Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
Simone Rugiati. Il viaggio in Etiopia mi ha cambiato, e mi ha fatto riflettere su una nuova idea di cucina
Lo chef Simone Rugiati ha partecipato, insieme ad altri cinque cuochi, alla campagna #WhatFoodMeans del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. Ecco cosa ha fatto in Etiopia.
Simone Rugiati, conduttore del programma televisivo Cuochi e fiamme, è tra i cinque chef europei che hanno partecipato alla campagna #WhatFoodMeans del World food programme, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Onu), realizzata insieme all’Unione europea. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di mostrare al pubblico, tramite una serie di video, quanto l’intervento delle due organizzazioni sia stato indispensabile per l’Etiopia, colpita dalla siccità nel 2015. Lo chef, che ha compiuto un viaggio alla scoperta di questa realtà, ci parla della sua esperienza.
Alla scoperta della cucina locale
“Ci sono state giornate in cui abbiamo viaggiato otto ore in macchina nel nulla più totale”, racconta Simone Rugiati. In Etiopia con il World food programme e l’Unione europea, lo chef ha passato un’intera settimana con le famiglie locali, ha cucinato con loro, scoperto le ricette tradizionali e osservato in prima persona quanto gli aiuti alimentari forniti dal programma dell’Onu siano stati fondamentali per attenuare la fame nel paese africano, dopo la siccità che lo ha colpito nel 2015. “Portano il cibo anche ai villaggi più remoti e difficili da raggiungere. Senza di loro una gran numero di persone morirebbe”, sostiene lo chef.
When #drought hit #Ethiopia, families like Tekien’s were hit hard. Chef @simonerugiati went to learn how they got through it. #WhatFoodMeans pic.twitter.com/wytuDiXFRe
— WFP Europe (@WFP_Europe) 17 marzo 2017
La situazione in Etiopia è molto complessa
Rugiati ha cercato di integrarsi con la popolazione locale e di vivere l’esperienza in modo personale. “Non nego che tutti i giorni viene da piangere a vedere certe cose”, confessa a LifeGate. “Non ho dormito”. Sono tanti gli interrogativi che nascono dalle scene di cui lo chef è stato testimone. Una in particolare lo ha colpito: quella di un camion carico di Coca Cola che a fatica “si arrampica su una salita per raggiungere un villaggio dove non c’è acqua”.
Un’esperienza del genere ti insegna a non sprecare
“Quando lavo i denti, chiudo il rubinetto”. Rugiati spiega che dopo aver vissuto situazioni come quella in Etiopia, si innesca qualcosa dentro di te che ti spinge a cambiare comportamento. Lo chef cerca di trasmettere la cultura anti spreco anche nei suoi programmi televisivi, invitando la gente a non buttare via il cibo, ma a fare invece una spesa intelligente, e dando consigli per conservare gli alimenti al meglio, per esempio grazie alla scelta del corretto ripiano del frigorifero in cui riporre ciascun prodotto. “Nelle cucine professionali è più facile, avendo gli abbattitori di temperatura che conservano i cibi a lungo”. La stagionalità dei prodotti è un altro fattore a cui Rugiati tiene molto.
Il rispetto per la materia prima
Lo chef, che è molto impegnato nel sociale, vede nella campagna #WhatFoodMeans del World food programme la prima di tante iniziative a cui intende partecipare. La sua aspirazione è quella di essere più di un semplice cuoco: “Voglio arrivare a fare in modo che il mio impatto come chef non riguardi più solo il momento in cui mi portano una zucchina e inizio a tagliarla, ma parta invece da quando pianto il seme nel terreno”. Rugiati ha in mente un progetto molto interessante al riguardo, che coniuga sostenibilità ambientale e sociale e del quale spera di poterci parlare molto presto.
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