Con il suo film Nomadland (in Italia dal 29 aprile) Chloé Zhao è la prima donna asiatica a conquistare Oscar e Golden globe per la regia. Ma non è l’unico motivo per cui sentiremo ancora parlare di lei.
Se ancora ci fosse stato bisogno di conferme, gli ultimi premi Oscar ce le hanno date. Chloé Zhao è una delle registe più apprezzate e talentuose del panorama cinematografico internazionale. Dopo il duplice successo ottenuto ai Golden globe (miglior regia e miglior film drammatico), la regista di Nomadland è infatti passata alla storia per la trionfale doppietta messa a segno nelle categorie miglior regia e miglior film alla 93esima edizione degli Academy awards.
Si aggiungono così nuovi primati alla sua giovane carriera: agli Oscar Chloé Zhao è stata la prima regista asiatica a ricevere una nomination nella categoria miglior regia e la seconda donna in assoluto a vincerla dopo dopo Kathryn Bigelow, premiata nel 2010 per The Hurt Locker. Un traguardo che la Zhao aveva già raggiunto ai Golden globe, dove prima di lei aveva vinto solo Barbra Streisand (nel 1984 per Yentl), quasi quarant’anni fa.
Questi risultati si aggiungono ad altri record importanti nella lotta per la parità di genere: per la prima volta nella storia degli Oscar c’erano due donne candidate alla regia (oltre alla Zhao anche Emerald Fennell), così come ai Golden globe la categoria miglior regia ha visto per la prima volta tre donne in nomination. Accanto alla regista di Nomadland e alla Fennell (nominata per Una donna promettente) c’era anche Regina King, candidata per Quella notte a Miami… (One night in Miami…). Un segnale molto importante per un settore in cui il gender gap è ancora altissimo.
Chloé Zhao, perché sentiremo ancora parlare di lei
Nata e cresciuta a Pechino, Chloé Zhao (classe 1982), ha vissuto anche a Brighton, in Inghilterra per poi trasferirsi negli Stati Uniti, dove ha studiato prima scienze politiche e poi produzione cinematografica alla New York University. Il suo vero nome è Zhao Ting e oggi vive in California, dove con la sua storia e la sua carta di identità oggi rappresenta un simbolo di quell’inclusione di cui Hollywood è sempre più in cerca.
Nomadland è il suo terzo film, dopo due opere indipendenti con le quali negli ultimi anni si è fatta conoscere e apprezzare nel mondo dei festival e tra gli addetti ai lavori. Il suo primo lungometraggio da sceneggiatrice, regista e produttrice è Songs my brothers taught me, presentato al Sundance film festival nel 2015, ambientato nella riserva indiana di Pine Ridge e con protagonisti due fratelli Sioux.
Il secondo film diretto da Zhao è The rider – Il sogno di un cowboy, un western moderno con protagonista un vero cowboy e premiato con l’Art cinema award alla Quinzaine des réalisateurs del festival di Cannes.
Tanti i tratti comuni di Nomadland con questi titoli, da quel realismo sociale con cui la telecamera svela personaggi nascosti, realtà sconosciute e stili di vita alternativi, ai paesaggi crepuscolari e suggestivi che diventano lo sfondo di storie personali e legami fraterni. Tutto raccontato da una prospettiva poetica e molto personale.
Un approccio che non solo ha conquistato la stima di una veterana come Frances McDormand, ma che ha persino convinto un gigante come i Marvel studios ad affidare proprio a Chloé Zhao la regia del suo nuovo attesissimo cinecomic The eternals (Gli eterni). Il colossal, per cui la regista ha ammesso di aver avuto molto margine di manovra, conta su un cast stellare (da Richard Madden ad Angelina Jolie e Salma Hayek) e uscirà il prossimo 5 novembre 2021 negli Usa. Un cambio di genere decisivo rispetto ai film di debutto della regista, che, secondo le prime indicrezioni di chi lo ha visto, ha già suscitato l’entusiasmo dei produttori, scatenando ancora di più la curiosità dei fan del cinematic Marvel universe.
Nomadland arriverà invece il 29 aprile nelle sale italiane e il 30 aprile su Star all’interno di Disney+.
Chloé Zhao, i discorsi delle vittorie
Durante i suoi discorsi di ringraziamento Cholé Zhao ha sempre condiviso messaggi di grande umanità, parlando di compassione e bontà d’animo. Delle vere e proprie boccate di aria fresca in questi tempi difficili, funestati dalla pandemia e lacerati da odio e fratture.
Nel ricevere il Golden globe, collegata in streaming come tutti i candidati la regista aveva ringraziato il team del film, la sua famiglia e tutta la comunità nomade con cui ha collaborato, citando proprio le parole di uno di loro: “La compassione è ciò che fa crollare le barriere tra di noi. Un legame tra cuore e cuore. Il tuo dolore è il mio dolore”. Una riflessione con cui ha voluto spiegare il suo amore per il cinema.
Questo è il motivo per cui amo fare film e raccontare storie. Perché ci dà la possibilità di ridere e piangere insieme. E ci dà modo di imparare gli uni dagli altri e di avere più compassione l’uno per l’altro.
Nel ricevere l’Oscar la regista di Nomadland ha voluto dedicare il successo a “chiunque abbia la fede e il coraggio di aggrapparsi alla bontà che c’è dentro di sè e nell’altro, non importa quanto sia difficile farlo”. Un messaggio di fiducia e speranza nel prossima, in un momento storico di grande divisione e distanza.
Ispirato al libro di Jessica Bruder, Nomadland. Un racconto d’inchiesta (Edizioni Clichy) il film vede protagonista Fern (Frances McDormand, premiata con l’Oscar per la migliore attrice), una donna di sessantuno anni che ha perso suo marito e tutto ciò che aveva durante la Grande recessione, la crisi economica mondiale verificatasi tra il 2007 e il 2013 e scoppiata negli Stati Uniti. In seguito al collasso economico di Empire, la città mineraria del Nevada in cui vive, Fern decide di partire verso ovest a bordo di un furgone, che diventerà la sua casa.
Empire era una città aziendale che per anni fu la casa di generazioni di minatori di gesso prima di essere cancellata a causa della grande recessione, durante la quale tutti furono sfrattati. Persino il codice postale venne cancellato.
Jessica Bruder, autrice del libro Nomadland. Un racconto d’inchiesta
Il viaggio si trasformerà per Fern in esplorazione di nuovi luoghi e scoperta di una dimensione sconosciuta, lontana dalla società convenzionale. Grazie all’incontro con la comunità nomade e all’amicizia con Dave (David Strathairn), la donna troverà una nuova indipendenza “nella natura, nelle terre selvagge, nelle rocce, negli alberi, nelle stelle, in un uragano”, come spiega la regista.
“Nei panni di Fern, ho lavorato insieme ai veri dipendenti di un centro di distribuzione di Amazon, in una coltivazione di barbabietole da zucchero, nel bar di un’attrazione per turisti e come camp host in un Parco Nazionale”, racconta McDormand. “Nella maggior parte dei casi, nessuno mi riconosceva e tutti pensavano che fossi una dipendente come tutti gli altri. Ovviamente, non ho lavorato per tutte le ore richieste da questi mestieri. Ma abbiamo cercato di comunicare l’impressione di un lavoro reale e delle sue conseguenze: le sfide fisiche e il disagio vissuti da una persona più anziana, ma anche la gioia di lavorare e vivere in mezzo alla natura come camp host in un parco nazionale, la sensazione di avere uno scopo e il guadagno disponibile grazie a questi lavori”.
Ad accompagnare la protagonista e lo spettatore alla scoperta del vasto paesaggio dell’ovest americano, dalle Badlands del South Dakota al deserto del Nevada, fino alla costa pacifica, ci sono Linda May, Swankie e Bob Wells, mentori e compagni scelti da Zhao tra veri nomadi americani.
Tutto merito di una felice intuizione
Il successo agli Oscar2021 di Chloé Zhao arriva dopo una lunga serie di prestigiosi premi e il riconoscimento unanime della critica internazionale. Da quelli ricevuti ai Golden globe, al Toronto Film Festival al Leone d’oro di Venezia fino alle centinaia di premi ricevuti, il trionfo di questo road movie ambientato nel mondo dei moderni nomadi americani, non si è mai fermato. Merito anche di Frances McDormand, protagonista e produttrice del film, che ha personalmente ingaggiato Zhao, dopo aver visto il suo secondo film The rider – Il sogno di un cowboy (distribuito in Italia da Wanted Cinema), definendolo “una delle cose migliori che io abbia visto negli ultimi tempi”. Da lì la decisione di proporle la regia di un film ispirato al libro della Bruder, di cui McDormand aveva opzionato i diritti insieme al produttore Peter Spears.
Dopo il plebiscito della critica e lo strepitoso successo avuto da Nomadland non si può far altro che riconoscere il merito dell’intuizione avuta dalla McDormand, che, oltre a condividere con la Zhao quello per il miglior film (assegnato a tutti i produttori), ha conquistato anche il suo terzo Oscar da attrice (dopo quelli per Fargo e per Tre manifesti a Ebbing, Missouri). Un successo che oggi non può che essere dichiarato, a dir poco, eccezionale.
La regista Sarah Friedland ha usato il suo discorso di ringraziamento alla Mostra del cinema di Venezia per esprimere il suo sostegno alla popolazione palestinese. Per fortuna, non è stata l’unica.
Il 9 maggio è arrivato nelle sale italiane la pellicola “Il segreto di Liberato”. Una pellicola indipendente che racconta la vita dell’artista napoletano senza volto.
Il regista Pawo Choyning Dorji, già candidato all’Oscar per il miglior film internazionale, racconta il suo paese in C’era una volta in Bhutan, una commedia ironica e brillante che arriva al cinema il 30 aprile.
Il documentario sul legame tra industria della carne, lobby e politica è visionabile nelle sale che scelgono di proiettarlo. Il 5 maggio arriva su Rai 3.
Il docufilm Food for profit svela il legame tra industria della carne, lobby dell’agroalimentare e potere politico e chiede di fermare i sussidi pubblici agli allevamenti intensivi.
Morzaniel Ɨramari è uno dei più importanti registi indigeni brasiliani. Il suo cinema è un’immersione nella vita e cultura di una delle principali popolazioni indigene della foresta amazzonica.