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Bandiera della Juventus, buon esempio per i tifosi. Claudio Marchisio fuori dal campo è una persona semplice, ma che non si tira indietro quando c’è da prendere posizione sulle sfide più importanti del nostro tempo: come i cambiamenti climatici.
Atleta gentiluomo, definito “concreto e discreto” per la cura e la delicatezza che mette in campo, e soprattutto fuori. Da sempre interessato alla sostenibilità sociale e ambientale. Claudio Marchisio, classe 1986, nato a Torino e calciatore della Juventus da oltre vent’anni, è riuscito col tempo a catturare l’attenzione anche di chi di calcio ci capisce ben poco grazie al suo modo di essere e di fare.
Non è un caso, infatti, se è tra i calciatori italiani più seguiti sui social network (è molto abile a usare un mezzo elegante quale Twitter, il suo account è seguito da quasi 1,8 milioni di follower) dove spesso pubblica le sue considerazioni su temi di attualità senza timore di “troll” o “hater”: dai migranti ai cambiamenti climatici. Ed è proprio sui social che abbiamo contattato Marchisio, ed è proprio sul clima che lo abbiamo intervistato. Il post che ha attirato la nostra attenzione conteneva una domanda semplice quanto efficace: “È ancora possibile negare i cambiamenti climatici?”.
Nel post che hai pubblicato sui tuoi social e che ci ha portato a te, hai espresso la volontà di portare la questione dei cambiamenti climatici “al centro del dibattito politico”. Perché questo interesse da parte tua sul tema e perché secondo te è così difficile parlare e far parlare di clima?
Si tratta semplicemente di una presa di coscienza, i cambiamenti climatici sono un fenomeno concreto che si manifesta con violenza nella nostra quotidianità in ogni parte del mondo. Non abbiamo più tempo, gli uragani Harvey, Irma, la siccità, il fenomeno migratorio, le vendemmie anticipate, il rientro anticipato dagli alpeggi, l’innalzamento dei mari, la desertificazione e il progressivo impoverimento dei suoli sono parte delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Non sono eventi record da registrare negli annali, sono la normalità che viviamo. Per immaginare un cambiamento di rotta, ritengo che ognuno di noi debba giocare un ruolo fondamentale, ma allo stesso auspico che questo tema venga affrontato con l’adeguata attenzione dalle istituzioni.
Spesso quando si parla di clima, il nemico numero uno sono i combustibili fossili. Tu invece hai sposato una causa e affrontato l’argomento da un’altra prospettiva: l’alimentazione. Una scelta che ti fa onore perché non comune. Cosa ti ha spinto a collegare cambiamenti climatici e alimentazione (e quindi agricoltura e allevamenti intensivi)?
Proviamo a ragionare su ciò che succede ogni giorno nelle nostre case. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) stima che ogni europeo spreca 179 chili di cibo all’anno, il cibo buttato via tradotto in emissioni è responsabile della produzione di una enorme quantità di gas serra. L’alimentazione è quindi responsabile in modo decisivo di questa situazione, e ogni persona può fattivamente svolgere un ruolo decisivo adottando comportamenti virtuosi. Come? Prediligendo prodotti di prossimità, mangiando meno carne ed evitando quella che arriva da allevamenti intensivi. E poi ponendoci poche ma semplici domande: come è stato prodotto il cibo che consumiamo? Da dove arriva? Di quanta energia e di quanta acqua ha avuto bisogno?
Slow Food nasce in Piemonte, nella tua terra. È questo legame che ti ha portato a scegliere di sposare la campagna Menu for Change o c’è di più?
Slow Food è un’organizzazione internazionale, ma che ha un profondo legame con la mia terra. Anche grazie al suo lavoro oggi ritengo vi sia una maggiore consapevolezza circa il consumo di cibo buono, pulito e giusto. Ho sempre ammirato il lavoro di Slow Food proprio perché è riuscita a creare relazioni e scambi tra persone distanti e provenienti da contesti estremamente differenti. Allo stesso tempo ha aiutato le persone ad essere più consapevoli nella scelta del cibo che consumiamo perché dietro ogni prodotto c’è una storia che deve essere compresa e l’acquisto di cibo deve essere vissuto come un atto di grande importanza e responsabilità.
Ogni volta che postiamo qualcosa sull’attore Leonardo DiCaprio e sulle sue azioni per il clima, la nostra community va letteralmente in estasi perché vede in lui il testimonial perfetto per la Terra. A noi sembra che le stesse caratteristiche che DiCaprio ha sull’opinione pubblica internazionale, siano presenti anche in te. Quale speri sia la reazione dell’opinione pubblica italiana al tuo impegno per un mondo “sano e giusto”?
Quando discuto o prendo posizione su temi connessi all’attualità non mi pongo mai il problema di quale possa essere la reazione dell’opinione pubblica. Nella mia quotidianità sono semplicemente Claudio, un ragazzo con una bellissima famiglia e che come tutti ha opinioni sui problemi e sulle sfide del mondo. Cerco sempre di esprimere il mio punto di vista in maniera decisa ma educata, anche se questo non mi rende esente da critiche. E se la mia esposizione mediatica può aiutare a sensibilizzare alcune persone su temi che ritengo essere importanti, allora non posso che esserne felice (anche a costo di ricevere critiche).
Ultima domanda, ma solo perché sarebbe strano non farla. Il mondo del calcio sta facendo abbastanza per sensibilizzare i suoi milioni di fan sui cambiamenti climatici?
Penso che si potrebbe fare di più. Forse i cambiamenti climatici vengono vissuti come qualcosa di molto lontano, contro il quale l’azione dei singoli non avrebbe efficacia, ma non è così. Semplici comportamenti virtuosi da parte di tutti (quale la scelta del cibo che mangiamo) innescano circoli virtuosi decisivi. Il mondo del calcio in questo senso potrebbe svolgere un ruolo educativo e di sensibilizzazione.
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