“Un sovranista”. “La speranza di un cambiamento”. “Un anti-sistema”. Un “candidato di rottura”. Fondamentalmente, la figura di Bassirou Diomaye Faye, che ha vinto le elezioni presidenziali che si sono tenute domenica 24 marzo in Senegal, rappresenta un mistero per molti. Di certo, per la nazione africana si tratta di un terremoto politico. Anche per il modo in cui il candidato è riuscito ad imporsi.
Il presidente attuale, Macky Sall, ha riconosciuto la vittoria di Faye
Faye è infatti il primo caso di candidato d’opposizione eletto già al primo turno nei Paese africano. Ha superato Amadou Ba, candidato sostenuto dall’attuale presidente uscente Macky Sall, che non si è ripresentato dopo due mandati: il primo a partire dal 2012, il secondo dopo la rielezione nel 2019. È stato lo stesso capo di stato a rompere gli indugi, dopo ore in cui si parlava di risultati incerti e ancora ufficiosi, attraverso un messaggio pubblicato sul social network X, nel quale si è congratulato apertamente con Faye per la vittoria.
Je salue le bon déroulement de l’élection présidentielle du 24 mars 2024 et félicite le vainqueur, M. Bassirou Diomaye Faye, que les tendances donnent gagnant. C’est la victoire de la démocratie sénégalaise.
Ma a far strabuzzare gli occhi non è tanto il risultato elettorale quanto le circostanze in cui esso è maturato: il prossimo presidente del Senegal, infatti, soltanto dieci giorni fa era ancora in carcere. Si trovava infatti nel penitenziario di Cap Manuel, dove scontava una pena per aver criticato il sistema giudiziario del proprio paese. E ora è alla testa di 18 milioni di abitanti.
Il programma per il Senegal del candidato “anti-sistema”
A 44 anni, Faye ha convinto gli elettori proponendo un elenco di “questioni prioritarie” nel proprio programma, che vanno dalla rifondazione delle istituzioni alla lotta all’inflazione e al carovita. Inoltre, si è impegnato pubblicamente “a governare con umiltà, con trasparenza e a combattere la corruzione”. Il tutto in un paese che ha vissuto negli ultimi tre anni momenti di grande agitazione, anche per via dei colpi di stato che hanno portato in alcune nazioni vicine al rovesciamento del potere a favore di regimi militari.
A livello internazionale, il dipartimento di stato di Washington ha sottolineato “l’impegno del popolo senegalese a favore del processo democratico”, che rappresenta “un elemento fondamentale della nostra profonda amicizia e delle solide relazioni bilaterali”. Ma il principale partner economico e politico del Senegal resta la sua ex potenza coloniale, la Francia: Faye ha in questo senso assicurato che il paese resterà “un alleato sicuro e affidabile” per tutte le nazioni straniere “che si impegneranno in una cooperazione virtuosa, rispettosa e reciprocamente produttiva”.
È una settimana cruciale per la democrazia quella in corso in Africa: da ieri si vota in sei paesi del continente, cinque chiamati alle elezioni e uno a referendum, in quello che la stampa locale ha definito il super sunday africano. Benin In Benin il primo ministro Lionel Zinzou e il magnate del cotone Patrice
Lo scorso novembre, proprio durante un concerto, il cantante e percussionista senegalese Youssou N’Dour aveva annunciato un periodo di pausa dalle attività artistiche per dedicarsi completamente ai suo nuovi progetti politici: il movimento Fekke Maci Boolé – che significa “Io mi impegno” in lingua wolof – e la candidatura per le elezioni presidenziali di febbraio
La scarcerazione di Narges Mohammadi è avvenuta per motivi di salute e durerà tre settimane. Cresce la pressione sul regime dell’Iran per renderla definitiva.
Migliaia di persone sono scese in strada contro la decisione del governo di sospendere i negoziati per l’adesione all’Unione europea fino al 2028. Violenta la reazione delle forze dell’ordine. La presidente della Georgia rifiuta di lasciare il mandato finché non verranno indette nuove elezioni.
I ribelli jihadisti hanno conquistato Aleppo e altre città della Siria nordoccidentale, senza incontrare grande resistenza delle forze di Assad. Un’offensiva che non è casuale.