La Cina ha aperto 54 stazioni di Polizia all’estero, anche in Italia, senza autorizzazione: probabilmente per seguire le attività dei dissidenti.
La Cina controllerebbe le attività all’estero di dissidenti e critici del regime di Pechino attraverso almeno 54 stazioni di servizio di Polizia oltremare in 21 Paesi, tra i quali l’Italia, che ufficialmente svolgerebbero operazioni amministrative nella lotta al crimine transnazionale e per il rinnovo delle patenti cinesi, ma che in realtà sarebbero appunto dei veri e propri apparati segreti di persuasione e intimidazione che agiscono all’insaputa dei Paesi ospitanti.
A scovarli è stata per prima l‘organizzazione non governativa Safeguard Defenders, ma negli ultimi giorni ad aprire il vaso di pandora sul loro effettivo ruolo è stata un’inchiesta dei media olandesi RTL Nieuws e Follow the Money, che hanno raccolto anche una testimonianza del giovane dissidente Wang Jingyu, da tempo perseguito dal governo cinese per aver espresso critiche al regime per gli scontri avvenuti nell’estate del 2020 con le truppe indiane lungo il confine himalayano.
Il caso Wang apre il vaso di Pandora
Wang, che ha ottenuto asilo politico in Olanda, ha raccontato di essere stato oggetto di telefonate minatorie “da parte di qualcuno che sosteneva di chiamare da una stazione di polizia cinese di Rotterdam invitandomi a tornare a casa a risolvere i miei problemi e pensare ai miei genitori. Pensavo di essere al sicuro qui, ma mi seguono ovunque”.
Il governo olandese, tramite il ministero degli Esteri, ha promesso di indagare sulla vicenda: “Agenzie di questo tipo sono illegali, cercheremo di capire esattamente cosa stanno facendo e poi prenderemo le misure appropriate. Se le notizie fossero confermate, si tratterebbe di interferenze intollerabili”. Tant’è che per le stesse operazioni di rinnovo dei passaporti e di altri documenti sono già preposte le ambasciate e i consolati.
Molti altri Paesi si muovono
Regno Unito, Portogallo, Spagna, Irlanda, ma anche il Canada sono gli altri stati che hanno aperto un’indagine ufficiale. In Portogallo è accertata la presenza di “3 stazioni di polizia illegali” come le ha definite il quotidiano portoghese “Expresso”. L‘Irlanda ha già ordinato alla Cina di chiudere il proprio centro, aperto all’inizio del 2022 come centro per il rinnovo delle patenti di guida, in Gran Bretagna vi sarebbero due sedi a Londra e una Glasgow.
E la Cina cosa dice? Si contraddice. L’ambasciata cinese nei Paesi Bassi, interpellata da RTL Nieuws, ha negato di essere a conoscenza dell’esistenza di queste stazioni di polizia. Il ministero degli Esteri ha ammesso l’esistenza di questi uffici, spiegando però che il loro scopo è aiutare i cittadini cinesi d’oltremare, che non hanno potuto tornare a casa a causa della pandemia di Covid-19, “a rinnovare la patente di guida e ricevere esami medici”.
Il caso anomalo dell’Italia
L’esistenza di centrali di polizia gestite dalla Cina anche in Italia (a Roma, Milano, Firenze e Prato, dove la comunità cinese è particolarmente numerosa, quest’ultima riconducibile alla polizia della regione di Fuzhou, le altre a quella dello Zhejiang) era già nota da un paio di mesi: a parlarne per primo era stato il quotidiano Il Foglio ai primi di settembre, proprio in relazione all’apertura, nel marzo scorso della Fuzhou Police Overseas Service Station di Prato.
La polizia italiana, interpellata dal Foglio, “aveva spiegato che l’ufficio non destava particolare preoccupazione perché ‘si occupa solo di pratiche amministrative e non di pubblica sicurezza’ – ha scritto ieri la cronista Giulia Pompili – Eppure la nostra indagine sulle operazioni dell’ufficio a Prato, e le successive inchieste di giornali internazionali in diverse città europee, dimostrano il contrario”.
Secondo il Foglio inoltre fra tutti i paesi europei dove sono state scoperte le oscure stazioni di polizia cinese – a volte ufficialmente solo virtuali, e ospitate in sedi di associazioni di cittadini cinesi come quella di Prato – “l’Italia è l’unico ad aver accolto, con il supporto di politica e istituzioni, anche dei veri poliziotti cinesi, in carne, ossa e divisa“. Dal 2018 infatti, in base a un accordo tra il ministero dell’Interno e l’ambasciata cinese in Italia, sono operativi pattugliamenti congiunti tra poliziotti italiani e cinesi in aree di interesse turistico per i turisti cinesi e, dal 2020, anche in città come Prato ad altissima densità di immigrazione cinese.
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