Stati Uniti, la compagnia Chevron condannata a pagare 745 milioni di dollari

Per anni Chevron ha inquinato e alterato la costa vicino a New Orleans, negli Stati Uniti, andandosene senza bonificare

Mentre Donald Trump insiste nel voler puntare sulle fonti fossili come motore dell’auspicato rilancio economico degli Stati Uniti, Chevron – la seconda più importante compagnia petrolifera del paese – è stata condannata da un tribunale della Louisiana al pagamento di una sanzione pesantissima. Ben 744,6 milioni di dollari, a titolo di risarcimento per l’inquinamento provocato su un litorale non lontano da New Orleans, sulla costa meridionale della nazione nordamericana.

Alterata un’area paludosa che protegge la costa della Louisiana

Il verdetto è stato pronunciato venerdì 4 aprile da una giuria popolare che ha posto così fine al processo che ha riguardato il caso della località nota con il nome francese di Pointe à la Hache, che ricade nel comune di Plaquemines. Si tratta di un’area paludosa a sudest della metropoli, che nel 2005 fu colpita dall’evento meteorologico estremo più grave, in termini sia di perdite di vite umane che di danni materiali, della storia degli Stati Uniti. Il passaggio dell’uragano Katrina provocò infatti l’inondazione di circa l’80 per cento del territorio urbano, uccidendo 1.836 persone e causando danni per 108 miliardi di dollari.

chevron proteste
Tra le compagnie petrolifere, Chevron è il secondo più grande inquinatore del mondo © Spencer Platt/Getty Images

È questa una delle ragioni che hanno spinto la municipalità di Plaquemines a denunciare Chevron: le aree paludose nella zona di Pointe à la Hache giocano infatti un ruolo determinante per la protezione del litorale, poiché contribuiscono ad attenuare gli impatti delle tempeste, nonché a limitare gli effetti dell’innalzamento del livello del mare. E proprio per questo vanno bonificate e mantenute integre.

Una legge obbligava Chevron a lasciare la zona come l’aveva trovata

Le attività che hanno colpito gli ecosistemi locali erano state avviate da Texaco, acquistata nel 2001 proprio da Chevron per una cifra record di oltre 38 miliardi di dollari. Per questo a rispondere, oggi, è la compagnia con sede in California. La procedura fu avviata parecchi anni dopo, nel 2013. L’accusa mossa dal Comune di Plaquemines era di violazione di una legge sulla protezione ambientale adottata nel 1978 in Louisiana.

Tale normativa impone alle compagnie fossili, una volta completate le operazioni di estrazione petrolifera, di “ripulire, bonificare, ripiantare” e più in generale di “far tornare il luogo a uno stato il più possibile simile alla situazione originale”. In altre parole: di lasciare il luogo nel modo in cui lo si era trovato.

Imposti anche 9 milioni per aver abbandonato le instrastrutture sul posto

Ora, una tale prescrizione appare utopistica se si tiene conto del terribile impatto su natura, ecosistemi e paesaggi provocati dall’installazione di impianti per le trivellazioni. Ma tant’è: la legge impone di tornare allo stato originale. E invece Chevron, secondo i giudici, non ha operato in tal senso. Aggravando, appunto, secondo quanto avanzato dalla municipalità americana, i rischi legati agli impatti dei cambiamenti climatici.

Nello specifico, i giudici hanno concesso 575 milioni di dollari a Plaquemines per la perdita di parte delle sue terre, ormai definitivamente sommerse, e 161 milioni per l’inquinamento prodotto e non eliminato. Altri 9 milioni sono stati poi attribuiti all’aver abbandonato sul posto alcune infrastrutture: un fatto, quest’ultimo, che da solo lascia ben intendere l’approccio spesso utilizzato dalle compagnie petrolifere nel momento in cui si tratta di decidere se spendere denaro per “fare le cose come si deve” o infischiarsene bellamente.

Altre 42 procedure simili contro Chevron

Naturalmente il principale avvocato che ha difeso Chevron durante il processo, Mike Phillips, ha annunciato che l’azienda presenterà ricorso in appello, evocando “numerosi errori giudiziari che hanno portato a questa sentenza”. La posta in gioco è altissima, perché questo procedimento è solo il primo di ben 42 azioni legali simili e che potrebbero costare alla compagnia miliardi di dollari.

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