Politiche frammentarie, discontinue e incerte. Così sull’elettrico l’Italia fa peggio persino della Grecia. Ne approfitta la Cina, che allarga l’offerta; ultimo caso la BYD Sealion 7.
Così Torino punta alla neutralità climatica entro il 2030. Parla l’assessora Chiara Foglietta
Intervista a Chiara Foglietta, assessora alla Transizione ecologica e alla mobilità: “Bus elettrici, bici, pedonalizzazioni, ecco come ci stiamo muovendo”.
Chiara Foglietta è ingegnera, mamma, attivista lgbtqi+. E dallo scorso ottobre è assessora della Città di Torino alla Transizione ecologica e digitale, innovazione, mobilità e trasporti. Le sue decisioni saranno fondamentali per disegnare la città del prossimo futuro. Quella a Chiara Foglietta è la prima di un ciclo di interviste che Lifegate realizzerà per capire come si stanno muovendo le principali città italiane sul fronte della mobilità sostenibile.
Lei si occupa di transizione ecologica e digitale, trasporti, parcheggi, viabilità, ambiente e innovazione. Quali sono le prime iniziative che ha messo in campo?
Tra le prime azioni messe in campo c’è stata la candidatura di Torino a una call europea attraverso la quale la città si impegnerà a raggiungere la neutralità climatica entro il 2030, con 20 anni di anticipo sulla deadline di Bruxelles. Ciò vuol dire una città smart, innovativa e capace di superare velocemente la fase di transizione. Al contempo stiamo puntando con decisione sulla mobilità alternativa e su una nuova rete di trasporto pubblico efficiente. Grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, potremo contare su 170 milioni per rinnovare il nostro parco mezzi: entro il 2024 passeremmo al 63 per cento di bus elettrici, dall’attuale 11 per cento; e non faremo più circolare i bus a gasolio che hanno più di cinque anni di vita.
Torino è da anni fra le peggiori città italiane per la qualità dell’aria. Servono scelte drastiche sul fronte del riscaldamento domestico e della mobilità privata?
Bisogna sicuramente muoversi su questi due fronti. Per quanto riguarda il riscaldamento possiamo agire solo sugli immobili di proprietà del Comune di Torino, spingendo sulla sostituzione delle caldaie o sull’allaccio alla rete del teleriscaldamento; per le abitazioni private possiamo fare solo operazioni di moral suasion. Sulla mobilità privata, ho deciso subito di non concedere alcuna deroga ai blocchi dei veicoli diesel. A differenza di quanto avveniva in passato.
In proposito, la sua è una delle città italiane in cui è più sentita la “guerra” tra auto e biciclette. Come superare questa dicotomia?
Già il primo Biciplan, approvato nel 2013, ha dato un forte segnale ai cittadini rispetto alla necessità di condividere le strade anche con altri mezzi, che non siano auto e motorini. Parlo di segnale perché penso che il problema sia più che altro comunicativo e che i progetti vadano condivisi con l’intera cittadinanza, altrimenti rischiano di essere vissuti come imposizioni ideologiche dall’alto. Se in un quartiere realizziamo una pista ciclabile che, inevitabilmente, toglie dei parcheggi, senza spiegare i motivi della scelta, i cittadini li facciamo arrabbiare; se invece, come sto cercando di fare, ci confrontiamo con i commercianti e le associazioni e gli spieghiamo che la mobilità dolce a Torino è aumentata del 60 per cento rispetto al 2019, probabilmente riusciamo a convincerli.
Un altro tema “caldo” nella sua città è quello della mancanza di parcheggi, strettamente connesso a quello delle pedonalizzazioni. Qual è il suo punto di vista?
Anche in questo caso si parte da un assunto sbagliato, quello che se pedonalizzo, automaticamente tolgo parcheggio. Pedonalizzo non per punire gli automobilisti ma per restituire spazi vitali ai cittadini, e il lockdown ci ha insegnato quanto questo sia importante. Le faccio un esempio: in via Garibaldi, una delle strade più commerciali della città, 30 anni fa transitavano auto e tram; se oggi andassi da un esercente a dirgli che riapriamo la strada al traffico, di certo non sarebbe contento. Le vie storiche pedonalizzate hanno aumentato il loro valore anche dal punto di vista commerciale.
Lo spostamento medio dei torinesi si attesta intorno ai 3 chilometri. Come si potrà favorire la mobilità dolce, pedonale o ciclabile, rispetto agli spostamenti con mezzi privati?
In città ci sono molti nuclei famigliari composti da tre persone che contano oltre un’auto a testa. E ci sono cittadini che prendono abitualmente l’auto per spostamenti di 600 metri. Noi non diciamo che tutti debbano spostarsi a piedi, in bici o su un monopattino, ma che chi può deve preferire mezzi alternativi alle auto. E ci stiamo impegnando per offrire un trasporto pubblico più efficiente, sicuro e a prezzi competitivi.
Quanto e in che modo la pandemia ha contribuito a modificare le abitudini dei torinesi in tema di mobilità?
È il concetto stesso di mobilità ad essere cambiato nell’ultimo periodo, e la pandemia ha contribuito ad accelerare alcune dinamiche. L’aumento del 60 per cento in tre anni dell’uso della bici è decisamente incoraggiante, mentre il trasporto pubblico locale sconta ancora una certa diffidenza legata alla paura del contagio. Invertire il trend non sarà facile, ma vogliamo che i torinesi tornino a fidarsi dei mezzi pubblici.
Per le tematiche di cui si occupa, dovrà contribuire in maniera decisiva alla costruzione della città del futuro. Come immagina Chiara Foglietta la Torino del futuro?
Me la immagino al 2030 e non alla fine del mio mandato, perché sarebbe utopistico pensare di cambiare il volto di una città in soli cinque anni. Di certo mi auguro che i cittadini siano più consapevoli dell’emergenza climatica in atto. E pronti a condividere lo spazio pubblico e le strade con altri mezzi che non siano solo le automobili.
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