Il presidente della Cina Xi Jinping ha sorpreso la comunità internazionale, fissando l’obiettivo della carbon neutrality al 2060. Ora si attendono dettagli sul piano.
Entro il 2060 la Cina raggiungerà la carbon neutrality, vale a dire l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas serra, di CO2, in atmosfera. Lo ha annunciato il presidente cinese Xi Jinping in videoconferenza durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, aggiungendo che il picco di emissioni da parte della Cina avverrà entro il 2030.
La svolta della Cina, il più grande inquinatore al mondo
La Cina è il paese che più contribuisce al riscaldamento del pianeta. La superpotenza asiatica è in effetti responsabile del 29 per cento delle emissioni di gas serra globali. Fino a ora si era unicamente impegnata a fissare al 2030 la data del raggiungimento del suo picco di emissioni. La nuova presa di posizione sulla carbon neutrality entro il 2060 aggiunge invece un nuovo mattoncino alla lotta contro il cambiamento climatico.
“L’umanità non può più permettersi di ignorare i ripetuti avvertimenti provenienti dalla natura”, ha tuonato Xi Jinping. “La Cina aumenterà il suo contributo previsto a livello nazionale adottando politiche e misure più vigorose. Chiediamo a tutti i paesi di perseguire uno sviluppo innovativo, coordinato, verde e aperto a tutti”. Non solo dunque un piano nazionale, ma anche l’appello al resto della comunità internazionale di fare altrettanto.
Le nazioni sono da tempo chiamate a fare sforzi effettivi perché si raggiungano al più presto gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi 2015. Fino a ora solo stati più piccoli, come la Norvegia o la Finlandia, hanno mostrato un certo impegno nell’elaborazione di politiche volte al raggiungimento delle emissioni zero. La nuova presa di posizione della Cina, che va a braccetto con quella dell’Unione europea che pochi giorni fa si è impegnata a tagliare le sue emissioni del 55 per cento entro il 2030, cambia allora lo scacchiere e lascia gli Stati Uniti di Donald Trump tra i soli grandi attori globali ancora in ritardo sul tema, quantomeno in termini di intenti.
“Questo annuncio invierà vibrazioni positive nei circoli diplomatici e dovrebbe stimolare una maggiore ambizione climatica da parte di altri importanti emettitori. Le ragioni per un’azione ambiziosa per il clima sono più forti che mai e possono portare a una forte ripresa economica nel contesto della Covid-19“, sottolinea Helen Mountford, vicepresidente per il clima e l’economia del World resources institute.
Secondo alcuni analisti, il fatto che Xi Jinping si presenti proprio ora al mondo nella nuova veste di politico attento ai cambiamenti climatici non è un caso. Il tema è senza dubbio di estrema attualità nelle agende globali, ma l’amministrazione americana lo ha sempre messo nel cassetto e anche nell’attuale campagna elettorale la partita si sta giocando su altri campi. È probabile allora che la Cina voglia assumere un ruolo di leadership sulla questione climatica nel prossimo futuro.
Le ombre sulla Cina
“L’impegno cinese segna senza dubbio l’inizio di un rinvigorito ciclo di sforzi globali per il clima”, ha sottolineato Li Shuo, alta funzionaria di Greenpeace Asia. “Le dichiarazioni di Xi Jinping dovranno però essere accompagnate da maggiori dettagli e da un’implementazione concreta. Quanto può anticipare il picco delle emissioni la Cina? Come conciliare la carbon neutrality con la continua espansione del carbone in Cina? Sono domande difficili, che richiedono una risposta chiara da Pechino”.
In effetti, la presa di posizione cinese alle Nazioni Unite è stata molto forte a parole, ma è mancato un focus sul modo in cui concretamente si metterà in pratica il tutto. Più che un’esposizione sulla strategia di raggiungimento della carbon neutrality, quella di Xi Jinping è sembrata una semplice dichiarazione d’intenti. Alcuni punti, peraltro, non convincono.
Il consenso ritiene che le emissioni zero nette a livello globale dovranno essere raggiunta entro il 2050, andare oltre potrebbe significare ritrovarsi in un punto di non ritorno. La Cina, dunque, parte già con un ritardo di dieci anni. Inoltre, proprio Pechino nei mesi della pandemia ha dato il via alla costruzione di nuove centrali elettriche a carbone. Non il miglior modo per candidarsi a nuovo leader globale della questione climatica.
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