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Voleva salire sul ring con una tuta nera ispirata alla bandiera dell’Isis, a “la notte dei campioni“, torneo di Mma (“mixed martial arts”, combattimento simile al kick boxing), il prossimo 14 maggio a Seregno. Lo annunciava anche nella foto di copertina di una delle sue due pagine Facebook. Moutaharrik Abderrahim, detto Raim, 28enne cittadino
Voleva salire sul ring con una tuta nera ispirata alla bandiera dell’Isis, a “la notte dei campioni“, torneo di Mma (“mixed martial arts”, combattimento simile al kick boxing), il prossimo 14 maggio a Seregno. Lo annunciava anche nella foto di copertina di una delle sue due pagine Facebook.
Moutaharrik Abderrahim, detto Raim, 28enne cittadino italiano di origine marocchina, è uno dei quattro aspiranti terroristi arrestati dagli uomini della Digos di Lecco, all’alba di giovedì 28 aprile, mentre usciva di casa, in via Panigada per andare a lavorare alla trafileria di Valmadrera dove lo descrivono come un irreprensibile operaio.
Sul suo profilo Facebook alterna foto in atteggiamenti da lottatore a teneri ritratti coi figli. Tra gli amici sul social quasi solo nomi arabi; tra i “mi piace”, il Corano.
Contemporaneamente veniva arrestata, ma in un luogo diverso, per scelta delle forze dell’ordine, anche sua moglie Salma Benchark, residente in Valsassina e madre dei suoi due figli – di due anni e mezzo e quattro – che Moutaharrik avrebbe voluto mettere “in salvo” nello Stato Islamico, prima di immolarsi in un attentato nel nostro Paese, probabilmente a Roma.
L’indagine è partita da una piccola stazione dei Carabinieri, quella di Costa Masnaga (Lecco), quando, nel febbraio 2015, la mamma di Alice Brignoli aveva denunciato la scomparsa della figlia, sposata con Mohamed Koraichi, 31enne marocchino di Bulciago (per la precisione di Bulciaghetto), che, insieme al marito e ai tre figli piccoli, aveva lasciato la casa lasciando solo un biglietto che diceva di non cercarli.
I timori della madre sono stati confermati qualche tempo dopo. I due, con i figli, sono in Siria, nelle terre controllate dall’Isis, da dove l’uomo ha mantenuto i contatti con il connazionale Moutaharrik Abderrahim (il “pugile” di cui sopra), conosciuto quando anch’egli viveva a Valmadrera, da ragazzo.
31enne marocchino, conosce Alice Brignoli (39enne) quando di anni ne ha 23. La famiglia non ha mai frequentato moschee o centri islamici e il padre fa l’ambulante nei mercati della Brianza. Mohamed fino a qualche anno fa beveva alcolici (contro il precetto islamico).
La “conversione” della coppia arriva nel 2009. Alice prende il nome di Aisha (la sposa bambina del profeta Maometto, definita nell’Islam la “madre dei credenti”) e insieme iniziano a vivere secondo i precetti più radicali. Tanto da essere segnalati all’Antiterrorismo da qualcuno che li aveva notati frequentanto i centri islamici della zona (a Costa Masnaga e a Renate, entrambi moderati).
Se Mohamed Koraichi, comunque, è ormai irreperibile nelle terre di Daesh, in Italia è rimasta la sorella, Wafa Koraichi, residente a Baveno (Verbania), anch’essa arrestata nell’operazione di giovedì.
Cercando in rete il nome di Mohamed Koraichi compare anche un canale YouTube in cui appaiono una serie di lezioni sulla biografia di Maometto. Il canale è in lingua olandese. Al momento chi scrive non conosce molti altri dettagli della vita di Koraichi, ma c’è un particolare che coincide. La foto qui sotto è stata scelta dalla moglie, Alice Brignoli, per il proprio profilo su Whatsapp, vi sono ritratti i loro tre figli (sono quelli che, in tuta mimetica alzano il dito verso il cielo a indicare il “martirio” per Allah) e un quarto bambino, figlio della vedova olandese di un altro jihadista.
Non sappiamo se sia davvero questo il canale YouTube dell’uomo che ha lasciato la Brianza per la Siria, ma c’è un altro particolare. Il nome utente che appare nell’url del sito è JarmenKill001; ora, Jarmen Kell (con la “e”) è un personaggio di un videogioco di guerra, Command and Conquer, per la precisione Jarmen Kell è un tiratore scelto arabo. Non sarà una prova, ma c’è più di un indizio.
L’ultimo uomo arrestato è Abderrahmane Khachia, 23enne marocchino residente in provincia di Varese, fratello di Ussana Khachia, andato a morire in Siria combattendo per il Califfo. Moutaharrik Abderrahim (il “pugile”) e la moglie erano entrati in contatto coi due, fino a diventarne amici fraterni, come si può vedere dall’ultima foto a destra, qui sotto.
A guardare la sua vecchia pagina Facebook (apparentemente non aggiornata dal 2012) Abderrahmane appare come un ragazzo che posta notizie e immagini che inneggiano all’Islam, ma anche foto di calcio, e un video della cantante Nelly Kelly.
In un profilo più recente Abderrahmane si definisce razzista, i post arrivano fino al giorno precedente l’arresto, sono più quelli in arabo che quelli in italiano, ma anche qui abbonda il calcio.
Se nel primo profilo gli amici con nomi arabi e quelli italiani si equivalgono (e molte sono le ragazze), nel secondo i nomi italiani sono molti di meno (ma tra le “persone seguite” vanno per la maggiore le ragazze in pose provocanti).
Moutaharrik Abderrahim (il “pugile”) aveva però bisogno di ricevere la “taqiyya” per poter mettere in atto i suoi intenti. La taqiyya può essere in questo caso spiegata come una sorta di licenza a dissimulare la propria fede in modo da ingannare il nemico infedele.
A procurargliela ci pensa la moglie, che chiama Wafa, la sorella di Mohamed Koraichi (quella arrestata sul lago Maggiore), che a sua volta contatta il fratello in Siria. Koraichi inizia a chattare via Whatsapp direttamente col vecchio amico, finché gli dice che la sua richiesta è stata accettata, e il pugile riceve l’incitamento a commettere atti di terrorismo. Moutaharrik Abderrahim è pronto, ma chiede che prima la moglie e i figli vengano portati “in salvo” nello Stato Islamico.
“Se riesco a mettere la mia famiglia in salvo, giuro che sarò io il primo ad attaccare questi nemici (…) nel Vaticano con la volontà di Dio”. E’ questo il contenuto di un audio inviato da Abderrahim Moutaharrik a Mohamed Koraichi. “L’unica richiesta che ti faccio – dice Moutaharrik – è che i miei figli crescano un po’ nel Paese del Califfato dell’Islam”.
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