibattito per i produttori di latte crudo statunitensi, che hanno fissato il prossimo obiettivo nella produzione di formaggi senza fermenti aggiunti.
Come coniugare agricoltura, turismo e ambiente, il caso Piemonte
All’inaugurazione di Cheese 2017 era presente il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino. Gli abbiamo questo quale sia il modo per la sua regione di tenere insieme agricoltura, turismo e rispetto della natura.
“Ovviamente è una sfida molto difficile, si tratta di investire su di una produzione agricola che rispetti e valorizzi l’ambiente. Credo che in questo modo sia possibile, con i necessari aiuti – perché ci vogliono degli aiuti, sennò questo non si riesce a fare – creare un’economia al tempo stesso competitiva, rispettosa e che contribuisce a migliorare l’ambiente e ad affrontare la grande sfida del cambiamento climatico”.
“È ormai da tempo che l’agricoltura non può andare avanti senza aiuti pubblici. Il problema è come questi vengono indirizzati. Credo che investire nel rispetto per l’ambiente, nella valorizzazione di questo intreccio tra natura e cultura – in cui sia la produzione che il turismo possono coabitare virtuosamente – non sia la stessa cosa che investire nell’agricoltura intensiva. Credo quindi che gli aiuti debbano essere dati tenendo conto di questo”.
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