Il 10 dicembre è la Giornata internazionale dei diritti per gli animali. Animal Equality scende in piazza a Milano per dare voce a chi non ce l’ha, per fermare la sofferenza degli animali.
Quando gli animali sono ostaggio della politica, il caso di cinghiali e lupi
I cinghiali vagolano per le strade di Roma. E la politica non fa altro che minacciarne l’uccisione. Intanto anche i lupi in Svezia rischiano grosso.
- I cinghiali sono ormai una sgradita presenza sul suolo italiano e Roma non è immune dalla loro invasione che si fa sempre più massiccia.
- Le decisioni politiche pesano molto sulla situazione e non sembrano far intravedere uno spiraglio nella gestione in Italia.
- Nel frattempo anche in Svezia si cerca di diminuire il numero dei lupi contravvenendo alle direttive europee in materia di animali selvatici.
I cinghiali hanno invaso Roma. Incuranti di emendamenti e prese di posizioni di politici ed esperti nei giorni scorsi persino la splendida Villa Pamphili è stata chiusa perché alcuni ungulati vagavano indisturbati fra alberi e cespugli. E come se non bastasse poco tempo prima un uomo su uno scooter era finito in coma per un incontro ravvicinato con un cinghiale. Una situazione da allarme rosso che sta mettendo a dura prova i nervi dei cittadini della Capitale, ma che poteva essere sia prevista che arginata se si fossero presi provvedimenti adeguati in tempo. Ma l’aumento esponenziale degli animali selvatici, lupi in testa, sembra preoccupare anche la civilissima Svezia che prevede – sempre se riuscirà a ottenere le delibere necessarie – di limitare il numero di questi predatori che, secondo le autorità svedesi, sono ormai troppi sul suolo nazionale. Che sta succedendo? Abbiamo chiesto l’aiuto degli esperti per tentare di tracciare delle linee guida che possano aiutarci a capire.
Cinghiali a Roma e in tutta la penisola
Recentemente il governo ha introdotto con la legge finanziaria un emendamento che autorizza il contenimento delle specie ritenute “pericolose” per agricoltura, circolazione stradale e incolumità pubblica. Questo tipo di controllo viene considerato come un’attività non coincidente con la pratica venatoria e quindi si è deciso di considerarla possibile anche nelle aree urbane, in quelle protette e senza particolari limitazioni, premesso che queste attività di contenimento debbano sempre essere eseguite da persone munite di licenza di caccia e operino sotto il controllo dei carabinieri forestali. Sul provvedimento si attende per ora il parere del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, visto anche che buona parte delle direttive, secondo esperti e associazioni animaliste, sono da considerarsi illegittime.
“Il provvedimento è pessimo, sia per modalità che per una visione inaccettabile che vede, come unica risoluzione delle problematiche relative alla fauna, l’abbattimento. E tutto ciò senza preoccuparsi minimamente di valutare soluzioni diverse eticamente e scientificamente più corrette”, delucida in proposito Ermanno Giudici, scrittore e blogger.
“C’è da dire – prosegue – che l’emendamento in questione sottrae il personale, già scarso, ai carabinieri forestali, investiti di questo ulteriore compito che si può leggere come volontà di ridurre le loro capacità operative nel contrastare i reati in materia di ambiente e biodiversità. Sostenere però che questa norma abbia autorizzato un incontrollato far west urbano, culminato con l’episodio di un cacciatore che ha sparato da una finestra a un cinghiale colpendo invece un’autovettura, è un falso che né la politica, né i mezzi d’informazione dovrebbero cavalcare. In questo modo si crea soltanto disinformazione e si contribuisce a diffondere la notizia errata che chiunque possa fare abbattimenti, senza regole”.
Purtroppo alla base del problema dei cinghiali in aree urbane sta in primo luogo il degrado sempre più evidente delle aree metropolitane invase da rifiuti di ogni genere e cassonetti che non vengono svuotati regolarmente. Tutto ciò induce i selvatici – cinghiali e volpi in testa – a invadere man mano il territorio per procurarsi cibo facile e alla portata del branco.
A questo proposito è netta la posizione delle associazioni animaliste come avverte un comunicato stampa dell’Oipa, l’Organizzazione internazionale protezione animale: “La caccia e la politica di selezione non sono la soluzione al problema della proliferazione dei cinghiali, ma ne sono la causa. Tutto ciò viene attestato da etologi, zoologi e naturalisti. La presenza dei cinghiali in città è dovuta soprattutto a una scorretta raccolta dei rifiuti. Inoltre, ancor più a monte, vi è la politica dei ripopolamenti degli anni passati. È bene sapere che gli ungulati che popolano oggi l’Italia, più grandi e prolifici degli autoctoni, sono stati introdotti dai paesi dell’Europa orientale a uso e consumo dei cacciatori, cui ora si ricorre per risolvere un problema che loro stessi hanno determinato”.
E a proposito dell’invasione dei cinghiali a Villa Pamphili, Alessandro Piacenza, responsabile fauna selvatica dell’associazione animalista, aggiunge come sia necessaria, insieme a una politica di pulizia metropolitana e a una corretta raccolta dei rifiuti, un uso corretto dei dissuasori – dalla sterilizzazione chimica alla cattura mirata – già allo studio del ministero della Salute. L’Oipa chiede poi che i cinghiali catturati vengano destinati a strutture specifiche e non abbattuti rispettando, in questo modo, l’articolo 9 della Costituzione che tutela anche gli animali.
Chi di natura offende, di natura perisce, verrebbe da dire. Il fenomeno degli animali selvatici sempre più confidenti nei confronti dell’essere umano ha tante cause e diversi aspetti. Tutti hanno però alla base l’incapacità umana di comprendere la natura e rapportarsi nei suoi confronti. La decimazione di cinghiali, lupi e orsi provoca, infatti, anche un complesso fenomeno naturale. Le femmine, se private del maschio alfa, tendono ad accoppiarsi con i soggetti restanti sovvertendo e incrementando il ritmo naturale dei calori, con il solo scopo di generare nuovi soggetti che ripopolino il branco. E il fenomeno ha quindi il risultato di aumentare il numero dei selvatici con un effetto paradossale e incontrollabile.
I lupi e la Svezia, un problema politico
La recente presa di posizione svedese che prevede l’abbattimento di 75 lupi su una popolazione stimata di 460 esemplari ha sollevato non poche polemiche. E già il braccio di ferro con l’Unione europea si preannuncia lungo e complicato. La popolazione di questi predatori, in Svezia e nella vicina Norvegia, era stata quasi estinta intorno al 1970 come ha dimostrato uno studio realizzato dalla Ntnu, l’Università norvegese di scienza e tecnologia e da quella di Copenaghen. Rimarca Ermanno Giudici: “I lupi attualmente presenti nel territorio risultano essere provenienti dalla vicina Finlandia da dove sono giunti andando a occupare le nicchie ecologiche lasciate libere a causa dell’uomo che si è progressivamente spostato in aree metropolitane.
Gli attacchi al grande predatore, però, non arrivano solo dal Nordeuropa, ma anche dalla Svizzera, che ha da poco compiuto il tentativo, fallito, di far modificare lo status del lupo riconosciuto dalla Convenzione di Berna, da specie “strettamente protetta” a “protetta”. In questo modo sarebbe stato possibile per la confederazione elvetica attuare ulteriori misure di sfoltimento dei branchi, in un paese dove i conflitti fra predatori e allevatori sono abbastanza frequenti”.
Ma mentre il mondo scientifico continua a lanciare allarmi, raccomandando la necessità di mettere in atto ogni azione possibile per la conservazione della biodiversità, unica via per mantenere l’ambiente in equilibrio, la politica, in Svezia come in Italia, sembra più interessata a seguire il parere di alcuni gruppi elettorali piuttosto che quello della scienza. E cerca di mantenere costante la direttiva del dare un colpo al cerchio e l’altro alla botte.
Sostanzialmente identico il parere del biologo Mauro Belardi, esperto di sostenibilità ambientale e presidente della cooperativa Eliante: “La Svezia è membro UE dunque ogni deroga al divieto di abbattimento deve rispettare l’articolo 16 della direttiva Habitat che informa che le uccisioni devono essere motivate e limitate, possono essere richiesti solo se esiste il buono stato di conservazione della specie, devono essere prima state tentate soluzioni alternative, ecc. Inoltre c’è da dire che la densità di lupi in Svezia è molto bassa rispetto alla media europea. Da questo derivano le polemiche, in quanto il provvedimento svedese palesemente non rispetta la direttiva”.
Se ne accorgeranno i politici europei o preferiranno accontentare frange di contribuenti – allevatori, cacciatori, agricoltori – in grado di sostenere l’attività politica? Non è facile dare una risposta allo stato attuale delle cose. I prossimi mesi e anni saranno fondamentali per cercare di capire se le attività umana potranno coesistere in armonia con le leggi naturali o se, ancora una volta, si assisterà alla prevaricazione e al tentativo di annientamento dei più deboli. In questo caso gli animali, appunto.
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